Cosa ci dicono queste elezioni? Che la gente non ci crede più, non pensa di poter incidere, non pensa che davvero qualcosa dipenda dalle urne. La prima responsabilità è dell’opposizione patetica e inesistente, che non ha mai fatto paura nemmeno al più sprovveduto degli osservatori. Se n’è accorto Salvini, l’unico che ha battuto il territorio, l’unica, la Lega, che invece di fare cene di autofinanziamento, è andata in piazza con il solito vecchio slogan contro gli stranieri che non passa mai di moda. Del resto, dall’altra parte abbiamo avuto poco più di qualche balbettio contro la burocrazia di una regione che loro stessi avevano governato fino al giorno prima. E così alle urne ci sono andati solo gli estremisti e i pochi che si giocavano davvero qualcosa: tanti renziani e cattolici del Pd che hanno visto la possibilità di mandare su “uno dei loro”, i leghisti che sono tornati a sentirsi protagonisti, i grilini puri e duri, quelli che è giusto aver espulso chi non obbediva alla linea. E quei quattro gatti di sinistra che hanno pure preso percentuali rispettabili rispetto al passato ma che non sono aumentati di un voto e non sono stati capaci di cogliere l’occasione d’oro del momento. È andata così in tutta la regione e Ravenna non fa eccezione. Come avrebbe potuto, del resto? Ravenna, intesa in particolare come capoluogo, non aveva nomi nelle due liste più importanti di opposizione (Lega e M5Stelle) e ha visto il Pd candidare due su due amministratori in carica (come se al partito scarseggiasse il personale…). Alla fine l’unico eletto è Gianni Bessi, figlio di cotanto padre, terzo classificato. La bocciatura di Bakkali tra l’altro non permetterà il minimo cambiamento in una giunta percepita come stanca e ormai figlia di un’altra epoca (avete presente l’assessore all’Ambiente? Ecco è in quota Idv; Idv, capite?). Il sindaco non ha mai accennato all’idea di un rimpasto. La verità, c’è da temere, è che non si saprebbe come e con chi farlo. E intanto il Pd che tutto comanda sta perdendo altri pezzi e altre voci che preferiranno darsi alla vita privata piuttosto che alla politica, a questa politica sempre più confusa e inefficace. Con buona pace di chi pensava che dai territori potessero svilupparsi idee importanti. Nei pochi partiti rimasti ormai altro non si fa che annusare l’aria nazionale e capire come esporsi meglio al vento che tira senza rischiare di spettinarsi troppo. Non proprio ciò di cui ci sarebbe bisogno per ritrovare lo slancio dopo la bocciatura di Ravenna 2019 e per pensare di riportare a votare anche quei cittadini che questa volta non hanno trovato ragioni per farlo.
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