I conti in rosso erano emersi a inizio maggio, quando Ausl Romagna ha presentato il bilancio 2024, affermando che la copertura del deficit sarebbe stata garantita «nell’ambito delle risorse che saranno assegnate alle aziende sanitarie in sede di approvazione del bilancio di esercizio 2024 da parte della giunta regionale». La conferenza socio-sanitaria, a cui partecipano tutti i 75 sindaci romagnoli, aveva approvato il rendiconto all’unanimità; e dopo meno di un mese, la Regione ha concretizzato l’impegno a tappare il buco.
Per Ausl Romagna non si tratta dell’anno peggiore; anzi, negli ultimi anni i debiti sono stati sempre più contenuti. Nel 2023 il passivo ammontava a 173 milioni, nel 2022 a quasi 220 milioni.
Ma perché i conti della sanità locale sono in negativo? Nello specifico dell’Ausl Romagna, le voci di spesa più incisive per lo scorso anno riguardano i costi di produzione (aumentati del 5,3% rispetto al 2023, pari a 155 milioni) e gli investimenti nel patrimonio immobiliare. Ma la questione è più generale, come spiega una nota della Regione: «I numeri sono dovuti a un duplice fattore: il costante aumento dei costi, necessari per continuare a garantire e migliorare i livelli di cura e assistenza dei cittadini; riconoscere doverosamente i rinnovi contrattuali al personale; abbattere le liste d’attesa e soddisfare la crescente domanda di servizi sanitari, a cui non corrisponde, però, un adeguato finanziamento a livello nazionale».
Quest’ultimo è l’aspetto che più preoccupa l’assessore regionale alle politiche per la salute, Massimo Fabi: «Se non ci sarà un incremento sostanzioso dei fondi stanziati a livello nazionale, non potremo stare tranquilli neppure per gli anni futuri. L’incremento dei costi sostenuti dalle aziende sanitarie, a cui peraltro si accompagna un aumento dei ricavi, è legato alla duplice necessità di soddisfare la crescente domanda di servizi e di continuare a garantire e a migliorare l’assistenza e le cure per i cittadini dell’Emilia-Romagna e per i tanti che nella nostra regione vengono a farsi curare.
Lo squilibrio tra il non incremento del finanziamento e la necessità, invece, di potenziare l’offerta per abbattere le liste d’attesa, a cui non sono state dedicate risorse nazionali aggiuntive, provoca inevitabilmente questi effetti. Ancora una volta la Regione Emilia-Romagna provvederà con risorse proprie all’integrale copertura del disavanzo, ma è fondamentale che il governo faccia la sua parte: la sanità pubblica e universalistica è il bene più prezioso che abbiamo e merita di essere finanziata adeguatamente, a rischio c’è la sua stessa esistenza».
La carenza di finanziamenti nazionali rappresenta un campanello d’allarme per il sistema sanitario pubblico. Negli ultimi dieci anni, fra tagli e minori entrate, il servizio sanitario nazionale ha perso 37 miliardi di euro secondo l’ultimo report della Fondazione Gimbe. Il governo Meloni ha contribuito con una decurtazione di 3,6 miliardi di euro per il 2023. Dal momento che oggi l’89% della spesa sanitaria è a carico dei privati, in Emilia-Romagna il 6,4% delle famiglie ha rinunciato alle cure nel 2022, sempre secondo Gimbe.
A peggiorare il deficit si aggiunge il significativo aumento dei costi, che nel 2024 ha raggiunto l’apice, in base ai numeri illustrati dalla quarta commissione dell’assemblea regionale “Politiche per la salute e politiche sociali”.
I 12 miliardi di spese registrati nel 2024 sono superiori persino agli anni del Covid (rispettivamente 10,8 miliardi nel 2020 e 11,2 miliardi nel 2021). Tra le principali voci di costo rientrano il personale dipendente (3,5 miliardi, +2,5% sul 2023) e la spesa farmaceutica ospedaliera (1,3 miliardi, +9,2%). Se- guono i dispositivi medici per quasi 700 milioni (+7,6%) e la farmaceutica convenzionata per 542 milioni (+5%).