L’Emilia-Romagna è la regione con il maggiore numero di istanze sulle attività estrattive e le infrastrutture fossili. Lo afferma Legambiente, che nei giorni scorsi ha pubblicato il report “Mappa Italia Fossile”. Dei 192 progetti in fase di valutazione al Ministero dello sviluppo economico, 33 si trovano nella nostra regione e la metà è tra le province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena. Seguono nella classifica Lombardia (18 istanze in attesa di autorizzazione), Sicilia e Puglia (16 ciascuna), Abruzzo (14), Marche (12) e Sardegna (11).
Secondo l’associazione ambientalista, il settore energetico fossile dell’Emilia-Romagna contribuisce ogni anno all’immissione in atmosfera di 6,99 milioni di tonnellate di Co2, pari al 10% delle emissioni nazionali del settore. La nostra regione consuma oltre 26 mila gigawatt all’anno di energia elettrica (il 9,3% del totale nazionale) ed è a forte trazione fossile: 19.436 gigawatt/anno arrivano dal termoelettrico tradizionale, di cui 16.472 gigawatt/anno solo dal gas.
Nel 2024 le estrazioni di gas in Emilia-Romagna sono state pari a 117,3 milioni di standard metri cubi (SMC) a terra e di 516,1 milioni di SMC dai fondali marini di fronte alla costa romagnola. In totale il metano estratto ha contribuito al 22% del totale livello nazionale. Le fonti rinnovabili giocano comunque un ruolo importante, a partire dal fotovoltaico che soddisfa l’11% dei consumi regionali, con una produzione di quasi 3mila gigawatt all’anno di energia elettrica.
La nuova centrale a gas di Eni a Ravenna
Tra i progetti più significativi situati in Romagna e in attesa del via libera dal Mase, nel ravennate c’è una nuova centrale a cogenerazione da 31,5 megawatt. Proposta da Eni nel 2019, si tratterebbe di un nuovo impianto in sostituzione di una centrale esistente nel sito petrolchimico. L’attuale turbina a gas di tipo “TG-501” sarebbe sostituita da due nuovi turboalternatori a gas in ciclo aperto di tipo “OCGT”, con potenza termica complessiva inferiore.
Nella relazione presentata da Eni, si legge che «l’installazione del TG-501 risale agli anni ’90 e oggi ha un utilizzo limitato visto l’efficienza relativamente modesta, i tempi lunghi di avviamento e la taglia. Inoltre […] non ha prestazioni ambientali, in termini di emissioni, paragonabili alle turbine a gas di ultima generazione. I due nuovi turboalternatori a gas, con efficienza energetica non inferiore a 40%, saranno conformi alle più evolute tecnologie che rappresentano le Best Available Technology attuali, in termini di contenimento delle emissioni in atmosfera». Dunque, a detta del colosso dell’energia, il nuovo impianto sarebbe meno inquinante del precedente; tuttavia si tratta comunque di una centrale a gas che ne sostituisce un’altra, anziché di una fonte energetica rinnovabile e non inquinante.

Coltivazione di idrocarburi in mare e in terra
Risulta pendente anche il via libera alla piattaforma a mare Teodorico, un progetto proposto nel 2017 dalla società Po Valley Operations Ltd al largo dell’Adriatico. Si tratta di una piattaforma di sfruttamento del gas, due pozzi e due condutture, collegate a un altro impianto di Eni già esistente. Tra le criticità della piattaforma Teodorico c’è la collocazione al confine con l’area marina protetta dell’Adriatico nord veneziano – Delta del Po: nel 2021 Legambiente, Lipu, Wwf, ClientEarth e Greenpeace hanno presentato ricorso contro la realizzazione dell’opera, che però è ancora in fase di istruttoria per la valutazione di impatto ambientale.
Al confine tra le province di Ravenna e Ferrara c’è anche l’istanza per la concessione di coltivazione di idrocarburi a Sant’Alberto, proposta dalla Apennine Energy spa. Il progetto prevede la messa in produzione dell’esistente pozzo Santa Maddalena 1dir ed è pendente dal 2014. L’ultima procedura per la valutazione di impatto ambientale è stata avviata lo scorso 13 marzo e c’è tempo fino al 12 luglio 2025 per presentare osservazioni.
I progetti già approvati e quelli “puliti” ma controversi
Nella mappa elaborata da Legambiente ci sono anche alcuni progetti già approvati e in fase di realizzazione, come il rigassificatore di Ravenna e la dorsale Adriatica di Snam. Altri, invece, non riguardano le fonti di energia fossile ma sono comunque controversi: è il caso delle numerose istanze per la collocazione di impianti eolici sull’Appennino, che insistono sul territorio toscano ma impattano sul paesaggio dell’entroterra forlivese e riminese. Progetti che hanno diviso le stesse associazioni ambientaliste, tra chi li sostiene (Legambiente) e chi invece è contrario (Wwf, Italia Nostra). Ma per la transizione energetica, sarà necessario trovare un accordo.