L’Emilia-Romagna protesta contro la nuova legge sulla montagna, approvata il mese scorso in Senato in via definitiva. Il provvedimento serve soprattutto per stanziare fondi ai Comuni situati nelle terre alte, in modo da sostenere i servizi essenziali come gli asili nido e la sanità, contrastando così lo spopolamento in corso. Il fondo ammonta a 200 milioni di euro all’anno per il triennio 2025-2027. Tuttavia c’è il timore che la nostra regione possa essere penalizzata dai nuovi criteri per classificare i Comuni montani: attualmente in Emilia-Romagna sono 121, ma con le nuove regole potrebbero ridursi ad appena 40.
A deciderlo sarà un decreto attuativo da emanare entro dicembre, che dovrà stabilire i nuovi criteri di classificazione dei Comuni montani, in base ai parametri altimetrici e di pendenza del territorio. Basterà una differenza di appena 50 metri per escludere una grossa fetta di località romagnole dai sostegni economici, che peraltro l’Unione nazionale dei Comuni montani (Uncem) ha giudicato insufficienti.
I Comuni montani romagnoli hanno perso il 10% della popolazione in vent’anni
In Romagna ci sono 32 Comuni attualmente classificati come montani. 18 sono in provincia di Forlì-Cesena (Bagno di Romagna, Borghi, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Portico e San Benedetto, Predappio, Premilcuore, Rocca San Casciano, Roncofreddo, Santa Sofia, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Tredozio, Verghereto), 11 in provincia di Rimini (Casteldelci, Maiolo, Montecopiolo, Novafeltria, Pennabilli, Poggio Torriana, San Leo, Sant’Agata Feltria, Sassofeltrio, Talamello, Verucchio) e 3 in provincia di Ravenna (Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme).
A causa soprattutto della riduzione dei servizi pubblici essenziali come le scuole, gli ospedali e i trasporti, molte persone hanno deciso di abbandonare questi paesi per trasferirsi nelle città. Esaminando i dati Istat sulla popolazione, emerge che nei 32 Comuni montani romagnoli vivono poco più di 159mila residenti. Vent’anni fa erano 176mila, il 10% in più. Il maggiore calo numerico è stato registrato da Brisighella: il 31 dicembre 2023 contava 7.701 abitanti, il 31 dicembre 2023 si sono ridotti a 7.173 (-6,8%, pari a 528 persone in meno). Seguono Bagno di Romagna con un esodo di 516 residenti (da 6.089 a 5.573, -8,4%) e Pennabilli con un deficit di 510 cittadini (da 3.148 a 2.638, -16%).
In termini percentuali la tendenza peggiore è in due paesi del riminese, Casteldeci (-29%, da 505 a 364 residenti) e Sant’Agata Feltria (-16,7%, da 2.354 a 1.961). Ma ce ne sono anche alcuni che hanno visto la loro popolazione aumentare, come San Clemente nel riminese (+67%, da 3.457 a 5.805) e Borghi nel cesenate (+33%, da 2.159 a 2.886). Probabilmente questo è da imputare all’aumento dei costi degli affitti nelle vicine città capoluogo, che hanno portato molte persone a trasferirsi nei paesi limitrofi. Difatti tutti i Comuni dell’entroterra che hanno visto la loro popolazione aumentare sono quelli meno remoti e meglio collegati alle grandi città, come anche Coriano (+15%), Morciano (+16%), Roncofreddo (+16%), Longiano (+24%) e Montefiore Conca (+28%). Nel ravennate l’unico saldo positivo è a Riolo Terme (+7%, da 5.401 a 5.797 abitanti), mentre Casola Valsenio si è ridotta da 2.846 a 2.541 residenti (-10,7%).
Il dibattito sull’altitudine
La stragrande maggioranza dei paesi romagnoli classificati come montani è in realtà collinare. Tranne Verghereto (812 metri sopra il livello del mare) e cinque località dell’entroterra riminese intorno ai 600 metri di altitudine (Pennabilli, Maiolo, Sant’Agata Feltria, Casteldeci e San Leo), tutti gli altri si trovano sotto i 500 metri. Alcuni, come Meldola, Morciano e Riolo Terme, sono addirittura sotto i 100 metri. Per questo c’è il timore che il decreto attuativo da emanare entro dicembre possa escludere molti paesi dalla nuova classificazione calcolata sull’altitudine, privandoli dunque dei sostegni economici.
L’assessore regionale al bilancio Davide Baruffi, intervenendo a un question time sul tema lo scorso martedì, ha affermato che la nuova legge sulla montagna ha una visione «alpicentrica» che «sarebbe un vero colpo al cuore al nostro Appennino». L’assessore ritiene che la norma, anziché ridurre il divario tra le aree più e meno sviluppate, «non farebbe altro che accentuarlo». Tra i Comuni che saranno classificati come montani, «già decimati dai nuovi criteri, la legge prevede poi di individuare un numero ancora più piccolo a cui sono destinate le misure di sostegno sociale», ha concluso Baruffi. «Tutto questo sarà appannaggio di una élite ancora più ristretta di territori. Questo lo dico per dare conto di come ancora di più rischia di essere tagliato fuori il nostro Appennino». Nei prossimi due mesi si vedrà se il governo avrà tenuto conto di queste istanze.