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    Categoria: società

Mancini, un anno da procuratore capo «Lotta al crimine con umiltà e fermezza»

Il ravennate è in magistratura dal 1986: «Indagini sui poteri forti? Nessuna pressione». Le sue passioni: cani, letture e capacità di sintesi

Non ama le luci del palcoscenico mediatico – «Sono alieno alle conferenze» – ma, dice, un procuratore ha il dovere di informare l’opinione pubblica attraverso i media. E essere arrivato al vertice della procura della sua città, raggiunto dopo 28 anni in magistratura, lo considera un onore. Con annessi oneri: quando c’è stato bisogno di parlare non si è tirato indietro. Misurando le parole nella quantità e nella qualità. Il 2014 di Alessandro Mancini è stato il primo anno completo da procuratore capo. In una intervista a margine della conferenza per la presentazione dei dati sull’attività annuale – snocciolando numeri perché fossero questi a parlare – il magistrato soppesa quanto fatto e si prepara a tornare in aula: «Ho fatto il sostituto procuratore fino a poco tempo fa e non voglio arrugginirmi…».

Si è chiuso il suo primo anno alla guida della procura della Repubblica a Ravenna. Come riassumerebbe questi mesi?
«Al mio arrivo ho trovato un ufficio ben organizzato ma l’organizzazione è una creatura vivente, non ha mai fine, c’è sempre qualcosa da migliorare. E ho sempre avuto il pallino per organizzare le cose, mi piace, e con l’incarico di Ravenna ho avuto l’opportunità di mettere in atto quelle che erano idee maturate dalle esperienze. Così ho cercato di introdurre correttivi con un criterio preciso: rifuggire da gestioni aziendalistiche perché dobbiamo coniugare la produttività con l’umanità e il buon senso cercando di coinvolgere il personale in un progetto comune».

Su cosa si è concentrato?
«Correttivi sulla logistica strutturale dell’ufficio per renderlo più sicuro e funzionale suddividendolo in tre zone comunicanti ma secondo criteri di accesso: segreteria, procura, polizia giudiziaria».

Ha un punto di riferimento nell’approccio all’attività organizzativa?
«Recentemente è stato pubblicato un libro dedicato ai dirigenti della polizia di Stato basandosi sulle regole di San Benedetto. Credo sia condivisibile. Fare il procuratore con i gradi del caporal maggiore non funziona. L’autoritarismo non funziona».

Fin qui il 2014. Per il 2015 quali propositi?
«Sedersi sugli allori non esiste come atteggiamento. Sempre guardia alzata, chi viene in procura per riposarsi ha sbagliato indirizzo. E poi tornerò in udienza perché non voglio arrugginirmi. Ho già alcuni procedimenti avviati e in fin dei conti sono stato sostituto procuratore fino all’altro giorno e intendo continuare».

Essere procuratore capo della propria città ha un significato diverso?
«Per me è un onore. Mi sono detto: “Adesso hai la bicicletta, pedala”. Tenendo i piedi per terra, con umiltà come mi hanno cresciuto i miei genitori, sempre consapevole delle responsabilità che si hanno sulle spalle, senza esibizioni muscolari».

È più facile giocando in casa?
«Non lo so perché conduco una vita privata molto riservata. E sto benissimo così. Non perché sia snob, nulla di più lontano da me del modello Oscar Wilde, ma perché mi trovo a mio agio così».

Con quale spirito svolge l’incarico?
«Concepisco la funzione di procuratore secondo il significato etimologico del concetto di munus latino: una funzione che ti appartiene pro tempore che tu svolgi in funzione degli altri e non per la tua personale mostra. Tutto con un approccio molto pragmatico, non sopporto chi si lamenta. Di solito chi si lamenta è colui che ha poca voglia di lavorare o peggio. Sono un ammiratore senza se e senza ma dello stile anglosassone. Abbiamo il dovere di agire e parlare con i fatti».

Si nota una particolare apertura verso la stampa. È una strategia precisa?
«Attribuisco al rapporto con la stampa un ruolo fondamentale, ma scopro l’acqua calda. E la legge assegna al procuratore questo ruolo. L’opinione pubblica deve essere informata nei modi e nei tempi opportuni per non danneggiare le indagini. Di fronte a certi eventi ho ritenuto indispensabile informare la stampa onde evitare che si attinga da altre fonti e così facendo si rechi un’informazione distorta».

A volte la spettacolarizzazione eccede i limiti. Come valuta il panorama ravennate?
«Non mi permetto di esprimere giudizi. Direi che siamo nella media nazionale. La stampa deve presentare le notizie in maniera appetibile perché oltre a informare deve anche vendere un prodotto. Finché con l’enfatizzazione non si supera il limite di decenza direi che la stampa fa il suo mestiere».

Il 2014 è stato un anno segnato da inchieste che hanno coinvolto ambienti come la curia e l’Ausl, a tutti gli effetti tra i cosiddetti poteri forti. Sono arrivate pressioni?
«Pressioni zero perché sono conosciuto come uno al quale è pericoloso farle. L’atteggiamento di tutti è stato corretto. Questa è la procura della Repubblica: esercitiamo il controllo della legalità ma non in modo armato. C’è equilibrio. Ma chiunque sappia che faremo la nostra parte fino in fondo contro tutti i fenomeni criminosi che riguardano il nostro territorio, non daremo tregua in nessun modo cercando di ottenere le sazioni più pesanti anche in termini di custodia. Chi è malitenzionato troverà in noi un fiero persecutore secondo le leggi».

Inevitabile chiederle un commento sulla vicenda dell’infermiera di Lugo finita sui media di tutto il mondo.
«Credo che sia il caso di smorzare i toni. L’indagine preliminare è in fase di conclusione. La presunzione di non colpevolezza vale per l’indagata ma noi sosterremo l’accusa».

Il 2015 vedrà l’arrivo di altri due sostituti procuratori arrivando a nove, il massimo previsto.
«Saremo a pieno organico e questo ci consentirà di migliorare le performance nella tempistica. Diciamo che per quanto abbiamo fatto finora mi sento moderatamente soddisfatto».

Da settembre 2013 Alessandro Mancini (58 anni, originario di Lugo, in magistratura da aprile 1986) è subentrato a Roberto Mescolini a capo della procura della Repubblica a Ravenna. Nel 1987 ha assunto le funzioni di pretore nella pretura mandamentale di Niscemi (Caltanissetta). Nel 1989 trasferimento a Ravenna alla procura circondariale poi nel 1996 il passaggio a Forlì come sostituto procuratore. È docente di Diritto penale tributario alla scuola ispettori della guardia di finanza de L’Aquila. Famiglia, cani e libri sono i principali impegni nel tempo libero: «Ho un piccolo levriero italiano e un dobermann. Dovendo consigliare una lettura, a parte Dante, direi “Il Conte di Montecristo”, un capolavoro che non scopro certo io. Consiglio di leggerlo senza seguire troppo la trama ma concentrandosi su quello che esprime l’autore dal punto di vista filosofico come concezione della vita». Dice di apprezzare il dono della sintesi: «Sono convinto che chiunque in cinque minuti possa esporre la propria weltanschauung, la concenzione del mondo. Ma questo presuppone aver studiato Tacito più che Quintiliano e Cicerone e saper fare i riassuntini che abbiamo imparato negli anni fondamentali delle scuole elementari».