«Chi si arruola in Siria non prega in moschea con la parte sana dell’Islam»

Il presidente dell’associazione che ha costruito l’edificio di culto rifiuta collegamenti tra foreign fighter e musulmani integrati

Guarire una mela marcia non è facile, perché spesso la mela marcia non cerca guarigione. È la sintesi del pensiero espresso dall’architetto iracheno Ahmed Basel, presidente del Centro di cultura e studi islamici della Romagna che ha costruito la moschea di Ravenna, la seconda in Italia per dimensioni. Non ci sta quando si parla di Ravenna capitale dei foreign fighter e per chi si è arruolato nell’Isis – «Una malattia mondiale» – ha parole rassegnate: persone che cercano lì la soluzione ai loro disagi e la comunità sana può fare poco.

Un articolo in prima pagina su La Repubblica del 5 luglio definisce Ravenna la capitale italiana dei foreign fighter, stranieri che hanno lasciato il territorio per arruolarsi con l’Isis. È questo il biglietto da visita della città?
«La definizione dell’articolo è ingiusta. Intanto si fa un conteggio di sei persone partite e una arrestata prima che partisse ma quelle veramente ravennati sono meno, alcuni in questo territorio erano appena di passaggio. Scrivendo quelle cose si infanga una città dove non è mai accaduto nulla e dove la comunità musulmana sana è integrata e vuole il bene di Ravenna. Non so nemmeno io perché si arrivi a dire queste cose che non corrispondono alla realtà».

Conosceva qualcuno di quelli partiti per davvero da Ravenna? Frequentavano la moschea?
«Quelli che sono stati individuati non fanno parte della nostra comunità. Sono persone sfuggenti, non li vedi, si nascondono, frequentano altri luoghi, non cercano l’inserimento nella comunità locale e quando noi ci avviciniamo alle loro zone per aprire un contatto veniamo trattati come fossimo poliziotti. Louati (arrestato in aprile mentre tentava di partire, ndr) frequentava gli Speyer e spacciava. La nostra religione non accetta lo spaccio. Se è di fede musulmana non necessariamente è collegato alla comunità musulmana. Hanno trovato mafiosi che leggevano la Bibbia quindi dobbiamo pensare che sono sfuggiti alla Chiesa? No, sarebbe assurdo dirlo».

Questa non sarà la capitale e quelli arruolati non saranno sette e non avranno frequentato la moschea ma qualcuno è partito per la Siria: l’argomento foreign fighter è un tema che preoccupa la comunità che vive attorno alla moschea?
«La comunità rimane sorpresa. È ovvio che queste notizie preoccupano perché rovinano l’immagine della comunità che si sente parte della città. Se ne parla e si cerca di capire ma parliamo di persone lontane dal nostro mondo. Persone disagiate che non hanno trovato integrazione, che volevano soldi e si arruolano».

Per evitare quei disagi e le conseguenti derive, la parte sana della comunità musulmana potrebbe fare qualcosa in più?
«Possiamo fare tutto il possibile per chi è già vicino a noi cercando di aiutarlo in tutti i modi quando avvertiamo le sue difficoltà ma chi è lontano da noi e non vuole avvicinarsi è difficile da integrare. Se qualcuno è fuori dal coro cerchiamo di farlo avvicinare ma se non è ricettivo o non ha la testa o non vuole avvicinarsi o non vuole frequentare, cosa possiamo fare? Nessuno di noi ha il potere di impedire certe scelte di qualche mela marcia. Noi possiamo solo lavorare per diffondere i nostri principi: l’Islam è pace, preghiamo Allah che ci perdoni e ci metta sulla strada retta».

Mesi fa lo scrittore algerino Tahar Lamri disse che non basta dire “Noi non c’entriamo”.
«Rispetto molto Tahar. È musulmano ma non frequenta la moschea e per questo le sue mi sembrano critiche fuori luogo. Venga a trovarci, le porte sono aperte per le sue riflessioni».

Il giorno in cui dovesse sentire frasi strane da qualcuno dentro alla comunità cosa farà?
«Noi siamo una famiglia, per un figlio che ha la testa fuori posto la famiglia cerca di intervenire in tutte le maniere possibili per salvarlo e curarlo, con le nostre forze e con l’aiuto di qualcun altro».

Che rapporti ci sono con le forze dell’ordine?
«Buoni. Un confronto aperto e continuo. Ci piacerebbe si avvicinassero di più a noi anche per incontri e seminari. Per esempio così come vanno nelle scuole, facciano altrettanto anche nella nostra comunità per parlare di leggi e regole».

E la politica come si sta comportando?
«Potrebbe fare di meglio per il bene dei cittadini. Troppe volte i politici dimostrano di non essere preparati, fanno dichiarazioni fuori luogo che danneggiano la comunità».

Per chiudere, cos’è l’Isis?
«Una malattia mondiale. Sono odiati da tutti, ma allora da dove vengono le armi? Bisogna farsi più domande per capire davvero questo problema se si vuole fermarlo».

NATURASI BILLB SEMI FAVE PISELLI 17 – 26 05 24
RFM 2024 PUNTI DIFFUSIONE AZIENDE BILLB 14 05 – 08 07 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24