Per scendere dal tetto della ditta ha ottenuto 18mila euro e un lavoro

La protesta di un camionista 55enne dopo il licenziamento ritenuto ingiusto. Oltre venti ore di trattative condotte tramite un negoziatore

È salito sul tetto dell’azienda che lo aveva licenziato meno di un mese prima indossando l’ex divisa e minacciando di buttarsi da una decina di metri se non avesse riavuto il posto, dopo una ventina di ore di trattative con un negoziatore è sceso intascando circa 18mila euro dall’ex datore di lavoro, un periodo di prova in una nuova impresa e il rischio blando di una denuncia per procurato allarme e interruzione di servizio. La zona artigianale Bassette l’8 settembre è stata il teatro del braccio di ferro tra una multinazionale olandese del settore della logistica che a Ravenna ha la sua unica sede italiana aperta nel 2008 e un 55enne camionista albanese con moglie e due figli in Italia da oltre quindici anni.

I termini dell’accordo fra le parti, trapelati nelle ore seguendi alla firma, sono il risultato di una estenuante trattativa mediata da un negoziatore dei carabinieri arrivato appositamente da Bologna avvalendosi sul posto del supporto della Cgil che aveva impugnato il licenziamento, della Cna che assiste l’azienda, dell’avvocato che tutela il lavoratore nel ricorso legale, del sindaco Fabrizio Matteucci e dei familiari dell’uomo. La conclusione è arrivata poco dopo la mezzanotte tra l’8 e il 9 settembre quando l’autista ha accettato l’ultima proposta ricevuta nel tardo pomeriggio direttamente dalla bocca del mediatore salito in cima al magazzino come già accaduto due volte nel corso della giornata, portato su dai vigili del fuoco con l’autoscala. Come fosse salito il lavoratore non è ancora chiaro: gli ex colleghi l’avevano trovato seduto sul cornicione all’apertura dei cancelli alle 7.40. Non essendoci accessi interni al tetto l’ipotesi è che sia stato aiutato da qualcuno per salire esternamente nottetempo. In uno zainetto un minimo equipaggiamento: un cappellino, una felpa, una bottiglia d’acqua, un ombrello.

Il momento più teso della giornata è stato proprio in occasione della terza visita sul tetto da parte del negoziatore. Il 55enne si è alterato sporgendosi con una gamba all’esterno del cornicione. Poco dopo si è deciso di sistemare il cuscino d’aria ai piedi del magazzino. Il punto di svolta nel testa a testa con i militari incaricati di mediare è arrivato in tarda serata quando figlia e moglie sono state allontanate dal cortile della ditta e in particolare la più giovane ha manifestato segni di cedimento per la grande tensione accumulata. La circostanza potrebbe aver avuto un suo peso nel smuovere gli intenti dell’operaio. Sarà la procura, informata sui fatti, a valutare se procedere con una denuncia a suo carico.

A scatenare il gesto, come detto, il licenziamento. Secondo il lavoratore arrivato ingiustamente. Secondo l’azienda inevitabile sanzione disciplinare per comportamenti sul luogo di lavoro. La vicenda era iniziata con una contestazione formale da parte della ditta: l’uomo aveva risposto tramite la Cgil, a cui è iscritto da un anno, ricevendo poi la comunicazione del licenziamento. Secondo quanto trapelato vi sarebbe stato anche uno scontro acceso con il direttore del personale sfociato in un litigio pesante. La normativa sul lavoro per le aziende con meno di quindici dipendenti, come questo caso, non prevede il reintegro in caso di sentenza per ingiusto licenziamento ma un risarcimento massimo di sei mensilità a cui sommare eventuali rimborsi se dimostrabili mancati guadagni in passato.

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