«Noi blasfemi? Crediamo in dio e il murales cita i mosaici di San Vitale» 

La replica degli autori dell’opera attaccata da Lista per Ravenna «Accettiamo qualunque critica ma i tentativi di censura no» 

«La mano che secondo qualcuno farebbe le corna in realtà è in una citazione della mano di dio che si vede nei mosaici di San Vitale. È tutt’altro che qualcosa di blasfemo». I ravennati Alessandro Lonzi e Anna Agati sono gli autori del murales realizzato sul muro dell’ex ippodromo a Ravenna, nell’ambito del festival di street art Subsidenze, che ha scatenato la reazione di Gianluca Benzoni, esponente di Lista per Ravenna e Udc, arrivato a chiederne la modifica per nascondere le parti che secondo il politico sarebbero offensive verso la religione cattolica.

L’attacco vale tanta pubblicità ma di fronte alle accuse di blasfemia non sono potuti restare zitti. Perché l’idea di partenza era tutt’altra: «In un’opera d’arte ognuno può vedere quello che vuole ed è il bello dell’arte – dicono Lonzi e Agati – ma vedere blasfemia nel nostro murales è proprio sbagliato perché l’intenzione e le immagini sono l’opposto. L’intenzione dell’opera che si chiama “La Pala di Ravenna” (5 metri per 2,50) è quella di mostrare l’attualità dei valori spirituali nell’epoca moderna». In buona sostanza l’opera raffigura alcuni santi patroni di alcune forme artistiche rivisti in chiave moderna: ad esempio la protettrice della musica Santa Cecilia ha un lettore mp3, San Luca patrono della pittura diventa uno street artist e via dicendo. I nomi dei diversi santi raffigurati come tag di Facebook. E quella mano che ritorna tre volte con pollice, indice e mignolo alzati non è nulla di volgare: «È un simbolo d’amore universale, nel linguaggio dei segni rappresenta la frase “I love you”, nella simbologia induista è un gesto per tenere lontani i demoni. Un gesto positivo anche nelle intenzioni del cantante Ronnie James»

Benzoni li ha accusati di voler provocare la religione cattolica. Loro smentiscono la possibilità che le cose stiano così e anzi assicurano di credere in dio: «Un dio unico, senza chiederci quale sia quello giusto in cui credere. Abbiamo cercato di dare una lettura moderna a temi sacri. Forse la chiesa dovrebe capire che sta parlando con linguaggi che non arrivano più ai giovani». Agati esemplifica la cosa con un paragone tecnologico: «Ai tempi moderni dei computer i floppy disk non esistono più e invece la chiesa continua a usare quelli per rivolgersi a chi oggi usa il tablet».

Ma se l’arte è liberamente interpretabile, allora fa parte dei giochi pure la critica e la lettura blasfema? «Certo, ognuno può vedere quello che vuole e ci fa piacere la critica, incontreremo Benzoni con gli organizzatori del festival e il confronto sarà stimolante. Ma quello che non ci è piaciuto è aver sentito l’ipotesi di censurare le opere. La censura è cosa da regimi integralisti, non è cultura».

E i due artisti hanno incontrato Benzoni in serata, insieme a Marco Miccoli, tra gli organizzatori del festival. I quattro dicono ora di essersi chiariti grazie al dialogo e l’esponente di Lista per Ravenna addirittura ha ringraziato pubblicamente «i ragazzi del murales».

Ma il rappresentante di Lpr se l’era presa anche con il Comune che ha patrocinato il festival con un contributo economico (per la precisione andato agli artisti internazionali e non ai sedici giovani artisti tra cui Lonzi e Agati che hanno lavorato all’ex ippodromo). Così su Facebook arriva anche il commento di Valentina Morigi, assessore alle Politiche giovanili: «Non riesco a comprendere come tutta questa bellezza possa essere blasfema o fuori luogo. Qualcuno diceva che la bellezza è negli occhi di chi guarda. Di fronte alle accuse di un esponente di Lista per Ravenna, penso che forse anche la bruttezza sia negli occhi di chi guarda».

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