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    Categoria: società

Omicidio di Savio, sopralluogo dei Ris Al lavoro gli esperti della balistica

Incarico dalla procura per una consulenza sulla posizione del killer Da che punto è partita la fucilata che ha ucciso il vigilante Chianese?

È durato poco meno di un’ora, nel pomeriggio di oggi 7 gennaio, il primo sopralluogo dei carabinieri del Ris a Savio all’ingresso della cava Manzona dove la notte tra il 29 e 30 dicembre è stato ucciso il 42enne metronotte Salvatore Chianese: due militari di Parma sono stati incaricati dalla procura per una consulenza balistica che possa fornire elementi utili all’attività di indagine. La visita odierna sul luogo del delitto, accompagnati dai carabinieri della compagnia di Cervia, è stata solamente una rapida perlustrazione a cui ne seguiranno forse altre: il lavoro degli esperti balistici si concentrerà ora in laboratorio incrociando gli elementi acquisiti dall’autopsia con i rilievi sulla vettura di servizio. Chiarire con più precisione possibile elementi come l’altezza e la distanza da cui è partito lo sparo fatale potrebbe dare indicazioni sul profilo fisico del killer.

Cosa è successo. Verso l’1.15 del 30 dicembre scorso viene ritrovato il cadavere di Salvatore Chianese, un 42enne campano residente a Osteria con moglie e figlio di 9 nove anni che dal 2009 lavorava come vigilante per la Civis Augustus: il ritrovamento a Savio, nei pressi del cancello di ingresso alla cava Manzona a cui si accede dalla statale Adriatica, è opera di un collega inviato sul posto dalla centrale operativa che non aveva più contatti radio con Chianese da circa un’ora e cioè da quando il vigilante aveva comunicato che si stava apprestando a compiere il secondo giro di perlustrazione nell’area di proprietà della Sic, società controllata dalla coop Cmc.

La scena del delitto. Il collega, terrorizzato dalla scena davanti ai suoi occhi e temendo che l’autore potesse essere ancora sul posto, si è allontanato immediatamente lanciando l’allarme (il personale sanitario del 118 ha potuto solo constatare il decesso). Il corpo di Chianese era a terra in una pozza di sangue ancora intuibile sulla ghiaia del vialetto anche a distanza di una settimana: ad ucciderlo è stato un colpo di fucile a pallettoni calibro 12, un’arma da caccia, che l’ha raggiunto al capo sul lato sinistro. A poca distanza la vettura di servizio lasciata con i fari accesi per illuminare la sbarra di ingresso dove erano ancora inserite le chiavi utilizzate dal vigilante per aprire. Il lunotto dell’auto è in frantumi per una fucilata.

La vettura. I pallini nella vettura sono compatibili con quelli trovati dall’autopsia nel corpo: si tratta quindi di colpi simili che fanno pensare a una sola arma. E la logica sembra far pensare a una sequenza di sparo che vede prima colpito il vigilante e poi la vettura. Perché quel secondo colpo? Uno sfregio, un tentativo di depistaggio o la necessità di aprire il portabagagli?

La pistola scomparsa. Dal corpo di Chianese mancavano il portafoglio e la pistola di ordinanza che tuttora, nonostante le ricerche in zona anche con i cani in grado di fiutare armi e esplosivi, non sono stati trovati. Perché portare via quell’arma? Il procuratore capo Alessandro Mancini che coordina le indagini con il sostituto Daniele Barberini ha definito «inquietante» la circostanza.

Il movente. È questo il vero punto oscuro nelle indagini dei carabinieri. Perché qualcuno ha sparato a Chianese impegnato in una perlustrazione di una cava dove non c’è molto da rubare se non qualche litro di gasolio utilizzato per i mezzi da lavoro? Il metronotte ha visto qualcosa che non doveva vedere oppure si tratta di un agguato pianificato? Per ora la procura sembra propendere per la seconda ipotesi che però fornisce uno spessore di rilievo all’omicidia: per completare l’imboscata al vigilante occorreva conoscere i suoi turni e non era cosa facile. I passaggi di ronda infatti non hanno orari fissi e in quella cava ogni notte sono sei i passaggi fatti in alternanza da due guardie giurate (Chianese è stato ammazzato al suo secondo passaggio).