mercoledì
25 Giugno 2025
la recensione

Vanoli e il sentimento del Mediterraneo

Nel saggio uscito per il Mulino una navigazione tra epoche e geografie che porta il lettore fino alla Ravenna dei giorni nostri

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Un viaggio sentimentale promette di essere fin dal sottotitolo, e un viaggio sentimentale è ciò che effettivamente è questo libro di Alessandro Vanoli (Quando guidavano le stelle) uscito per Il Mulino. Una navigazione, anzi quattro navigazioni, che portano il lettore a scoprire con l’autore il Mediterraneo in un sovrapporsi di epoche e geografie.

Docente universitario, Vanoli (a Casa Melandri, in via ponte Marino, a Ravenna, il 5 febbraio alle 18), già autore di altri volumi come Andare per l’Italia araba, qui sfodera una penna da vero narratore e divulgatore tanto da usare anche i grandi eventi storici come fondali per dar la parola a personaggi, che siano personaggi reali o inventati poco importa, che diventano di volta in volta altrettanti “virgili” per il lettore, ovverosia guide per capire appunto il sentimento di un luogo in un dato momento storico.

E così si parte con Platone e l’Egeo al tempo di Ulisse per approdare all’Alessandria di Tolomeo e poi a Cartagine, negli ultimi suoi giorni da capitale, prima di approdare a Ostia. E poi, ancora, da Betlemme per attraccare nella Costantinopoli erede di Roma e alle Colonne d’Ercole, mentre le nuove religioni monoteiste conquistano le terre che si affacciano sul mare e si arriva fino all’Andalusia di Cid El Campeador e alla Genova delle Repubbliche marinare. A Venezia si approda nel 1495 e ad Ancona ci fermeremo ad ascoltare i presunti racconti di un mercante bolognese in attesa di imbarcarci per Cipro. Palermo, Napoli, i bastimenti da Genova diretti negli Stati Uniti sono le tappe del declino del Mediterraneo, durante la quarta navigazione che si chiude ai giorni nostri, a Ravenna.

In questo solcare mari ed epoche scopriamo colori, odori, sapori, parole, sogni, aspettative, scontri filtrati attaverso secoli di storia. Ad accompagnarci è un narratore che è anche uno studioso e che non lesina i ricordi personali e reclama un suo spazio, rifiutandosi di scomparire dietro le storie che racconta. Questa sua presenza funge anche da ponte per il continuo spostamento tra ciò che fu e ciò che è e rende quasi tangibile come sia oggi impossibile scindere i nodi che legano al passato questo mare di cui ora spesso parliamo soprattutto per raccontare di fughe, profughi, morti, naviganti della disperazione. Di questo mare che oggi tanti vogliono trasformare in una barriera lì a dividere Oriente da Occidente, più ancora che il Sud dal Nord. Eppure c’è un faro che Vanoli offre per rileggere la storia e soprattutto affrontare l’oggi: Oriente e Occidente non sono due entità delineate e separate, anzi di più, in questo mare Oriente e Occidente non esistono.

Ma forse abbiamo perso consapevolezza di ciò, così come di ciò che questo mare ha dato e può dare. O questo sembra dire l’approdo finale nell’unica città della costa romagnola che viene toccata, quella Ravenna contemporanea che ha ormai però girato le spalle al mare pur custodendo i tesori venuti dall’aldilà dell’Adriatico e oltre. Un finale amaro per un libro capace di stimolare riflessioni su questioni come identità, cultura, appartenenza e allo stesso tempo di regalare il piacere di una fuga dal qui e ora (almeno per le prime tre navigazioni) senza concessioni al nostalgico o al retorico ma senza rinunciare, appunto, al sentimento.

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