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    Categoria: società

A 14 anni, solo, sulla nave per l’Italia Rifat ora è apprendista alle Bassette

Albanese neodiciottenne, è stato tra le centinaia di minori stranieri non accompagnati arrivati in provincia in questi anni. Il quadro

«Noi non vogliamo prenderci la responsabilità di farti lasciare l’Albania, se poi vieni e non trovi niente non vogliamo che tu ci dia la colpa, ma non vogliamo nemmeno che tu ci dia la colpa per essere rimasto a Elbasan e fare una vita che non ti piace. Insomma è una tua scelta». Dopo aver riattaccato il telefono, le idee di Rifat erano ancora più confuse che prima di chiamare i cugini. Loro abitavano in Italia da un anno, ma Rifat non capiva se fossero felici della loro nuova vita.

Da una parte il viaggio lo spaventava, sapeva che era pericoloso affrontare quella attraversata da solo per un ragazzino di 14 anni, e i suoi genitori non volevano che rischiasse la vita. D’altra parte crescere a Elbasan non era per lui un futuro immaginabile. Non voleva invecchiare come suo padre, che con uno stipendio mensile di 300 euro non riusciva nemmeno a mantenere i suoi figli. Così preparò lo zaino, baciò la madre, e assieme a tre compagni di classe partì verso l’Italia, verso Ravenna, sapendo che per molto tempo non sarebbe più potuto tornare.

Sul traghetto che salpava da Vallona e arrivava a Brindisi aveva con sé una foto, che teneva in tasca come un amuleto. Gliela aveva mandata un suo amico, era una foto del suo amico in Italia, con un bel giubbotto della Adidas e il sorriso sul volto. «Se ci era riuscito Gezim – pensava – ci riuscirò anche io».

Giunti al porto di Brindisi i quattro compagni di scuola si salutarono e ognuno prese una strada diversa. Rifat arrivò a Ravenna dove si recò in questura e fece domanda per essere riconosciuto come “Minore non accompagnato”. «Hai parenti che vivono in Italia?», gli chiesero gli uomini in divisa. «No, nessuno», sapeva che quella era la risposta da dire e poi i cugini non potevano prendersi cura di lui, anche loro erano solo due ragazzini.

«Sono moltissimi i minori che arrivano a Ravenna senza genitori – spiega Dora Casalino, operatrice ed esperta di progettazione sociale –.
Arrivano attraverso varie tratte. Una parte arriva dall’Albania, tra cinquanta e cento all’anno intercettati e che poi si disperdono nella provincia. Sul territorio prima di loro, altri della stessa rete familiare hanno cercato un futuro migliore e si sono stabilmente radicati. Una occasione di futuro che si auto alimenta e per cui lo stato Italiano e le amministrazioni si stanno interrogando per raggiungere accordi con il governo albanese. Arrivano nei modi più diversi, in barca, in auto, in treno, anche in aereo. Altri vengono lasciati dai genitori al confine. Sanno che un minore da solo ha più possibilità di ricevere aiuti, che non sarà lasciato da solo in strada, ma gli sarà trovato un luogo in cui dormire – continua Casalino -.
Per quanto riguarda i minori di altra nazionalità, il percorso è diverso e spesso si tratta di rifugiati. Come per la migrazione degli adulti infatti, finchè non ci saranno corridoi umanitari, le reti criminali la fanno da padrone, organizzando i viaggi per questi minori, mettendone a rischio la stessa vita. Della cifra complessiva sull’accoglienza minori a che si aggira a Ravenna intorno ai 4milioni (vedi articoli correlati, ndr), solo un terzo è dedicata ai minori stranieri, il resto è relativa all’accoglienza di minori italiani in carico ai servizi».

I minori che non provengono da zone di guerra non hanno la possibilità di chiedere asilo politico, ma hanno diritto alla pronta accoglienza, ossia a essere inseriti in strutture accreditate oppure affidati a una famiglia. Rifat fu inserito nella struttura di Piangipane.

A Piangipane seguì anche al Cfp i corsi di formazione professionale. Compiuti 18 anni i ragazzi non possono più rimanere nelle strutture, devono quindi trovarsi da soli un alloggio, oppure chiedere ospitalità a un dormitorio. Rifat oggi ha 18 anni ed è in Italia da quattro. È riuscito a trovare un lavoro come apprendista in una azienda alle Bassette e divide una camera a Russi. Dopo tre anni o otto mesi è potuto tornare per una settimana a Elbasan e riabbracciare sua madre, che non vedeva da quando era partito.

«Sinceramente – ci dice – prima di partire pensavo che la vita in Italia fosse più semplice, ma è sicuramente molto migliore di quella che avrei fatto in Albania. Sono felice di essere qui oggi, e se tornassi a quando avevo 14 anni partirei ancora». Prima di partire Rifat ha stampato una foto da portare a sua madre. Lo ritrae sorridente, con un bel giubbotto caldo e nello sfondo Ravenna.