Marco Meini ci racconta i suoi 40mila km in sella. E sabato sera dalla piazza collegamento Skype con l’amico che prosegue
Balcani, Turchia, Iran, India, Siberia, Australia, Indonesia, Giappone, Canada: questo a grandi linee il percorso fatto finora e raccontato su queste pagine attraverso le loro testimonianze in prima persona (vedi correlati). Per muoversi nessun navigatore ma una mappa cartacea, scelta romantica ma anche pratica: «Quando stendi il foglio ti rendi conto com’è la situazione». In totale, come detto, oltre 40mila km (solo cinque voli aerei per i collegamenti impossibili via terra, una distanza che ha reso necessario l’aquisto di due velocipedi nuovi in Canada). Tragitto ipotizzato alla vigilia e poi deciso giorno dopo giorno tenendo conto di tutte le più impensabili variabili: «Dal maltempo ai problemi burocratici per ottenere un visto sul passaporto, dalla pendenza della strada alla vista panoramica offerta da certi passaggi». Nessuna guida da sfogliare: «Volevamo entrare nei luoghi fidandoci solo dei consigli di altri viaggiatori o delle nostre intuizioni. Poi è capitato molto spesso che ci siamo documentati sui posti dopo averli visitati per capirli meglio»
Per rompere il ghiaccio hanno potuto contare sue carte da giocare, la faccia da stranieri e le bici cariche: «Attiravamo la curiosità di molti che ci venivano a chiedere la nostra storia. E così sono nate conoscenze e amicizie, volti di persone del posto o di cicloturisti in viaggio come noi». Ad esempio Aurelio, 44enne brasiliano. Che ha lasciato una moglie e una figlia e si è messo a viaggiare. Oppure l’olandese Jean Pierre. Ma anche la stessa Sheena: «Ci siamo incontrati il 7 febbraio 2015 in un ostello di Hue, lei era con una amica in viaggio. Siamo rimasti in contatto via Facebook e quando siamo arrivati in Canada sono andato a trovarla…».
Perché Marco non ha dubbi che l’amico completerà l’impresa: restano Sud America e Africa. «Io credo che lui avesse voglia di alzare un po’ l’asticella della sfida con se stesso e provare a fare una parte di viaggio da solo. Tanti di quelli che abbiamo incontrato ci hanno detto che il vero cicloturismo è in solitaria. E se sei solo fai meno paura a chi deve accoglierti. Forse gli ho fatto un regalo a fermarmi… perché andavamo d’accordissimo e nessuno avrebbe mai detto all’altro di dividersi». Il momento clou è stato in un bar di Vancouver con tante lacrime. E partire in tre creando uno Shemagio? «Ci eravamo dati una regola severa: niente donne in viaggio…»
L’idea del Magio è nata otto anni fa in occasione di una mini vacanza in bicicletta a Nizza dove Giovanni se ne uscì dicendo che presto avrebbero fatto il giro del mondo: «Mi sono messo a ridere e vedevo che lui restava serio invece – dice Marco -. Allora un po’ alla volta ci siamo decisi, abbiamo messo da parte i soldi e siamo partiti. C’è chi cambia la macchina appena può e noi invece abbiamo conservato i soldi». Obiettivo di budget in viaggio: non spendere più 10 euro al giorno. E finora ci sono riusciti: «Come? Abbiamo dormito molte notti in tenda piantandola nei posti più assurdi. Abbiamo usato ostelli dove c’erano i pidocchi. Abbiamo cucinato sul fornellino facendo la spesa. Abbiamo usato i fiumi per lavarci. In Australia siamo rimasti diversi mesi e abbiamo lavorato. Abbiamo avuto l’ospitalità di tante persone sconosciute». E se fosse passato da Ravenna da viaggiatore, dove si sarebbe accampato: «I parchi pubblici di notte sono chiusi… magari saremmo andati ai Fiumi Uniti o in spiaggia».