Tre anni in bici per il mondo FOTO «Stop in Canada ma resto viaggiatore»

Marco Meini ci racconta i suoi 40mila km in sella. E sabato sera dalla piazza collegamento Skype con l’amico che prosegue

Il contachilometri macinava senza sosta fino a segnare 40mila e nel frattempo il bagaglio caricato sulla bici si riduceva al minimo indispensabile mentre si arricchiva quello dentro l’animo. «Le cose materiali pesano», dice Marco Meini dopo tre anni e tre mesi di viaggio. È partito da Ravenna il 17 febbraio 2013 con Giovanni Gondolini per fare il giro del mondo in sella: unendo Marco a Giovanni è nato il Magio Bike Tour. Rientro previsto nel 2019. Invece a metà impresa il Magio si è diviso a un bivio: Giovanni sta proseguendo da solo e ora è negli Stati Uniti, Marco è rientrato a Ravenna dal Canada per alcuni giorni prima di ritornare nel nord America dove andrà a vivere con Sheena, ragazza canadese di origini filippine conosciuta un anno fa in Vietnam.

Marco è rimasto a casa con la famiglia e gli amici per qualche giorno, per fare scorta di abbracci da portare nel freddo Canada, non solo climaticamente: «In molte parti del mondo gli abbracci non ci sono», ci racconta passando in redazione a trovarci. Un sapore particolare deve averlo avuto quello con i genitori in stazione a Ravenna: «Abbiamo pianto tanto». Anche se la botta emotiva era stata smorzata dalla tecnologia: «Skype è bellissimo ma riduce le distanze e percepisci meno la mancanza».

Balcani, Turchia, Iran, India, Siberia, Australia, Indonesia, Giappone, Canada: questo a grandi linee il percorso fatto finora e raccontato su queste pagine attraverso le loro testimonianze in prima persona (vedi correlati). Per muoversi nessun navigatore ma una mappa cartacea, scelta romantica ma anche pratica: «Quando stendi il foglio ti rendi conto com’è la situazione». In totale, come detto, oltre 40mila km (solo cinque voli aerei per i collegamenti impossibili via terra, una distanza che ha reso necessario l’aquisto di due velocipedi nuovi in Canada). Tragitto ipotizzato alla vigilia e poi deciso giorno dopo giorno tenendo conto di tutte le più impensabili variabili: «Dal maltempo ai problemi burocratici per ottenere un visto sul passaporto, dalla pendenza della strada alla vista panoramica offerta da certi passaggi». Nessuna guida da sfogliare: «Volevamo entrare nei luoghi fidandoci solo dei consigli di altri viaggiatori o delle nostre intuizioni. Poi è capitato molto spesso che ci siamo documentati sui posti dopo averli visitati per capirli meglio»

Ci sono cose che non si imparano da una mappa di carta o da una guida: «La prima cosa che abbiamo imparato è stata non avere paura di cosa c’è là fuori. Siamo partiti facendo quelli spavaldi ma la paura c’era: piantavamo la tenda in punti nascosti e cercavano di fare tutto il possibile per evitare i cosiddetti brutti incontri tanto temuti. Poi al primo deserto in Turkmenistan dove non c’era proprio nessuno abbiamo avuto paura di essere soli e da lì abbiamo cominciato a cercare le persone per avere contatti».

Per rompere il ghiaccio hanno potuto contare sue carte da giocare, la faccia da stranieri e le bici cariche: «Attiravamo la curiosità di molti che ci venivano a chiedere la nostra storia. E così sono nate conoscenze e amicizie, volti di persone del posto o di cicloturisti in viaggio come noi». Ad esempio Aurelio, 44enne brasiliano. Che ha lasciato una moglie e una figlia e si è messo a viaggiare. Oppure l’olandese Jean Pierre. Ma anche la stessa Sheena: «Ci siamo incontrati il 7 febbraio 2015 in un ostello di Hue, lei era con una amica in viaggio. Siamo rimasti in contatto via Facebook e quando siamo arrivati in Canada sono andato a trovarla…».

Nomi e storie che insieme a tante altre accumulate pedalata dopo pedalata riempiono il diario di viaggio tenuto dai due: «Adesso che l’ho provato mi viene da dire che bisognerebbe tenere un diario di tutta la propria vita anche se stai viaggiando, per conservare dei ricordi che altrimenti in testa non puoi tenere. Noi in tre anni anni siamo arrivati a cinque quaderni. Li custodisce un amico comune e di certo una parte finiranno nel libro che Giovanni vuole scrivere a fine viaggio».

Perché Marco non ha dubbi che l’amico completerà l’impresa: restano Sud America e Africa. «Io credo che lui avesse voglia di alzare un po’ l’asticella della sfida con se stesso e provare a fare una parte di viaggio da solo. Tanti di quelli che abbiamo incontrato ci hanno detto che il vero cicloturismo è in solitaria. E se sei solo fai meno paura a chi deve accoglierti. Forse gli ho fatto un regalo a fermarmi… perché andavamo d’accordissimo e nessuno avrebbe mai detto all’altro di dividersi». Il momento clou è stato in un bar di Vancouver con tante lacrime. E partire in tre creando uno Shemagio? «Ci eravamo dati una regola severa: niente donne in viaggio…»

Intanto questa sera, 28 maggio, per dare una spinta morale a Giovanni ci sarà un collegamento via Skype da piazza del Popolo alle 23 dove si ritroveranno diversi amici utilizzando il maxischermo installato per la visione della finale di Champions League in occasione della tre giorni di calcetto. 

L’idea del Magio è nata otto anni fa in occasione di una mini vacanza in bicicletta a Nizza dove Giovanni se ne uscì dicendo che presto avrebbero fatto il giro del mondo: «Mi sono messo a ridere e vedevo che lui restava serio invece – dice Marco -. Allora un po’ alla volta ci siamo decisi, abbiamo messo da parte i soldi e siamo partiti. C’è chi cambia la macchina appena può e noi invece abbiamo conservato i soldi». Obiettivo di budget in viaggio: non spendere più 10 euro al giorno. E finora ci sono riusciti: «Come? Abbiamo dormito molte notti in tenda piantandola nei posti più assurdi. Abbiamo usato ostelli dove c’erano i pidocchi. Abbiamo cucinato sul fornellino facendo la spesa. Abbiamo usato i fiumi per lavarci. In Australia siamo rimasti diversi mesi e abbiamo lavorato. Abbiamo avuto l’ospitalità di tante persone sconosciute». E se fosse passato da Ravenna da viaggiatore, dove si sarebbe accampato: «I parchi pubblici di notte sono chiusi… magari saremmo andati ai Fiumi Uniti o in spiaggia».

Adesso per Marco il viaggio si ferma. Fisicamente ma non nello spirito: «Se per tre anni ti sposti in giro per il mondo in bicicletta succede che il viaggio diventa la tua vita. Adesso ci sarà da tornare a una vita diversa ma vorrei conservare quella voglia di conoscere cose nuove che ho maturato». E ci sarà da lavorare per mettere insieme la cosa che più è mancata a Marco in questi anni: «Una situazione familiare in cui attorno hai gente che ti conosce e sa come scherzare con te».

SABBIONI BILLB SYBY 18 03 – 07 04 24
SAFARI RAVENNA BILLB 14 03 – 03 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24