Colpa medica: boom di richieste danni

Nel 2015 l’Ausl ha ricevuto 350 denunce: prima del 2010 il 40 percento in meno. E le assicurazioni fuggono dal mercato

Negli ultimi 7-8 anni la sanità pubblica romagnola ha visto aumentare il numero di richieste per risarcimento danni da attività medica del 35-40 percento circa arrivando nel 2015 a 350 casi di sinistri denunciati, in media quasi uno al giorno. Il panorama della responsabilità civile per l’Ausl Romagna è riassunto da Franco Falcini, direttore ammnistrativo dell’azienda sanitaria che dal 2014 ha riunito le aziende di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini. «Non è peggiorata la qualità del personale – osserva Falcini –. Ma è cambiato l’atteggiamento dei pazienti e dei loro parenti nei confronti dei sanitari: si arriva davanti al professionista a volte già prevenuti mentre un tempo c’era più fiducia. E forse incide anche il proliferare di società di assistenza legale specializzate in questo campo, alcune hanno gli uffici proprio accanto agli ospedali. E forse un ruolo l’hanno avuto anche i telefilm…».

La prima conseguenza è la fuga delle compagnie assicurative dal mercato: «Non è più un settore conveniente per chi vende polizze. Il rapporto tra premi incassati e danni liquidati ha messo in crisi molte società e oggi è difficile trovarne». E così la sanità pubblica si è dovuta attrezzare introducendo nel 2012 un regime di autogestione: «Ci stiamo trasformando in delle piccole assicurazioni. La Regione ha avviato una sperimentazione con l’Ausl Romagna che oggi è diventata la formula per tutte le aziende dell’Emilia Romagna: non abbiamo più alcun contratto con compagnie assicurative, le eventuali liquidazioni spettano alle casse dell’azienda fino a 250mila euro e invece oltre ci pensa la Regione. Da quando abbiamo avviato questo percorso abbiamo affrontato 650 sinistri». Questo rende necessario l’accantonamento di risorse economiche nei bilanci per far fronte a eventuali liquidazioni future: una mossa che blocca dei fondi altrimenti utilizzabili per erogare servizi. Ma la disponibilità di un tesoretto è inevitabile per affrontare il lungo periodo con serenità: «Nel 2015 abbiamo avuto 350 denunce ma solo dieci di queste sono già arrivate alla liquidazione per un totale di 130mila euro. Questo perché le altre 340 stanno attraversando i lunghi percorsi giudiziari. Basta pensare che proprio in questi giorni abbia liquidato un sinistro la cui prima sentenza del giudice risale a dieci anni fa». Il risultato? «Pazienti sempre più arrabbiati e sempre meno soddisfatti delle risposte».

L’aumento delle denunce e il passaggio al regime di autogestione si traduce in questi numeri: nel 2010 il totale speso dalle quattro aziende della Romagna per polizze e franchige arrivava a 12,1 milioni di euro; nel 2015 l’Ausl unica ha speso in tutto 17,3 milioni (10 versati nel fondo regionale e 7,3 tra accantonamenti di bilancio e spese legali).

La nuova organizzazione ci avvicina al modello d’oltreoceano: «In America la parte più consistente nell’organizzazione della macchina sanitaria è proprio quella che gestisce i sinistri». Rendendo necessario l’inserimento di nuove figure professionali: «Stiamo preparando un bando per cercare esperti del ramo. Siamo attrezzati per quanto riguarda la medicina legale ma abbiamo bisogno di avvocati che sappiano stimare i danni e gestire la trattativa con le parti dopo che un comitato ha inquadrato l’eventuale risarcimento». La competenza sta anche nel saper ricostruire i contorni del sinistro. Perché si può denunciare il danno entro dieci anni dall’evento ma può benissimo essere che si ricolleghi il sinistro a una prestazione sanitaria molto antecedente.

Le cause civili per risarcimento del danno viaggiano su binari distinti da eventuali querele penali che riguardano il singolo professionista e non l’azienda ma spesso i due percorsi possono incontrarsi con conseguenze del secondo sul primo: «La distinzione fondamentale per la responsabilità del professionista è tra colpa lieve e colpa grave. Nel secondo caso la corte dei conti prevede che l’Ausl si rivalga sul medico per una parte delle spese». Casi rari – «Ne ho viste un paio in tanti anni di carriera» – ma sufficienti per incutere timore: musi lunghi per i sanitari chiamati a pagare una propria assicurazione privata ma anche un proliferare di auella che viene chiamata medicina difensiva. Per evitare la responsabilità della colpa grave occorre dimostrare di aver fatto tutto il possibile: «E così i medici fanno un esame in più per tutelarsi. Ma non è così che dovrebbe andare…». Andrea Alberizia

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