Malvaldi: «Scienza e poesia? Due linguaggi di uno stesso pensiero»

Lo scrittore, autore della serie Bar Lume, è anche scienziato: «Quando Galileo dileggia gli avversari ne Il saggiatore fa schiantare dalle risate»

Prima di essere uno degli autori più venduti del paese con i vecchietti del Bar Lume, Marco Malvaldi era uno scienziato. Nel suo nuovo libro L’infinito tra parentesi, Storia sentimentale della scienza da Omero a Borges (Rizzoli) – che presenterà mercoledì 16 novembre alle 18.30 a Palazzo Rasponi per la rassegna “Il Tempo Ritrovato” – lo scrittore e scienziato è riuscito a riunire le sue due passioni.

Scienza e letteratura sono considerate spesso come “rette parallele” destinate a non toccarsi mai, ma secondo te non è così…
«Non è detto che due rette parallele non si debbano incontrare. L’universo è così. Ci sono stati grandi scienziati che erano anche grandi letterati come Newton e Galileo che scriveva benissimo. Se leggete Il saggiatore di Galileo fa schiantare dalle risate quando dileggia i suoi avversari! Sono partito dall’idea che il cervello è uno e quello che il cervello fa è comprimere il complesso e tentare di semplificarlo. Calvino diceva che la poesia è l’arte di versare il mare in un bicchiere, la stessa cosa è la matematica che cerca di trovare risposte semplici e universali a dei problemi. Scienza e letteratura sono due linguaggi di uno stesso pensiero».

Nel tuo libro sembri caldeggiare l’idea che lo sguardo dei poeti abbia preceduto alcune scoperte scientifiche, è così?
«In certi campi sicuramente. Lucrezio è forse l’esempio più celebre. Pensiamo a Proust quando nella Alla ricerca del tempo perduto – che nessuno ha letto, ma che tutti conoscono – dice che l’odore delle madeleine gli fa tornare in mente quando era bambino. Nel 2002 una scienziata americana ha dimostrato che l’olfatto è il più grande amplificatore della memoria. Nel 1920 era impensabile, ma Proust lo aveva descritto. Quella vena di follia di pensare a come potrebbero essere le cose al letterato è concessa, allo scienziato viene rimproverata».

Credo sia la prima volta che Omero e Borges entrano in un libro di scienza.
«Borges è amatissimo dai matematici, per Omero probabilmente è vero. Paolo Dario, che è un robotista della Scuola Superiore Sant’Anna, mi ha fatto notare che nell’Odissea appaiono i primi robot, quando Efesto crea degli automi…».

Perché spesso i letterati snobbano la scienza e viceversa?
«La scienza è autoreferenziale, ma lo è ancora di più la letteratura. Spesso gli scienziati leggono molti libri, raramente i letterati studiano la scienza e quando lo fanno non la inseriscono nei propri libri. Uno che lo faceva era David Foster Wallace, però ci ha messo un sacco di errori…».

Come!? Bocci il mostro sacro Foster Wallace in matematica?
«Diciamo che quando scriveva dell’infinito ha messo delle imprecisioni. Si vede che aveva studiato, ma gli mancava l’esperienza per capire bene l’argomento. Diciamo che era uno studente di dottorato entusiasta, ma senza pratica…»

Nel libro, parlando dell’acqua, cita con somma ammirazione la poetessa polacca premio Nobel Wisława Szymborska dicendo: “Se avete letto la poesia che apre il capitolo senza provare ammirazione, posate serenamente questo libro; ho più di un sospetto che non faccia per voi”
«Chi non apprezza la poesia della Szymborska è inutile che legga il Malvaldi. È una poetessa assoluta come Montale e Edgar Lee Masters. Anche perché è riuscita la sua poesia a superare le barriere della traduzione. (Una volta ho letto Dante in Inglese, nella famosa traduzione di Longfellow. Sarebbe da cercarlo e obbligarlo a chiedere scusa, ma purtroppo è morto nell’800.) La Szymborska è in grado di dire in poche parole cos’è un essere umano. Sarò brutale: Se non vi piace lei datevi al curling».

Per Il Tempo Ritrovato incontrerai anche gli studenti delle superiori, come reagiscono loro all’idea di “mescolare” materie diverse come lettere e matematica?
«Quando hai 15 o 16 anni lo sospetti fortemente che le cose non siano disgiunte. Poi ci sono i professori che cercano di convincerli che le materie si dividano in quaderni e ore. Però quelli che studiano filosofia si accorgono che nell’antica Grecia non c’era questa separazione e gli viene il dubbio… spero di far in modo che i professori non li convincano!».

Spesso si sente dire che la scienza è progresso, tu però parli continuamente degli antichi greci…
«Ho una regola, se mi viene una bella pensata sulla vita o l’universo, vado a vedere: se l’aveva detta qualche tizio greco nel 500 a.C. è una buona idea altrimenti è una bischerata!».

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