Il programmatore: «Contro gli hacker è utile un generatore di password»

Il ravennate lavora nella Silicon Valley: «Per le aziende può servire la consulenza di un white hat, un pirata etico»

«Mi viene spesso chiesto se aziende ed utenti debbano preoccuparsi dei rischi legati al crimine cibernetico – dice Michele Sama (nella foto), un programmatore ravennate che lavora per una start up inglese tra Londra e Palo Alto in California –. Il mio consiglio è di capire le motivazioni socio-economiche che portano all’esistenza del crimine cibernetico, di valutare come tali motivazioni si applichino alla nostra realtà quotidiana e di proteggersi preventivamente». Con la diffusione dei sistemi cloud based la maggioranza dell’informazione è accessibile online ovunque.

Con l’avvento delle nuove tecnologie abitazioni ed uffici possono venire controllati da remoto: «Questo ha generato una crescita di quella che in termini tecnici viene definita la superficie di attacco, ovvero risorse che un malintenzionato può provare a sfruttare. Non mi sorprende pertanto che Cybersecurity Ventures abbia stimato che nel 2021 il crimine cibernetico costerà alla società 6 triliardi di dollari, con una crescita annuale superiore al 12 percento». Secondo Sama le aziende dovrebbero consultare un white hat, ossia un hacker etico, mettendo in atto un protocollo per la salvaguardia delle risorse digitali: «Per quanto riguarda invece noi utenti, nella nostra quotidianità possiamo in primis usare un password manager per generare password random, abilitare l’autenticazione a due fattori ed evitare software pirata che potrebbe contenere dei malware».

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