Nelle terre senza Uber il problema del tassista sono le tariffe bloccate

A Ravenna non c’è l’app ma prezzi fermi da anni. In tutto 24 licenze, costo top-secret. Confartigianato: «Reddito medio? C’è la privacy…»

Lontano dalle metropoli, nella provincia profonda, non è Uber il problema dei tassisti. Certo che conoscono la tanto contestata app considerata concorrenza sleale e insultano gli americani che l’hanno inventata, ma al momento in Italia solo Milano, Roma e Firenze sono servite e così una sera di fine febbraio dai finestrini abbassati delle auto bianche in fila alla stazione ferroviaria di Ravenna ti dicono che piuttosto sono più preoccupati per le tariffe bloccate da anni senza che il Comune voglia sentire ragioni. Verso le 19 tre vetture in piazza Farini: «Crescono i prezzi di ogni cosa ma non c’è modo di rivedere le nostre tariffe».

A Ravenna sono ventiquattro i taxi. Tante le licenze rilasciate da Palazzo Merlato. Il numero è bloccato ma il mercato c’è: l’ultima compravendita è di un paio di mesi fa quando ha cominciato il servizio un milanese che già l’aveva fatto nel capoluogo lombardo anni fa. Le cifre per una licenza? Top secret. Sul marciapiede c’è un 50enne che vorrebbe smettere: «Quanto voglio? Se sei interessato ne parliamo – sorride –. Però diciamo che in tre anni si rientra dell’investimento».

Venti dei ventiquattro sono riuniti nella cooperativa Radiotaxi. Il presidente è Gianni Stefanini. Lui e i suoi oltre vent’anni di esperienza oggi sono al volante di un monovolume otto posti. Ma con i giornalisti non parla: «In passato è capitato di aver detto cose e poi ne ho trovate scritte altre. E allora adesso lascio parlare solo i sindacati». Che in realtà non dicono molto di più. Dalla Confartigianato che rappresenta i taxi preferiscono non fornire cifre su licenze e redditi medi: «Stiamo parlando di solo 24 persone – spiegano in coro Antonello Piazza e Andrea De Murtas –, dare una cifra media del reddito sarebbe come dare il dato di ognuno di loro e ci sembra una violazione della privacy». Lo scenario ravennate delle auto bianche è comprensibilmente ben diverso dalle scene di guerriglia urbana viste nella capitale: «Fortunatamente qui il mercato ha una dimensione sufficiente per garantire lo spazio utile a chi ha le licenze. C’è la questione delle tariffe bloccate da molti anni ma evidentemente l’assessorato pensa che siano ancora abbastanza». E nemmeno l’abusivismo è un fenomeno che alza il livello di preoccupazione: «Non è qualcosa di radicato, magari qualcuno che va oltre le regole ma sempre pochi casi che segnaliamo subito alle autorità.

A fine gennaio a Lugo due agenti della polizia municipale in abiti civili, fingendosi clienti, hanno sorpreso e bloccato un tassista abusivo, un siciliano 50enne con un’Audi, senza licenza e patente professionale. Gli agenti in borghese hanno pattuito il compenso di 10 euro per farsi trasportare da Cotignola alla stazione ferroviaria di Lugo poi hanno orchestrato la trappola: una pattuglia di colleghi ha fermato l’auto. Alla richiesta delle divise su chi fossero le persone trasportate, il conducente ha risposto che si trattava di propri nipoti. Oltre alle sanzioni per la condotta, è stato elevato un ulteriore verbale in quanto il veicolo risultava non revisionato. L’autovettura è stata posta in stato di fermo e la carta di circolazione sospesa.

Per conoscere la vita da tassista bisogna parlare con i quattro autonomi che lavorano a Ravenna fuori dalla coop. Loro hanno voglia di parlare, semplicemente per raccontare un lavoro che ciclicamente occupa le prime pagine della cronaca dalle grandi città, da decenni attende una vera regolamentazione moderna ma visto da una città mediopiccola è tutt’altro: «I clienti ci sono ancora – dice lo stesso 50enne di prima –, soprattutto nelle ore del mattino. Di solito entro le sette e un quarto cerco di essere in stazione e si lavora». A fine giornata in media una dozzina di corse, a fine anno mediamente 35-40mila km: «Non si diventa ricchi ma a Ravenna si fa campare una famiglia. Ovviamente devi essere disposto a fare parecchie ore». Qualcuno, al suo diciassettesimo anno di servizio, abbozza anche una stima nel migliore degli scenari: «In una giornata perfetta puoi arrivare a incassare una media di 10-12 euro l’ora ma sono poche le giornate così». Fa i conti mentre paga la pizza consegnata in strada dal fattorino e mangiata in piedi aspettando il treno delle 20.30: «Di solito qualcuno sale. Altrimenti aspetti l’ultimo treno dopo le undici sperando…». Quella sera va bene: c’è una ragazza che deve andare in via San Mama.

Per arrotondare le entrate si possono cedere le fiancate immacolate delle auto (bianche per obbligo di legge) agli sponsor. Diversa invece la natura dell’adesivo comparso nel 2014 sui taxi della cooperativa. Trovò spazio il logo di Ravenna 2019, in piena corsa verso il titolo. E nel dossier consegnato alla commissione internazionale c’era un progetto per corsi di lingua inglese e corsi di formazione in caso di vittoria: ai driver locali avrebbero dato nozioni per migliorare le proprie conoscenze nelle lingue straniere ma anche gli strumenti e le informazioni per saper rispondere a eventuali quesiti, da parte di turisti e visitatori, sugli appuntamenti in programma.

Non c’è Uber a torturare la serenità del taxista ravennate ma ci sono, come detto, le tariffe bloccate da troppo tempo e qualche abusivo che spunta soprattuttto nel periodo estivo. Pericoli da poco. Roba che non merita certo uno sciopero: «Non faremmo altro che rovinarci l’immagine. A Ravenna se si fermano i taxi non se ne accorge nessuno. Se ne accorgerebbero solo i pochi clienti che hanno bisogno e ci faremmo una figura pessima».

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