Per un 8 marzo politico: sciopero, manifestazione in piazza e abiti fucsia

L’iniziativa lanciata dalla rete “Non una di meno”. In programma anche iniziative per chi non può astenersi dal lavoro

Sarà coinvolta anche Ravenna, grazie all’assemblea che riunisce circa una cinquantina di persone, in gran parte ma non esclusivamente donne, nello sciopero internazionale indetto l’8 marzo sotto lo slogan “Non una di meno”. Una rete nata in Italia dall’unione della rete dei centri antiviolenza, Io Decido e dall’associazione femminista Udi, che ha dato vita lo scorso novembre alla manifestazione del 26 novembre a cui hanno partecipato 200mila persone (tre i pullman solo da Ravenna) e all’assemblea nazionale a Bologna del 4 e 5 febbraio. Da quel movimento è nata la piattaforma in otto punti per declinare anche in Italia lo slogan nato in Argentina e che porterà a scioperi e manifestazioni in 40 paesi nella Giornata internazionale della Donna.

Abbiamo incontrato Luana Vacchi e Barbara Domenichini alla Casa delle Donne di Ravenna per capire meglio come si articolerà l’evento sul territorio e le ragioni di questa manifestazione. «Al momento abbiamo l’adesione dei sindacati di base e della Flc Cgil, ma poiché siamo consapevoli che per molte donne non è possibile scioperare o per ragioni contrattuali o perché il loro sciopero metterebbe di fatto in difficoltà altre donne abbiamo pensato anche ad altre varie forme di mobilitazione». Vacchi, insegnante, e Domenichini, dipendente comunale, sciopereranno entrambe. «Anche se – dice Domenichini – mi dispiace doverlo fare aderendo all’iniziativa di un sindacato che non è il mio, visto che non tutta la Cgil aderisce, ma pazienza».

Tra le forme alternative di protesta ci saranno anche astensioni simboliche di cinque minuti dal lavoro, come stanno cercando di organizzare alcune avvocate in tribunale coinvolgendo anche il personale amministrativo e chiedendo di poter esporre le ragioni dello sciopero prima delle udienze. Lo stesso avverrà nei prossimi giorni anche prima delle lezioni all’università, a Ravenna. E a tutti gli insegnanti viene chiesto di dedicare nei giorni a ridosso dell’8 marzo una lezione per spiegare il significato storico di questa data, a cui con questa manifestazione si sta cercando di restituire anche un significato politico, più che di festa delle mimose.

Ma l’invito forse più importante, per chi sciopera e per chi non può o non vuole farlo, è innanzitutto quello di indossare qualcosa di nero e fucsia (il nero delle donne polacche, spiegano, il fucsia delle americane che manifestano contro Trump) e ritrovarsi tutte e tutti in piazza del Popolo alle 18. Durante la mattina attiviste saranno ai banchetti informativi in centro e all’Esp di Linea Rosa (la cui sede sarà aperta a chi voglia visitarla dalle 9 alle 15 mentre resterà chiusa nel pomeriggio) e della Cgil e dell’Udi per distribuire i volantini e spiegare le ragioni della manifestazione che nascono originariamente da un no alla violenza sulle donne.

Resta forse il dubbio che “Non una di meno” sia un slogan che si concentra molto sul tema della violenza sulle donne e ci si potrebbe chiedere se non sia un modo riduttivo di affrontare la complessa questione della mancata parità fra sessi. In fondo, il diritto alla vita e all’incolumità in Italia non è messo in discussione da nessuno. «In realtà – spiegano le due femministe – si parte dalla violenza sulle donne per parlare di violenza in una serie di altri campi e la manifestazione si basa su una piattaforma articolata in otto punti dove si parla di diritto alla parità sul lavoro, di come le donne sono spesso le prime vittime della povertà, delle difficoltà delle donne migranti, spesso due volte escluse, in quanto donne e in quanto migranti, della tutela alla salute come l’applicazione della legge 194, di educazione, formazione e informazione. Purtroppo il punto è proprio che non si può mai dare nulla di assodato e conquistato per sempre e la situazione è tutt’altro che incoraggiante».

Dal 9 marzo il movimento Non una di meno passerà poi alla stesura di una piattaforma nazionale su questi temi che include anche una regolamentazione omogenea e finanziamenti certi per i Centri antiviolenza e il recepimento effettivo della Convenzione di Istanbul, di fatto non applicata, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Perché la sfida non si ferma qui e Domenichini si dice fiduciosa, nonostante lo scetticismo iniziale, che questa volta l’esperienza possa proseguire positivamente a differenza di quanto accaduto al movimento Se non ora quando, scomparso dal territorio ravennate a seguito di scontri interni di potere tra i vertici. «La differenza che noto maggiormente rispetto alle esperienze precedenti – dice Domenichini – è che qui non sono entrate in contrasto due culture femministe di epoche diverse e il progetto comprende anche uomini e il movimento Lgbt che ha sicuramente contribuito ad allargare i confini e gli orizzonti».

«Non a caso – conclude Vacchi – c’è chi definisce quello dell’otto marzo lo sciopero dei generi e dai generi».

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24