sabato
14 Giugno 2025
la polemica

Quei dirigenti temporanei, in Comune da quasi vent’anni, «fino alla pensione d’oro»

Ancisi (Lista per Ravenna) contro il sistema che ha portato anche alla conferma di sei dirigenti su otto da parte del sindaco

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Da vent’anni a Ravenna non si fa un concorso pubblico per il ruolo di dirigente comunale e dei 17 in carica oggi circa la metà sono, in teoria, a termine, ossia nominati dalla politica. A ricordarlo è il decano dell’opposizione, Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna, che in una nota inviata alla stampa torna così sulle ultime otto nomine del nuovo sindaco Michele de Pascale, sottolineando innanzitutto come sia stato fatto comunque tutto rispettando le norme.

«Risale al 2000 il testo unico delle leggi sui Comuni che ha offerto ai sindaci il grimaldello antisistema: facoltà di assumere dirigenti fuori ruolo, per la durata del proprio mandato, in numero non superiore al 30% dei posti di pianta organica», ricorda Ancisi. «Da allora – continua –, a Ravenna non è più stato fatto un concorso da dirigente come comanda la Costituzione. Tre di ruolo, rimasti dalle assunzioni tra il 1991 e il 1997, sono una specie di riserva indiana; si aggiungono ad essi sei dirigenti di ruolo trasferiti successivamente a Ravenna da Comuni compagni: di ruolo in tutto nove». De Pascale ne ha potuti assumere altri otto (sei dei quali confermati rispetto a quelli scelti dal suo predecessore Matteucci) in quanto rappresentano il 30 percento di cui sopra della pianta organica, che ne prevede 28.

«Dal Palazzo – accusa Ancisi – ci raccontano che sono stati bravi ad avere tagliato tanti dirigenti. Ma i 17 di oggi bastano e avanzano, perché dall’era del sindaco Mercatali metà dei servizi del Comune sono finiti nella selva oscura delle società partecipate, dove nuovi dirigenti hanno trovati ottimi pascoli. Man mano che i vecchi dirigenti comunali di ruolo cessano, i loro posti restano tutti scoperti, così da consentire al sindaco di assumerne 8 a piacimento. La regola (dirigenti di ruolo per concorso) è stata dunque stravolta dall’eccezione (dirigenti precari per nomina politica). Lo spirito della legge era che i dirigenti assunti al seguito del sindaco se ne tornassero alle origini finito il suo mandato di cinque anni». Non a caso, secondo Ancisi, «la stessa legge prevede che il loro già cospicuo stipendio dirigenziale sia integrato da una indennità che tiene conto, come nelle grandi aziende private, dell’handicap rappresentato dalla “temporaneità del rapporto”. A Ravenna, invece, ogni sindaco Pd non solo se li tiene anche per il suo secondo ed ultimo mandato, ma li passa tutti al compagno successore, finché non vanno in pensione. Dunque, i dirigenti precari nominati dal sindaco ricevono uno stipendio maggiore, a parità di anzianità di servizio, rispetto a quelli di ruolo assunti per concorso. Pure i loro premi, superiori anche largamente ai dirigenti fissi, sono in certa misura pensionabili. Cosicché, per esempio, il più premiato storicamente, Carlo Boattini, direttore generale dal 2006, è potuto andare in pensione quest’anno portandosi dietro i 18.690,12 euro del premio riconosciutogli nel 2016».

Qui sotto il quadro degli attuali dirigenti “temporanei”, ri-assunti da De Pascale, nel caso portino a termine il contratto fino al 2021.

«La tragedia sta in due gravi conseguenze – continua Ancisi –. Il testo unico fissa come canone di sistema la totale autonomia della dirigenza nella gestione dei servizi e dei personale, ma soprattutto sui loro provvedimenti (11.980 nel 2016!) e sulle certificazioni di regolarità che devono apporre sugli atti del consiglio, della giunta comunale e del sindaco (1.280 nel 2016). Ma i dirigenti a contratto possono essere autonomi, quando non sono eroi, se dipendono dal sindaco la loro vita professionale/familiare, nonché una carriera e una posizione di lavoro che può aumentarne o ridurne notevolmente i compensi, e se i premi di risultato sono definiti da una commissione “indipendente” nominata dal sindaco? Oltretutto, De Pascale ha ridotto, rispetto ai predecessori, la durata del loro contratto da cinque a tre anni, eventualmente rinnovabili per gli ultimi due del suo mandato. Ha così ridotto di due metri la catena dell’autonomia. Siccome i dirigenti a contratto sono sempre sostanzialmente confermati negli stessi posti di comando, come la mettiamo con l’Anticorruzione e con la riforma della pubblica amministrazione che ne vorrebbero la rotazione dopo quattro anni, prorogabili al massimo di due a certe condizioni? Anche questo principio era nelle promesse di cambiamento di De Pascale».

«La legge, infine – termina Ancisi – non dice che deve essere il sindaco in persona a scegliere i nomi dei dirigenti al suo seguito, e nemmeno ne definisce la procedura di “selezione”, qual è stata appena applicata a Ravenna. Lo dice un regolamento del Comune approvato dalla Giunta comunale, che l’opposizione ha dunque conosciuto solo dopo che è andato su internet».

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