Finanziamenti alla cultura, il dirigente: «Con i bandi c’è un punto di equilibrio»

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Maurizio Tarantino

Tarantino: «Terremo conto anche della capacità di attrarre pubblico, ma la qualità resta il primo requisito»

Il dirigente che ha curato la redazione dei bandi per le convenzioni culturali e che presiederà a tutte le commissioni che dovranno stilare le graduatorie è Maurizio Tarantino, da marzo titolare di un incarico che lo vede anche nei panni di direttore della biblioteca Classense e del Mar e che abbiamo incontrato per chiedere alcuni dettagli rispetto a quanto deciso.

Leggendo i requisiti richiesti a chi potrà partecipare, si può già immaginare l’elenco e sembra garantita innanzitutto la continuità. Allora perché fare i bandi e non continuare con il sistema delle convenzioni ad affidamento diretto?
«Con questo strumento abbiamo cercato di trovare un equilibrio tra una consolidata giurisprudenza che chiede l’utilizzo di procedure aperte e trasparenti e la necessità per un Comune di finanziare progetti culturali e anche di garantire continuità a chi lavora sul territorio in questo ambito, pur aprendo a nuove realtà che ci aspettiamo facciano domanda. Non si tratta di una gara di appalto, questo va chiarito, e quindi non ha le rigidità che un simile strumento avrebbe imposto».

C’è comunque un sistema di premialità rispetto a parametri anche economici. Per esempio par di capire che chi chiederà al Comune di coprire le spese degli eventi in percentuale minore rispetto al 70 percento otterrà un punteggio più alto…
«Certo, anche perché questo permette di ampliare il numero di realtà finanziate. In generale, credo che questo sistema possa essere di stimolo per diverse realtà a sviluppare una migliore progettualità, una rendicontazione più accurata e anche la capacità di mettersi insieme».

Vengono in effetti premiate anche le reti. Non si rischia però di imporre dall’alto unioni e matrimoni forzati?
«No, perché a nessuno viene chiesto di rinunciare alla propria autonomia artistica, ma di dar semplicemente luogo a possibili economie, magari ragionando su come mettere insieme aspetti gestionali che possono andare dal commercialista alla comunicazione».

Altro merito sarà quello di saper programmare senza sovrapporsi. Ma come può, chi partecipa adesso, conoscere i calendari altrui? In teoria nemmeno sa chi si presenta, tanto meno chi sarà finanziato…
«Beh, innanzitutto ci sono date che invece sono già note, a prescindere. Ma in generale la nostra idea è soprattutto quella di spingere perché gli eventi non si concentrino tutti a primavera e in autunno, ma coprano anche altre stagioni. Un po’ come faremo al Mar con la mostra: sappiamo bene che spostarla in autunno è più rischioso e che le mostre a primavera fanno più visitatori. Ma a primavera i visitatori a Ravenna vengono comunque».

Chi partecipa al bando potrà avere finanziamenti anche da altri “rami” del Comune? Oggi per esempio ci sono iniziative finanziate dalle Politiche giovanili, dall’Istruzione o dal Decentramento che hanno chiari contenuti culturali. E nel bando è specificato che il coinvolgimento dei giovani, del territorio, degli studenti, sarà motivo di punteggio. È un tentativo di riordino?
«In un certo senso sì, per il momento diciamo che chi partecipa a questo bando non potrà chiedere altri finanziamenti all’Amministrazione per lo stesso progetto. Nella domanda dovrà essere compreso tutto, dalle sale all’occupazione del suolo pubblico, all’uso del centro stampa».

Perché una parola come “multiculturale” viene usata solo nel capitolo riguardante la musica come elemento di punteggio? Di questi tempi, non ci si poteva aspettare di vederla citata più spesso?
«È vero, nel capitolo sulla musica è esplicitato, ma in tutti gli altri casi è comunque sottinteso, basta leggere le linee guida per capirlo».

Chi partecipa dovrà anche rendere conto di quanto pubblico ha partecipato agli eventi nelle passate edizioni. Come si calcola quando non ci sono biglietti? E anche: chi non è in grado di attrarre grandi folle sarà sfavorito? Non si rischia di penalizzare le realtà magari più sperimentali e innovative?
«Chiediamo a tutti di calcolare le presenze e di spiegarci con quale metodo le calcolano, che siano i biglietti o l’occupazione delle sedie di una sala. E di questo aspetto terremo conto in relazione alla qualità della proposta, che resta la prima voce. Siamo consapevoli che alcune tipologie di eventi non possono che rivolgersi a nicchie di pubblico»

In questa partita di finanziamenti rientra in qualche modo anche Dante 2021?
«No, per le celebrazioni dantesche, essendo Dante un’icona mondiale, ci saranno finanziamenti ad hoc e soprattutto il coinvolgimento di realtà esterne di alto profilo, accanto a tutto ciò che può produrre la città e che sarà, naturalmente, incoraggiato».

Annosa questione: la tempistica. Molte stagioni sono già iniziate con soggetti che hanno in corso la convenzione vecchia e non sanno se saranno confermati. Non si poteva proprio anticipare o al limite prorogare le convenzioni in essere e far partire il bando da metà del prossimo anno? Anche perché tra cinque anni, si rischia di essere esattamente nella stessa situazione. Misure precise sono state chiarite per la prosa, ma cosa ne sarà per esempio del comico? O del teatro per i ragazzi all’Almagià?
«Ci siamo posti naturalmente il problema, ma bisogna darsi un punto di partenza e in qualunque parte dell’anno si sarebbe fatto scontento qualcuno, sono molti i festival che si svolgono in altri periodi. Il punto è che i nostri bilanci sono fatti ad anni solari. A tutti è stata ovviamente garantita la copertura fino al 31 dicembre, fortunatamente molti di questi soggetti per costruire le proprie stagioni possono contare anche su altre fonti di finanziamento. In un certo senso, la garanzia di un finanziamento per cinque anni e di una certa stabilità ai soggetti convenzionati deve anche servire a facilitarli proprio nel reperimento di altre risorse».

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