Patti per i beni comuni, i cittadini partecipano alla gestione della cosa pubblica

Diciotto accordi tra Palazzo Merlato e volontari per tutelare parchi, monumenti, quartieri, giardini, case popolari. L’assessora: «Torniamo all’idea che certe cose sono di tutti e non di nessuno». La testimonianza di una partecipante: «Lamentarsi non innesca cambiamenti, l’esempio vale più delle parole»

Il più noto è forse quello dell’Amata Brancaleone, gruppo di cittadini che ha avuto il grande merito di accendere i riflettori sulla situazione di degrado di un luogo storico e simbolo della città che oggi è in piena rinascita. Ma ci sono anche cittadini che a Classe hanno recuperato l’area della vecchia pesa e oggi organizzano eventi durante l’estate, mentre a Lido Adriano un gruppo di persone che include tanti richiedenti asilo pulisce regolarmente le vie della località, soprattutto a fine stagione. Poi ci sono le associazioni che tengono aperta e viva la Casa delle Donne, gli abitanti di Piangipane che hanno recuperato un immobile pubblico in stato di abbandono per farne la sede delle associazioni di volontariato e organizzarci cre estivi. E ancora, ci sono gruppi informali attivi in via Tommaso Gulli e gruppi che si prendono cura di singoli monumenti dall’alto valore simbolico, giardini, installazioni. Sono in tutto diciotto i gruppi formali e informali che hanno sottoscritto con il Comune di Ravenna un patto di collaborazione per i beni comuni. A fine settembre sono stati ricevuti in municipio per una giornata di festa ma anche di scambio di idee.

Nel 2016 il Comune ha adottato il Regolamento per la collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, strumento che consente ai Comuni di sostenere e valorizzare le azioni di cittadinanza attiva, piccole e grandi, sia da parte di associazioni ma anche di gruppi informali di cittadini e anche di singoli cittadini. Da allora allora il Comune di Ravenna ha sottoscritto 21 patti di collaborazione, 18 dei quali tuttora attivi e 3 conclusi (qui la mappa completa), che vanno dalle forme più semplici (cura del verde ed eventi di animazione) a forme molto complesse come la rigenerazione e la gestione di immobili (inutilizzati) che sono stati restituiti alla comunità (alcuni esempi virtuosi su tutti la Casa dei volontari di Piangipane, la Pesa di Classe, la Casa delle donne). I cittadini beneficiano di semplificazioni e agevolazioni (sostanzialmente esenzioni o tariffe ridotte) di tipo burocratico/amministrativo. Dallo scorso anno l’assessorato alla Partecipazione pubblica un bando contributi a sostegno dei firmatari dei patti di collaborazione. Durante l’incontro sono stati firmati 6 nuovi patti di collaborazione ed è stato presentato il bando 2019 dedicato ai gruppi firmatari dei patti, per avere accesso a delle risorse messe a disposizione dal Comune di Ravenna per le spese legate alle loro attività di cura dei beni comuni.

MorigiValentina Morigi è l’assessora con la delega alla Partecipazione nella giunta di Palazzo Merlato. A lei chiediamo le ragioni più politiche della scelta di investire su queste prassi relativamente recenti e non diffuse in modo sistematico in tutto il Paese. «La delega nacque nel 2011 – ci spiega Morigi – quando furono soppresse le Circoscrizioni e si pensò di accompagnare il percorso che portò ai consigli territoriali ampliando le possibilità di partecipazione dei cittadini alla gestione dei beni comuni. Da allora come Comune abbiamo investito in una prestazione di servizio tramite un  bando di gara per operatori che si occupano di facilitare la partecipazione (del valore di circa 50mila euro l’anno compreso il servizio di mediazioni e di Cittattiva, ndr) e abbiamo anche una facilitatrice che lavora in Comune. Da due anni, abbiamo deciso di stanziare anche un budget per coprire le spese vive dei gruppi che che firmano i patti per i beni comuni, si tratta di un budget di 15mila euro». Ma “approfittare” così della buona volontà e del tempo di cittadini volontari non è un po’ comodo per il Comune? Pulire strade o parchi o animare aree della città non dovrebbe essere un servizio erogato e pagato dal Comune? «Noi veniamo da una storia in cui negli anni Settanta i comitati dei genitori gestivano le mense scolastiche. Per un certo periodo il bene comune era considerato di tutti, poi è seguita una fase in cui sembrava non essere più di nessuno. Ora, credo invece che queste esperienze ci riportino all’idea che il bene comune è appunto di tutti. Inoltre servono a indicare carenze e bisogni  e a far tornare l’idea che l’Amministrazione non è un semplice erogatore di servizi. Questi patti avvicinino l’Amministrazione ai cittadini, che pportano idee e bisogni che possono essere d’esempio per noi, sono come “fari”. Pensiamo per esempio alla bellissima esperienza del frutteto sociale voluto dagli studenti universitari. Credo sia un bene che il cittadino non sia solo beneficiario di prestazioni, ma possa compartecipare al governo del territorio. E credo che queste prassi siano anche utili a combattere la crisi di rappresentanza di cui spesso si parla».

L’associazione Pensiero magico, l’asilo Tante Lune e l’associazione Move-Menti sono i firmatari di uno dei patti con il Comune di Ravenna per la tutela di un bene comune, in questo caso il giardino Bucci in via Pier Traversari, attiguo all’asilo in questione. Qui ci organizzano letture (il primo appuntamento è stato giovedì 10) in collaborazione con la libreria Momo, merende con i biscotti fatti in casa, momenti di incontro e l’annuale appuntamento del raduno dei cavalli a dondolo che riscuote sempre più successo.

19 09 26 Patti Beni ComuniTra le volontarie c’è Kim Santi, mamma di una bimba che frequenta il Tante Lune, lavoratrice, cittadina ravennate che ama la propria città e che ha deciso di impegnarsi in prima persona nella tutela di questo spazio. «Si tratta di un giardino che era stato lasciato in stato di abbandono, anche se si trova in un angolo importante del centro storico della città, vicino a un parcheggio dove arrivano anche tanti turisti – ci spiega – per questo abbiamo pensato che fosse importante fare il possibile per animarlo. Il nostro sogno, in futuro, è addirittura arrivare a un’installazione con l’acqua di Luigi Berardi perché qui, un tempo, scorreva il Padenna. In generale cerchiamo sempre di fare cose che rispettino e siano in sintonia con la storia del luogo».

E quello che già accade è che oltre alle dade dell’asilo che ogni mattina si occupano della pulizia del parco, c’è appunto un gruppo di genitori, in tutto una ventina, che si danno da fare per renderlo fruibile e farlo conoscere. Perché la scelta di mettersi in gioco in prima persona invece che andare a lamentarsi in Comune? «Personalmente credo che la lamentela non inneschi un cambiamento. Facendomi carico di quello che posso fare, credo così di poter chiedere al Comune di fare la propria parte in modo più autorevole perché parlo di ciò che conosco.  L’altro aspetto va ben oltre il Comune, perché il degrado, quello per esempio dovuto a chi porta i cani in quell’area nonostante il divieto, siamo noi cittadini spesso a crearlo con l’incuria ed è proprio questo che secondo me va scardinato, su questo speriamo di sensibilizzare i cittadini». Santi racconta anche dell’incontro con gli altri gruppi che hanno stretto patti con il Comune: «Ho scoperto che a Ravenna ci sono tanti cittadini che si danno da fare per cose anche molto originali e importanti, penso per esempio a chi si occupa della pista delle biglie al Teodorico, e credo sia un modo per dire a tutti e anche al Comune che cambiare le cose è possibile».

Ma ci sono mai momenti di stanchezza, tensione, qualcuno che se ne va sbattendo la porta? «Non posso negare che a volte sia faticoso, anche perché siamo appunto un gruppo informale e molto democratico e magari a volte le discussioni possono diventare lunghe e impegnative, ma i pro sono sicuramente più dei contro e no, in questo anno e mezzo non ho mai visto nessuno sbattere la porta». E così queste madri e questi padri, convinti anche che per crescere i propri figli l’esempio valga più di tante parole, continuano a riunirsi al parco o a CittAttiva per organizzare eventi senza che questo sia il loro mestiere, coinvolgendo magari i negozianti e le altre realtà della zona per allargare la rete e restituire un bene comune a tutti.

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