Valle della Canna, il centrodestra: «Gestione inefficiente e allarme sottovalutato»

Giovedì ci sarà la commissione consiliare. «Il Comune e il Parco hanno lasciato che l’acqua marcisse. Non assolti i compiti previsti dai regolamenti»

«Dal 2013 quando è cessata la gestione della valle da parte dell’ associazione “L’ Arca”, non si è avuta alcuna efficiente gestione idraulica della valle, lasciando così che le acque letteralmente marcissero, con la morte conseguente di tonnellate di piante acquatiche e pesci. Ma che la situazione degenerasse si deve anche all’ inadeguata vigilanza da parte di chi ha avuto in carico la gestione della valle: Parco del Delta e Comune». Questa è l’accusa del centrodestra (LpRa, FI e Lega) che in mattinata ha organizzato una conferenza stampa per fare il punto sulla moria di uccelli nella valle della canna. Il 14 novembre è in programma una commissione consiliare in cui si farà un primo punto sul tema.

La carenza d’acqua «non ha consentito di limitare al massimo i danni, immettendo tempestivamente nella valle acqua non contaminata. I primi decessi di uccelli avrebbero dovuto far scattare immediatamente gli allarmi. Basti dire che il 5 settembre sette carcasse di anatre erano arrivate all’Istituto Zooprofilattico, dalle cui analisi di competenza sono risultate positive ai clostrìdi, produttori di tossine botuliniche. Tutto questo è avvenuto senza rispettare il Piano di gestione del sito di Rete Natura 2000 Punte Alberete-Valle Mandriole, approvato dall’ente Parco, in cui sono puntualmente indicate le criticità del sito e dettate le soluzioni. Ignorate anche le direttive del Piano di Stazione del Parco “Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna”, approvato il 18 giugno 2019; mentre largamente non assolti sono stati i compiti di gestione e di esercizio delle attività e delle opere necessarie alla tutela della valle, quasi totalmente assegnati al Comune tramite una convenzione stipulata il 12 giugno 2018 tra la giunta comunale e l’ente Parco».

Per l’opposizione  si deve soprattutto delle associazioni dei cacciatori se sono stati raccolti 2.200 uccelli morti e 200 vivi, di cui 160 restituiti al volo. «Ma l’emergenza non è finita. L’innalzamento del livello idrico è stato operato prima che le carcasse fossero tutte asportate, dimodoché moltissime sono rimaste nel fondale. In tal modo, la tossina botulinica, presente nelle larve delle mosche sugli uccelli morti, è rimasta copiosamente sul posto. Esiste dunque un’alta probabilità che il botulismo si ridiffonda nel prossimo periodo estivo, quando i livelli dell’acqua ridiscenderanno, se non si provvederà a gestire finalmente in modo tecnicamente adeguato i flussi e i livelli idrici della valle. Occorre che il Parco certifichi formalmente, col supporto di Arpae, assumendosene la responsabilità, che il rischio di infezione dal botulino è terminato, o da quando lo sarà; ma soprattutto che Regione, Parco e Comune di Ravenna diano risposte certe su come intendono risolvere il rischio che uccelli giunti da altre zone umide ne allunghino la moria».

L’opposizione ritiene che «sarebbe di importanza strategica: sbarrare il fiume Lamone a valle del sistema paludoso, per interrompere così la risalita del cuneo salino e creare un ulteriore bacino di accumulo di acque dolci disponibili; acquisire i diritti di presa delle acque del fiume Lamone dallo sbarramento del Carrarino; realizzare una presa d’acqua da tale fiume, preferibilmente sull’argine sinistro, a monte dello sbarramento, con la quale, tramite la savanella o un tubo, la valle verrebbe alimentata dall’angolo sud/ovest, in perfetta contrapposizione con lo scarico verso lo scolo Rivalone».

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