A pochi giorni dalla fine della scuola – proseguita con la didattica a distanza – e a un mese esatto dall’inizio degli esami di maturità, il Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato l’ordinanza in cui ha chiarito lo svolgimento della prova d’esame in presenza e le misure di sicurezza da adottare per lo svolgimento in sicurezza.
I tempi sono stretti, anzi strettissimi, per espletare la procedura completamente diversa da tutte le tipologie degli esami precedenti: sono tre anni consecutivi che l’esame di stato è stato rivoltato ogni volta come un calzettino ma, come ogni tornata, i docenti si sono riadattati, hanno riprogrammato obiettivi e percorsi, tirato fuori prove dal cappello a misura delle richieste del Ministero, giunte sempre alla fine dell’anno scolastico quando la programmazione stava terminando.
Ma in tempi di Covid-19 l’emergenza giustifica la Ministra Azzolina che, però, poteva fare qualcosa di meglio: ispirarsi ad esempio in modo più stringente al senso pratico di quei latini di cui ama così spesso citare le parole. Deciso – per fortuna – che gli esami delle scuole medie avverranno a distanza per via telematica, rimangono in ballo 1 milione fra studenti e accompagnatori coinvolti negli esami di maturità – questi i dati stimati dal dottor Miotto della Protezione civile che collabora al Miur – insieme a 70.000 docenti e dirigenti scolastici, senza contare il personale di segreteria, i collaboratori scolastici, i tecnici di laboratorio necessari allo svolgimento delle prove. I numeri sono tali da far tremare polsi e vene ma l’idea della Ministra è che l’esame vada comunque fatto in presenza perché i dati epidemiologici sono positivi, anche se si riferiscono ad un periodo precedente alla fine della fase 2.
Il secondo motivo per la Ministra è che la prova di maturità costituisce “un passaggio alla vita adulta” che tutti si ricordano. Peccato che anche gli esami di laurea siano una prova decisiva della vita e che ancora adesso tutti siano fatti rigorosamente a distanza e con un numero molto più basso di persone.
Peccato ancora che nelle interviste la Ministra abbia più volte utilizzato la parola “test” per questi esami di maturità, definendola esplicitamente una prova che ci darà il tasso di efficacia del ritorno a scuola a settembre, come se fare da cavie sia il sogno principale dei lavoratori della scuola e di ogni studente poco più che maggiorenne.
Peccato che i docenti coinvolti negli esami siano per la maggior parte individuati nella categoria dei lavoratori “fragili” dallo stesso Decreto Italia perché ormai “grandicelli”, ovvero dai 55 anni in su. Quelli che – si consigliava – dovessero lavorare a distanza se le condizioni di lavoro lo permettevano, come si è fatto fino ad ora.
Peccato che non si trovino i presidenti di commissione d’esame nonostante l’appello dei direttori regionali ai dirigenti scolastici e la riapertura dei termini delle domande. In qualche modo si farà, anche se un fattore a discapito non è solo l’età – quasi tutti i presidenti appartengono alla categoria dei grandicelli, alcuni già in pensione – ma anche la responsabilità – quanto civile e penale? – che si assumono assieme ai Dirigenti nella verifica dell’applicazione del protocollo sulla sicurezza prima dell’insediamento della commissione. Distanziamento fisico e igiene sono le formule di contrasto al Covid-19 inserite nel protocollo diffuso assieme all’ordinanza degli esami ma il documento pone tali dubbi da spingere la Flc-Cgil di Ravenna a richiedere con urgenza degli incontri con i dirigenti scolastici per verificarne le condizioni e probabilmente richiedere misure più stringenti.
Il senso di responsabilità a cui ha fatto appello la Ministra più volte rivolgendosi al personale della scuola è talmente cromosomico nei docenti che pochi si sono preoccupati di richiedere maggiori garanzie: dato il sacrificio di medici e infermieri – citati a paragone più volte dalla Ministra – ora si chiede ai lavoratori della scuola di fare altrettanto. Tutto andrà bene anche per loro, Ministra?
Sull’igiene delle mani ormai abbiamo capito e le scuole hanno già predisposto dispenser a pioggia. Le scuole daranno mascherine ai docenti e ai presidenti di commissione ogni giorno ma non i guanti, perché “basta l’igiene”. Non così a studenti e accompagnatori a cui basterà una mascherina portata da casa, anche fai da te. In virtù di una pensata geniale, agli studenti verrà concesso il diritto di abbassare la mascherina durante il colloquio, se lo vogliono: non so se esiste una Madonna degli starnuti e della tosse ma per certo diventerà l’avvocata di tutti i docenti d’Italia che a lei si rivolgeranno per impedire alle famose particelle in sospensione di superare le soglie dei dispositivi in dotazione (che, sappiamo, non difendono chi le porta). Ma basterà stare in una stanza arieggiata, dice il documento tecnico.
A due domande importanti poste dai giornalisti però, la Ministra non ha mai risposto: la prima sull’ampiezza delle aule entro cui posizionare da un minimo di 8 a un massimo di 10 persone – tanti sono i partecipanti all’esame contando sei prof, il presidente, il candidato, l’eventuale accompagnatore e un docente di sostegno per i ragazzi che ne hanno diritto – con una distanza minima di 2 metri l’una dall’altra. Facendo qualche calcolo a mente, le aule dovrebbero essere ampie circa una quarantina di metri quadri, una notizia che affascina perché sospettiamo che la Ministra possieda una bacchetta magica: Hogwarts infatti ha quelle aule, le scuole italiane no.
A Ravenna non tutti gli istituti possono contare su aule magne e palestre o su laboratori (sempre che siano svuotabili) che comunque non sarebbero in numero sufficiente per almeno 4 commissioni di media. E la soluzione affascinante degli esami all’aperto cozza con la necessità di avere computer per i docenti e per il candidato durante l’esame.
La sanificazione prevista dal Ministero è solo a fine giornata, scelta non condivisa dalle aziende che da tempo seguono le scuole in tema di sicurezza: il consiglio che hanno dato è quello di disinfettare i dispositivi utilizzati ad ogni cambio di candidato, togliendo e mettendo pellicole protettive, un’operazione che dovrebbe essere fatta in sicurezza dai collaboratori scolastici.
Un ultimo consiglio giunto dai laboratori di medicina del lavoro di Ravenna alle scuole del territorio è l’ipotesi di verificare in modo certo la positività al test Covid-19, almeno del personale scolastico e prima degli esami, sempre su base volontaria.
Alla Ministra e al suo staff basta un’autocertificazione individuale da parte degli studenti e dei loro accompagnatori: oggi non ho la febbre, negli ultimi 14 giorni non sono stato in quarantena e non ho avuto contatti con persone malate per quanto ne sia a conoscenza. Quel “per quel che ne so” non tranquillizza, anche alla luce di notizie purtroppo certe di alcuni studenti che recentemente sono stati vittime del Covid e stanno superando il periodo di quarantena. Viceversa, altri ragazzi invece presentano patologie importanti per cui una esposizione al Covid potrebbe essere anche letale, ma a meno che non siano ricoverati in un ospedale il protocollo non prevede per loro alcuna esenzione dalla presenza.
Un test almeno per il personale, per quanto non metta al riparo da eventuali ricadute, potrebbe accertare che hic et nunc – citando Azzolina – stanno tutti bene e che forse tutto andrà bene.