A Marina operano i ricercatori del centro Cestha: «Proficua collaborazione con i pescatori. Orgogliosi di aver salvato da una polmonite una tartaruga: le abbiamo fatto anche l’aerosol durante il lockdown…»
«Il nostro mare? Diciamo che potrebbe passarsela meglio». Parola di Simone D’Acunto, direttore di Cestha, centro sperimentale per la tutela degli habitat di Marina di Ravenna, privato «ma riconosciuto da ben tre ministeri». Si tratta di un gruppo di ricercatori e biologi marini che si occupa di progetti legati alla salvaguardia del mare nelle sue varie forme.
Quelli che, tanto per intenderci, hanno preso in cura la scorsa estate il trigone colpito a bastonate da un bagnante di cui tanto si è parlato sui giornali, anche a livello nazionale. «Lo ribadiamo, i trigoni non sono pericolosi – spiega il direttore di Cestha – e presto torneranno sotto costa per compiere l’atto riproduttivo, anche nell’acqua alta 20 cm. Il loro pungiglione è solo un’arma di difesa, come i denti del cane, che usano quando si sentono minacciati. Vanno lasciati in pace. Allo stesso modo rinnovo l’appello ai genitori a spiegare ai propri figli che non si deve giocare con granchi o meduse, che metterli in un secchiello potrebbe ucciderli. Limitiamoci all’osservazione». E, in caso di necessità, alle segnalazioni. «L’anno scorso è capitato per esempio che alcuni bagnanti ci abbiano chiamato per la presenza di piccoli di trigone a riva: è stato molto utile perché il mare era mosso, rischiavano di non farcela, siamo intervenuti e li abbiamo soccorsi, liberandoli poi al largo».
Tra i progetti portati avanti in questo periodo, anche quello legato al recupero di uova di seppia rimaste incastrate in attrezzi da pesca e che sarebbero andate quindi distrutte, ma che Cestha invece recupera e fa schiudere, per poi liberare così le seppioline in mare. «Siamo poi forse l’unico centro in Italia a recuperare i cavallucci marini, catturati accidentalmente durante la pesca della seppia: recentemente ne abbiamo ritrovati 34 in una sola notte, che curiamo e poi rilasciamo. Preferisco non dare informazioni più precise su dove si trovano, per non alimentare un mercato nero, non alimentare, che purtroppo coinvolge questa specie».
Durante il lockdown sul web sono poi apparsi i video dei delfini. «La loro presenza sulla nostra costa è appurata da anni: è in corso un lavoro di identificazione con foto della pinna dorsale, che è un po’ la loro impronta digitale. E poi va segnalata la crescita degli squali in Adriatico, con il Palombo in particolare che non se la passa benissimo in quanto a conservazione, anche perché è ancora possibile mangiarlo. Smettere di farlo, per i consumatori, sarebbe una scelta interessante…».