Crematorio di Ravenna: un estraniate e inospitale commiato per il caro estinto

Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione di Luigi De Angelis sui limiti imposti all’incontro di parenti e amici per condividere un ultimo saluto

Forno Crematorio Ravenna«Mi rivolgo al vostro giornale per una riflessione. So quanto siete sensibili e attenti nel generare dibattiti vivaci che possano trasformarsi in contributo civico e culturale per la città di Ravenna.
Non abito più a Ravenna da alcuni anni, sono residente in Belgio (sono per metà Belga e metà Italiano), ma la mia compagnia teatrale Fanny & Alexander continua a essere attiva e a produrre nel territorio Ravennate. È inutile dire che mi porto nel cuore Ravenna per tanti motivi, per cui mi fa piacere poter far sentire la mia voce su un aspetto della vita quotidiana della città.

Recentemente la mia famiglia ha attraversato un lutto perché è deceduto mio padre, Leonardo De Angelis. La sua volontà è stata quella di esssere cremato.
L’esperienza del funerale ha generato in me e nella cerchia di persone che hanno accompagnato la salma fino al cimitero, presso l’impianto di cremazione alcune considerazioni e domande.

Funerale Laico LuceLa conformazione architettonica dell’impianto di cremazione del cimitero di Ravenna non prevede un luogo o camera del commiato per i parenti e la cerchia di amici. Nel momento in cui si arriva alla sbarra dell’impianto bisogna ovviamente scendere dall’auto, ma non esiste una camera o stanza o giardino o recinto in cui raccogliersi un’ultima volta per un saluto collettivo. Il “rituale” consiste in alcuni passaggi tecnici da farsi con gli impiegati (gentilissimi e disponibilissimi dell’Aser), fuori da una porta-garage, sul lato destro dell’edificio, dove si firmano dei documenti per la consegna delle ceneri, la bara viene fatta entrare, la porta del garage si chiude e si rimane tutti fuori, in un luogo di risulta, sull’erba, tra i pini (per fortuna il tempo era clemente)… È evidente che l’architettura di un tale spazio sia solamente funzionale e non accogliente, non prevede lo svolgersi di un rituale aconfessionale, alternativo a quello cattolico o a quello della tumulazione. Essendo cittadino Belga, ho assistito a rituali aconfessionali a Bruxelles in cui alla fine del funerale si può assistere al lento scivolare della bara nell’impianto di cremazione, immediatamente prima dell’incenerazione, in una stanza ampia, per almeno 50 persone, dove è possibile ascoltare una musica, vedere un video, delle immagini del parente che se ne sta andando. Un luogo che garantisca un’intimità, un rito a suo modo alternativo alla funzione religiosa in chiesa o a quello della tumulazione.

È evidente che il funerale è una rappresentazione simbolica per i vivi, ma ha una sua funzione catartica importante per la comunità degli amici e la cerchia stretta dei parenti, così come è importante la ricomposizione della salma all’interno della bara, la cura di ogni dettaglio per l’ultimo saluto. Avere un luogo dove guardarsi negli occhi, pronunciare un’ultima parola insieme. Si continua a vivere nello sguardo di chi rimane, per questo è importante avere un luogo dove potersi raccogliere, accanto al parente o amico che se ne va, giusto un attimo prima della sua tumulazione o cremazione, per testimoniare un’appartenenza, un legame, la trasformazione in atto…

Funerale LaicoLe domande che sorgono sono le seguenti: per quale motivo a Ravenna presso l’impianto di cremazione non esiste una sala del commiato per l’addio alla salma? Un luogo, un recinto, un’architettura che permetta una cerimonia laica del saluto? Per quale motivo la cremazione non può cominciare contestualmente al funerale? Esistono normative che lo impediscono, in Italia? C’è carenza di personale? Il forno non riesce a stare al ritmo dei funerali, ci sono troppe richieste? E se, per motivi tecnici, la cremazione non può essere fatta contestualmente al funerale, perché non prevedere ugualmente una stanza per una cerimonia laica del saluto, nel momento della consegna della bara? È un vuoto culturale o legislativo oppure una dimenticanza dell’architetto dell’impianto?

La mia famiglia è stata chiamata telefonicamente da Aser per poter assistere alla cremazione una mattina di qualche giorno dopo il funerale, alle 7.30. È ovvio che avvenendo vari giorni dopo il momento del funerale questa possibilità rimane assolutamente avulsa da una possibile ritualità comunitaria, è molto difficile poter prevedere una raccolta e chiamata di parenti. Da regista, attento alle scansioni e ai tempi sulla scena, che non sono mai puramente estetici, ma sempre essenziali per la profondità di un discorso, considero proprio questo strano singhiozzo temporale, questa scissione di tempi e impossibilità di una fluidità nella sequenza dei momenti del funerale, dalla camera ardente, alla chiusura della bara, all’arrivo al cimitero e impianto di cremazione e alla vera e propria cremazione a essere problematici e deficitari rispetto alle possibilità del rito cattolico tradizionale. Mi piacerebbe che una città come Ravenna, tradizionalmente attenta a contemplare le pluralità e diversità, potesse evolversi anche su questo aspetto.

Vi ringrazio fin da ora per avere accolto i miei pensieri!
Buona e lunga vita!

*Luigi De Angelis. Regista, scenografo e light designer, tra i fondatori di Fanny & Alexander, nato in Belgio e cresciuto a Ravenna, è attivo nel panorama della scena Europea in ambito teatrale e operistico.
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