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Le sfogline che diventano star su Youtube: «Così salviamo un patrimonio»

La faentina Livia De Giovanni è la “trova-nonne” del progetto Pasta Grannies, finito anche sul “New York Times”

Dimentichiamo per un attimo cuochi stellati, tronfi custodi del gusto e chef severi che fanno pubblicità alle patatine: il progetto di Pasta Grannies ci racconta un’altra realtà, quella delle nonne italiane. Impacciate e ritrose davanti alle telecamere, queste nonne, spesso ottuagenarie, non trasmettono soltanto un sapere antico che rischia di andare perduto con le nuove generazioni, ma ci raccontano qualcosa nel nostro passato.

Questo è il segreto del successo del format nato nel 2014 da un’idea dell’inglese Vicky Bennison: raccontare con semplicità il lavoro silenzioso di queste donne, che hanno passato la vita a preparare la pasta per le loro famiglie senza immaginare che un giorno la loro sfoglia avrebbe raccolto più di 720 mila followers su Youtube (il video qui sotto ha oltre 5 milioni di visualizzazioni) e che sarebbe finita sul “New York Times”.

«Ho cominciato a fare video per catturare la fisicità nella preparazione della pasta. Il canale Youtube è diventato virale e il libro che abbiamo pubblicato (il titolo italiano è “Pasta – Le ricette della tradizione”, ndr) ha vinto il James Beard Award, l’Oscar americano del cibo. Le nostre pasta grannies sono famose in tutto il mondo: specialmente le signore emiliano-romagnole», racconta la Bennison.

Dopo la pubblicazione del primo libro, uscito in italiano alla fine del 2020 per Il Castello Editore, Pasta Grannies ha in cantiere una nuova pubblicazione. Il progetto continua a crescere grazie all’impegno di due faentini che affiancano Vicky: l’operatore Andrea Savorani Neri, di stanza a Parigi, e la granny finder (ovvero la “trovanonne”) Livia De Giovanni, cuoca, il cui ruolo è essenziale per la riuscita dei video.

Vicky, in passato hai lavorato in ambito internazionale, dalla Siberia al Turkmenistan. Cosa ti ha portato in Italia?
«La mia famiglia ha una casa a Corfù e mia madre è terrorizzata dall’aereo: il modo più comodo per arrivarci in macchina è passando dall’Italia. Abbiamo conosciuto le Marche aspettando il traghetto e ci siamo innamorati della regione. Così abbiamo comprato una casa a Macerata».

Livia, come hai conosciuto Vicky?
«Lavoro come cuoca per un tour operator scozzese, Flavours Holidays, che organizza dei corsi di cucina per gli inglesi in vacanza. Grazie al mio capo, sei anni fa ho conosciuto Vicky. Quando ha saputo che viaggio molto in Italia per fare i corsi e che conosco molte persone, mi ha chiesto di collaborare. Così sono diventata una granny finder: scelgo le signore e i formati di pasta».

Com’è nata l’idea di riprendere le nonne?
Vicky:
«Quando sono venuta a vivere qui ho notato che solo le donne più anziane facevano ancora la pasta a mano quotidianamente. La loro è l’ultima generazione che ha dovuto lavorare in questo modo per assicurare il cibo alla famiglia; per le più giovani questa è una scelta. Ho pensato che fosse giusto non solo registrare le loro abilità, ma anche celebrare queste nonne, spesso invisibili per i media».

Al di là delle ricette, si può dire che hai un interesse antropologico o scientifico per la tradizione della pasta?
Vicky:
«Le tradizioni non sono scritte nella pietra, e la produzione della pasta si è spostata dalla casa al negozio o alla fabbrica. Sì, il mio interesse è antropologico, sono interessata alle donne che incontriamo. Il processo tecnico di produzione della pasta è senza dubbio affascinante – amo scoprire formati “oscuri” e dimenticati. Mettendo assieme le donne e la pasta raccontiamo una storia. Volevo creare una specie di Arca di Noè per salvarle tutte».

Qualcosa che rimanga, insomma.
Livia:
«Fare i video è importantissimo. In cucina si impara con gli occhi. Per questo a volte sento la fretta di trovare queste persone e riprenderle fintanto che sono ancora attive e indipendenti. Pensa che in Calabria, poco tempo fa, abbiamo filmato una signora di 101 anni… La cosa che mi dispiace di più è di non essere riuscita a riprendere la mia dada. Quando tornavo da scuola tirava fuori il tagliere, le uova e la farina, e cominciava a fare le tagliatelle. Lo faceva tutti i giorni e io la osservavo lavorare incantata. È morta pochi mesi prima che Vicky mi chiedesse di collaborare. Se avessi un video della Rosina che faceva la pasta, adesso saprei come imitarla. Capisci perché si parla di patrimonio?».

Come trovi le nonne, Livia?
«Dipende. In Emilia-Romagna è più facile trovarle, il rito della sfoglia ce l’abbiamo nel sangue. A Faenza il contatto avviene per conoscenza, al bar, fra amici e vicini di casa. Nelle altre regioni all’inizio c’era più diffidenza. Anno dopo anno, però, il progetto ha preso importanza e il metodo di ricerca si è collaudato: cerco paesini piccoli, contatto il sindaco e i presìdi Slow Food, mi informo sulle sagre e parlo con le Pro Loco per trovare le signore adatte. In questo modo abbiamo coperto quasi tutte le regioni italiane. Ma c’è anche la possibilità di segnalarmi nonne scrivendomi alla mail: degiovannilivia@gmail.com».

C’è una nonna che ti ha colpito più delle altre?
Livia:
«Le persone anziane sono molto semplici e spesso sottovalutano l’importanza delle loro vite. Dalle nostre parti ci sono tante storie incredibili, è difficile sceglierne una. Ad esempio, quella della signora Rosa di Faenza, una sfoglina eccezionale. Raccontava che il suocero, il giorno del matrimonio, si mise a sedere dietro di lei e le fece fare la prova della sfoglia. Doveva essere perfettamente tonda, altrimenti significava che non era adatta per suo figlio. Il rito della pasta era davvero fondamentale: poteva diventare una discriminante per trovare marito. Questa cosa mi ha spaventato».

C’è un aspetto “oscuro”, se lo guardiamo con occhi del nostro secolo: queste donne erano costrette a far la pasta, volenti o nolenti.
Vicky:
«Sono figlie del loro tempo, della loro economia e della loro cultura. Non penso che siano vittime, ma sono state certamente resilienti. Le vogliamo omaggiare. Senza fare retorica, è importante riconoscere la loro importanza e non dare per scontata la loro esistenza. In Italia tutti sanno che la cucina migliore è quella della nonna; ma le nonne, tra vent’anni, non cucineranno allo stesso modo».

Esiste un rito culinario paragonabile a quello della pasta sfoglia in Inghilterra?
Vicky:
«No. La rivoluzione industriale e l’urbanizzazione precoce non l’hanno permesso. Da qui nascono piatti tradizionali come fish and chips e salsicce, cibi di strada preparati per gli operai. La cosa più vicina al rito della pasta è la preparazione delle torte, gli inglesi sono bravi a farle».

Hai imparato a fare la pasta per tuo nipote?
Vicky:
«(Ride, ndr) Ha solo tre anni, è ancora piccolo! Ma ama guardarmi e gli piace giocare con l’impasto. Fare la pasta a mano significa dare importanza al processo di preparazione, è un modo per esprimere il tuo amore verso la famiglia e gli amici. Spero di stimolare mio nipote a fare lo stesso».