Che aria tira nel territorio di Ravenna? Nel 2004 il record: bora a 140 km/h Seguici su Telegram e resta aggiornato L’analisi del meteorologo Pierluigi Randi: territorio spazzato soprattutto da brezze leggere, di mare e di terra. Con il cambiamento climatico in corso aumentano le giornate di garbino da sud-ovest La velocità più alta raggiunta dal vento nel territorio ravennate è circa 140 km orari, quasi il doppio degli 80 che di solito è la soglia dopo la quale cose e piante possono subire danni. Era una raffica di grecale, meglio noto da queste parti e nel nord Adriatico come bora, e successe il 24 settembre 2004. La data evidenzia la rarità dell’evento. Infatti, per quanto riguarda i fenomeni ventosi, l’area di ravenna e i suoi dintorni sono caratterizzati principalmente da brezze che non superano i 40 km orari: sono i venti tipici dei luoghi di mare perché si originano dalle diverse pressioni atmosferiche sull’entroterra e sull’acqua, dovute a loro volta alle diverse temperature. A spiegarci il panorama locale dei venti è Pierluigi Randi, meteorologo professionista e socio del Meteo Center di Faenza. Escludendo le brezze, sono quattro i venti principali che si registrano con maggiore frequenza: il grecale o bora da nord-est, il libeccio o garbino da sud-ovest, lo scirocco da sud-est e il maestrale da nord-ovest. «Il più violento può essere di sicuro la bora. Quando arriva sono comuni le raffiche superiori ai cento km orari. Scende dalle Alpi oltre l’Adriatico. Si distingue tra bora chiara e bora scura: entrambe dai Balcani ma la prima è associata a un’alta pressione e quindi di solito porta belle giornate di sole ma fredde, la seconda invece porta cielo coperto e temporali. Ad esempio tutti ricordiamo “il nevone del febbraio 2012”: arrivò accompagnato dalla bora». La variante scura è quella con le velocità più elevate, più frequente nel periodo novembre-marzo e può durare anche più giorni consecutivi. Il termine bora sembra derivi da boreale, a indicare la provenienza dall’emisfero nord. «Per il nome grecale invece il riferimento è ai pescatori greci e all’isola di Zante: a nord-est c’era la Grecia ed ecco spiegato il termine». Dall’Appenino scende il libeccio o garbino. Anche per questo colpisce di più l’area pedecollinare faentina. Più caldo perché proviene dal nord Africa e quando scende oltre le montagne si comprime aumentando ulteriormente le sue temperature per un fenomeno fisico: «In dialetto viene chiamata “la curèna”. Ha incidenza soprattutto in primavera e estate, può alzare le temperature fino a 37-38 gradi. Ma solitamente porta un caldo secco». Non raggiunge le velocità della bora ma si ferma a 80-90 orari: «A dicembre 1999 l’evento di libeccio più intenso degli ultimi 30 anni superò i 100 orari arrivando fino alla costa». Di origine siriana per il nome, lo scirocco da sud-est è caldo ma più umido: «Si incanala lungo l’Adriatico e porta il vapore raccolto sul Mediterraneo. Non molto turbolento, raffiche fino a 70 orari. È il classico vento che trasporta polveri dal deserto e spesso si accompagna a piogge rossastre che scaricano a terra le sabbie. Gli antichi parlavano di piogge di sangue, credendole un presagio divino». È un vento ben conosciuto agli amanti della navigazione: «Solleva un’onda lunga, il mare non è mosso ma le condizioni sono difficili». Infine il maestrale o mistral. L’origine del nome pare che sia da individuare nella Venezia che stava a nord ovest di Zante ed era considerata “la via maestra” del commercio. Anche qui c’è un termine dialettale, sarnèr, con radici addirittura latine: «Forse la parola serenarius, cioè che porta il sereno». Non è molto frequente perché trova ostacolo nelle Alpi: «Di solito finisce per aggirarle da est e diventa bora. Quando riesce a scavalcare l’arco alpino in inverno si carica di freddo pescato nella pianura Padana». È interessante notare che le mutazioni dei venti sembrano compatibili con i cambiamenti climatici in corso. «Le brezze estive stanno diventando leggermente più forti e stanno diminuendo i giorni di bora mentre aumentano quelli di libeccio. Al momento siamo ancora nell’ordine di una frazione di unità ma le variazioni sono compatibili con l’innalzamento delle temperature medie che è l’effetto più evidente del cambiamento climatico». Chi è Pierluigi Randi Pierluigi Randi, originario di Alfonsine, è un meteorologo professionista. È vice presidente nazionale dell’Ampro, associazione meteorologi professionisti, che si occupa di tutelare le competenze riconosciute da chi si occupa di meteo con approccio scientifico. Randi collabora con Emilia-Romagna Meteo, un portale che diffonde dati raccolti da circa 400 stazioni Arpae e private. Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Emilia Romagna Meteo prevede neve in pianura anche nel Faentino e nel Lughese Nel presepe diocesano nel duomo arriva la statuina dell'infermiera Ci sono i lupi nel Ravennate. L'appello delle istituzioni: «Niente cibo, né minacce» Seguici su Telegram e resta aggiornato