«Alcuni potrebbero vivere momenti transitori di disagio, dati dalla sensazione di sentirsi scoperti, come quando alla fine dell’inverno si tolgono i capi più pesanti e alcune parti del corpo iniziano ad essere più in mostra». Giulia Cavallari, psicologa psicoterapeuta e consigliera dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, tratteggia le possibili reazioni delle persone quando da lunedì 28 giugno cesserà l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto in zona bianca. «Ho molta fiducia nella capacità dell’essere umano di adattarsi – aggiunge sempre Cavallari – e quindi mi aspetto che nella maggior parte delle persone il cambiamento non sarà problematico e anzi, sarà vissuto come un piccolo traguardo».
Una nota divulgata dall’Ordine degli psicologi cita una recente ricerca dell’Università di Waterloo secondo cui alcune persone continueranno a tenere la mascherina per colpa di un’ansia sociale precedente alla pandemia o sviluppata nell’ultimo anno e mezzo.
A vivere una situazione più spiazzante rispetto allo stop alle mascherine potrebbero essere i più piccoli. «I bambini di due, tre, quattro anni hanno vissuto gran parte della loro vita vedendo persone con le mascherine al volto – spiega Giulia Cavallari – E non parliamo solo di sconosciuti, ma anche di persone che hanno visto tutti i giorni o quasi, come le maestre o alcuni parenti. Vedendole a viso scoperto potrebbero avere bisogno di un po’ di tempo per orientarsi». L’effetto di spaesamento, comunque, non deve preoccupare. «Le capacità di adattamento dei bimbi sono elastiche e resilienti; l’importante è mantenere con loro lo stesso atteggiamento di sempre. Nell’ultimo anno, tutti e specialmente i bambini, abbiamo imparato a porre molta attenzione al tono di voce e ad altri fattori della comunicazione non verbale e ora che ritorneremo a guardare il viso nella sua interezza avremo informazioni in più che integreranno le nostre percezioni, arricchendole».
Un altro effetto della ripresa alla normalità e dello stop alla mascherina che alcuni potrebbero vivere è quello di sentirsi quasi “delusi” dalla nuova quotidianità: «Ora che abbiamo la possibilità di viverci momenti e situazioni che prima ci erano preclusi potremmo sperimentare la sensazione di non essere pienamente soddisfatti, o di non avere voglia di viverli. Andare al ristorante è bello, ma mangiamo bene anche a casa e andare a fare l’aperitivo dopo il lavoro è una corsa che non sempre abbiamo voglia di fare, e in fondo il coprifuoco ci concedeva anche di stare nella nostra zona di comfort. Ma ricordiamoci: uscire e viversi forzatamente la vita di prima non è un obbligo. Possiamo continuare a scegliere ciò che ci fa sentire meglio».