Manifestazione il 12 marzo alle 11, in piazza del Popolo a Ravenna, per la pace e per il futuro, per contrastare la crisi climatica e il degrado dell’ambiente. Per la salvaguardia del territorio, dell’Adriatico e dell’intero pianeta
Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Marina Mannucci – attivista ambientalista e in campo sociale – che spiega perché la mattina del 12 marzo parteciperà in piazza a Ravenna assieme a “Femminile Maschile Plurale”, alla manifestazione nazionale indetta dalla Campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile”. Per far sentire la protesta di chi non vuole assoggettarsi alle scelte ambientali e sociali distruttive e all’inganno delle operazioni di “riverniciatura verde”, e non intende subire passivamente i venti di guerra, che nella dipendenza energetica trovano una delle cause principali.
«Un mondo abitabile per gli esseri umani dipende da una Terra che fiorisce
e che non ha gli esseri umani al centro», Judith Butler.
In tutto il mondo combustibili fossili e nucleare stanno tornando alla ribalta, le quotazioni dei titoli di energia pulita sono in ribasso e lo scenario di un forte impulso alle energie rinnovabili si allontana. Prima la crisi energetica e ora il conflitto in Ucraina stanno oscurando il dibattito nazionale su come implementare l’impegno per raggiungere la prevista neutralità climatica entro il 2050. La minaccia concreta che le promesse di transizione ecologica vengano archiviate ci impongono, quantomeno, di ripensare il modo in cui, finora, abbiamo pensato di proteggere le specie e i loro habitat.
Sono convita sia necessaria una rivoluzione che incentri le priorità politiche internazionali sul postulato che siamo una specie tra le altre. Walter Benjamin intendeva la rivoluzione come interruzione della continuità storica del dominio in vista di un reincantamento del mondo in grado di dare voce e forza ai vinti della storia che, attraverso l’azione dei contemporanei, possono realizzare quel riscatto capace di trasformare radicalmente i rapporti di forza sedimentati nelle moderne civiltà borghesi industrializzate.
Dovremo riconoscere i nostri diritti, per poterli difendere, a cominciare da quelli essenziali alla sopravvivenza umana come: respirare, avere acqua da bere, avere cibo da mangiare perché è questo che ci collega alla terra: «Come ho più volte scritto, sono l’acqua, il respiro, la pranaiama (cibo) le valùte della nostra vita. Non sono cose e oggetti, ma fanno parte del flusso della terra. Perciò i primi diritti sono i diritti che arrivano dalla Madre Terra, quindi i diritti della Madre Terra divengono i nostri diritti. Abbiamo un’intera Dichiarazione dei Diritti Umani ed ogni persona dovrebbe sedersi a leggerla […]. Mentre gli Stati sono molto attivi nel controllare i propri cittadini, sono totalmente inattivi nel regolamentare coloro che andrebbero controllati: i grandi poteri finanziari, i gruppi della tecnologia, l’industria farmaceutica, i grandi miliardari» (da un’intervista di Berenice Galli a Vandana Shiva del 20 marzo 2021 per il periodico online “Anfimafia 2000”).
Negli anni Novanta alcune grandi aziende americane chimico-petrolifere, come Chevron o DuPont, cercarono di spacciarsi come eco-friendly per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dall’elevato inquinamento che producevano. In Italia, il Greenwashing (ecologismo di facciata) viene considerato pubblicità ingannevole ed è sottoposto al controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Tra le sentenze più rilevanti di condanne ad aziende che hanno fatto uso di questa strategia vi è quella del 1996 alla Snam per lo slogan “Il metano è natura” e quella per la pubblicità ENI Diesel+ del 2016-2019, sanzionata «per la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli […] sia relativamente all’affermazione del positivo impatto ambientale connesso al suo utilizzo, che alle asserite caratteristiche di tale carburante in termini di risparmio dei consumi e di riduzioni delle emissioni gassose».
Ho cercato a lungo quali potessero essere alcune delle recenti informazioni di base indispensabili, a mio avviso, per la difesa dei diritti essenziali alla sopravvivenza umana. Nell’ottobre del 2021 il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, parlando ai giornalisti al Palazzo di Vetro, presentando il rapporto sul divario delle emissioni 2021 del Un Enviroment Program, dichiarava: «Oggi ho una brutta notizia. A meno di una settimana dalla Cop26 di Glasgow, siamo ancora sulla buona strada per la catastrofe climatica. Anche con gli attuali contributi determinati a livello nazionale e altri impegni dei paesi di tutto il mondo, siamo effettivamente sulla buona strada per un catastrofico aumento della temperatura globale di circa 2,7 gradi Celsius».
La prima è la, già citata, transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili: «I combustibili fossili sono molto comodi da usare, ma da più di trent’anni ci siamo accorti che il loro utilizzo causa due gravi conseguenze: l’inquinamento e il cambiamento climatico». Sfruttando il sole, l’acqua, il vento e altre risorse sostenibili, si ottiene energia pulita e molto più efficiente del calore generato dai combustibili fossili. Secondo le stime di molti economisti, tra cui il premio Nobel Joseph Stiglitz, le energie rinnovabili, a parità di capitale investito, creano tre volte più occupati delle fonti fossili, facendo sì che gli investimenti in energia pulita contribuiscano al rilancio dell’economia.
Balzani, nel suo intervento, spiega inoltre che, secondo l’indagine di un gruppo dell’Università di Stanford, la transizione verso le energie rinnovabili porterebbe benefici in molti Paesi, particolarmente in Italia: gli impianti per sfruttare le energie rinnovabili occuperebbero non oltre lo 0,26% del territorio, la loro costruzione creerebbe 138.000 posti di lavoro e il loro funzionamento 140.000. Gli impianti fotovoltaici installati nel pianeta generano elettricità pari a quella di 170 centrali nucleari, senza produrre scorie radioattive, né anidride carbonica.
Lo scienziato afferma che la seconda transizione dovrà consistere nel passaggio dall’economia lineare dell’usa e getta, alimentata dai combustibili fossili, a un’economia circolare, che utilizzi le fonti di energia rinnovabile, ottimizzi la raccolta differenziata, progetti oggetti facilmente disassemblabili, in modo da facilitare il processo di riuso e riciclo.
Trovandoci di fronte a una limitata quantità di risorse energetiche, la domanda da porsi è come abituare le persone a un consumo energetico limitato. Balzani propone di aumentare l’efficienza energetica delle apparecchiature che usiamo. Talvolta, però, un dispositivo a basso consumo può incoraggiare un suo maggiore utilizzo, rischiando di ottenere l’effetto contrario. Per perseguire la via della sostenibilità, si rende necessario agire sulle persone. Convincere, e talvolta obbligare, le persone a ridurre l’uso in eccesso di energia.
Riassumendo, alla luce della situazione in cui ci troviamo, dovrebbero essere avviate tre transizioni: dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, dall’economia lineare all’economia circolare, dal consumismo alla sobrietà.
L’inganno della decarbonizzazione basata sulla cattura e stoccaggio e uso della CO2 è l’oggetto della lettera aperta che oltre 50 accademici e scienziati italiani (a prima firma ancora una volta di Vincenzo Balzani), in data 12 dicembre 2021, indirizzano al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi.
Nel documento, a seguito dell’informazione diffusa dalla stampa che i 150 milioni di euro indicati all’art. 153 della legge di Bilancio 2022 possano essere destinati al finanziamento del maxi deposito di CO2 che Eni intende realizzare nell’Alto Adriatico, si mette in discussione che il cosiddetto CCUS, CarbonCapture Use and Storage sia realmente una tecnologia socialmente accettabile: «Il Ccus per produrre idrogeno da metano è una tecnologia che anziché contribuire a risolvere il problema lo rende più grave e lo prolunga nel tempo. Come dire, un doloroso e insensato accanimento terapeutico. Il proporre lo stoccaggio e l’uso della CO2 rappresenta un alibi straordinario per continuare a produrre anidride carbonica contribuendo all’attuale trend di crescita esponenziale del disastro ambientale. E perseverando scelleratamente a privatizzare utili e socializzare i costi».
Il ritardo nell’insediamento della Commissione Pniec-Pnrr (Piano Nazionale integrato per l’energia e il clima – Piano Nazionale ripresa e resilienza) organismo che svolgerà le funzioni di valutazione ambientale di competenza statale con al centro dell’attività la questione energetica e tutti gli impianti rinnovabili, avvenuto solo il 18 gennaio, ha causato, a suo volta, ritardi nel processo di autorizzazione di centrali solari con potenza maggiore di 10 Mw. Inoltre, stato e regioni faticano a trovare un accordo per le autorizzazioni di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile.
Tutto ciò rischia di rendere arduo l’obiettivo del nuovo Piano nazionale energetico (Pniec) che prevedeva per l’Italia, al 2030, 114 gigawatt di capacità produttiva da fonti rinnovabili (contro i 56 GW al 2020) e un taglio delle emissioni di gas serra del 51% rispetto al 1990. La cattura e sequestro della Co2 (Ccus) si presenta come una scorciatoia che rischia di compromettere un serio percorso di decarbonizzazione del sistema di produzione e consumo energetico di questo paese.
Ogni generazione, scrive Benjamin nelle Tesi di filosofia della storia del 1940, ha ricevuto una «debole forza messianica». Anche la nostra. Se noi non l’usiamo, tutto sarà perduto.