La giornalista Stefania Battistini ha partecipato con Nello Scavo (Avvenire) alle iniziative promosse a Conselice in occasione del 16esimo anniversario del monumento alla memoria degli stampatori che contribuirono alla liberazione del Paese dal nazifascismo
«C’è una ferocia della guerra che va mostrata nei telegiornali e va affrontata anche se ci turba e non ci piace. È nostro dovere di giornalisti farla vedere, i parenti delle vittime ci chiedono di consegnare un pezzetto di verità. Se qualcuno non vuole essere turbato durante la cena, guardi altro». Stefania Battistini ha visto con i suoi occhi la crudezza della guerra in Ucraina, dove è arrivata dieci giorni prima dell’invasione russa come inviata per il Tg1, e non ha dubbi che i reportage dal campo di battaglia debbano anche mostrare immagini forti. «Magari in servizio che va in onda alle 20 ci sta di pixelare certi dettagli perché a quell’ora ci sono anche i bambini. Ma se parliamo di qualcosa che va in onda in altri orari non possiamo nascondere quelle scene».
La giornalista Rai ha espresso il suo punto di vista nell’auditorium comunale nel municipio di Conselice nella serata del 30 settembre quando ha partecipato a una delle iniziative promosse nel weekend scorso dall’Osservatorio nazionale per la libertà di stampa, costituito un anno fa nel paese della Bassa Romagna in occasione del quindicesimo anniversario del monumento per la libertà di stampa. Insieme al collega Nello Scavo di Avvenire, Battistini ha risposto alle domande e agli spunti di riflessione sollevati da Loris Mazzetti, giornalista e storico collaboratore di Enzo Biagi.
Battistini è arrivata a Kyiv il 13 febbraio: «Nell’aria cominciava a esserci qualcosa, le truppe russe si stavano ammassando ai confini. E la direttrice del Tg1 ha scelto di inviare dei giornalisti. Siamo arrivati senza giubbotto antiproiettili e senza caschetto che poi abbiamo recuperato sul posto dall’esercito ucraino».
Parlato della legittimità di mostrare scene cruente, il dibattito è andato a toccare le accuse di “tv del dolore” che a volte parto dall’opinione pubblica all’indirizzo delle redazioni: «Ci siamo trovati in un contesto in cui bastava chiedere “come stai” e le persone cominciavano a piangere davanti a noi. Sarebbe stato difficile chiedere a quelle persone di trattenersi perché a quel punto sì che sarebbe stato falso».
Ma mentre la macchina della propaganda è in moto, come ci si muove? «Sono consapevole che un fatto riportato da un nostro servizio in onda possa fare comodo a una parte o all’altra – ha detto Battistini –. A me interessa che sia vero, mi interessa riuscire a verificarlo». Con l’accortezza per non essere causa di tragedie: «Non mi interessa uno stand-up davanti a una trincea per “fare i fighi” se poi quello rende riconoscibile una postazione e causa la morte di trenta soldati». Però Battistini riconosce anche che troppo spesso l’esercito ha limitato le possibilità dei giornalisti di vedere con i propri occhi: «Dopo sette mesi di guerra non posso rispondere a un capo militare e sentirci dire di stare in albergo». Su quest’ultimo aspetto è stato particolarmente chiaro Scavo: «I peggiori crimini di guerra sono avvenuti dove non c’erano giornalisti a coprire gli eventi».
In chiusura del dibattito è poi intervenuto Paolo Berizzi, presidente dell’Osservatorio e giornalista di Repubblica sotto scorta per minacce di matrice fascista: «Credo che il lavoro e la missione dell’Osservatorio siano destinati a crescere nei prossimi mesi per la stagione in cui siamo. Il nostro è un mestiero sotto attacco, dai poteri economici, politici e criminali, dagli estremisti fuori e dentro la Rete. Si sa perfettamente chi mette sotto attacco la stampa in Italia. Per quanto ancora queste centrali avranno margine di movimento?».
Nella mattinata di sabato 1 ottobre, Nello Scavo e Stefania Battistini sono stati premiati per il loro lavoro durante la cerimonia in piazza. Dopo l’introduzione della sindaca Paola Pula, sono intervenuti Paolo Berizzi, presidente dell’Osservatorio, Renzo Savini, presidente provinciale Anpi, Matteo Naccari, presidente Associazione Stampa Emilia-Romagna e Raffaele Lorusso, segretario Fnsi.