X

Morte Mihajlovic, il ricordo di Raimondo e Valdifiori: «Non ti dimenticheremo mai»

Il giovane attaccante del Bologna aveva debuttato grazie al mister Serbo, con cui l’esperto centrocampista della Vis Pesaro ha invece vissuto due stagioni al Torino

Raimondo con Mihajlovic

«Addio mister, ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me, non ti dimenticherò mai». Così il 18enne ravennate Antonio Raimondo, centravanti del Bologna, ha ricordato sui social il suo ex allenatore, Sinisa Mihajlovic, che in queste ore sta piangendo tutto il mondo del calcio, e non solo.

Mihajlovic l’anno scorso aveva fatto debuttare in serie A a soli 17 anni Raimondo, tra l’altro proprio in questi giorni convocato per la prima volta in Nazionale maggiore da Roberto Mancini per uno stage dedicato ai giovani talenti italiani.

Mirko Valdifiori (il secondo da destra) ai tempi del Torino

Ma c’è un altro calciatore ravennate che ha condiviso un pezzo della sua carriera con l’ex calciatore e allenatore serbo. Si tratta del russiano Mirko Valdifiori, 36 anni, da poche settimane alla Vis Pesaro in serie C, che con Mihajlovic ha vissuto due stagioni in maglia granata (la seconda però solo fino a gennaio, quando il mister venne esonerato), al Torino in serie A.

«L’ho scoperto in pullman insieme ai miei compagni e mi si è gelato il sangue – ci racconta al telefono Valdifiori -. Dopo l’esonero di Bologna pensavo si stesse riprendendo e invece questa notizia è stato come un contraccolpo. Dopo Torino mi era capitato di sentirlo e vederlo, anche da avversario, ci mandavamo gli auguri, gli ho scritto quando è diventato nonno, quando stava affrontando la malattia: era rimasto un bel rapporto, anche con i suoi collaboratori. Condoglianze a loro e a tutta la sua famiglia».

«Oltre a un grande allenatore, come ha dimostrato di essere – continua Valdifiori ricordando la figura del suo ex mister – Sinisa era un uomo vero: sincero, leale, che ti diceva le cose in faccia, nel bene o nel male, riuscendo a farti tirar fuori il meglio. In campo voleva gente che si prendeva responsabilità. Lui tirava fuori gli artigli, ma era sempre il primo a difendere i suoi giocatori. Era un uomo duro, tosto, ma quando c’era da gioire era sempre il primo a ridere e scherzare. In un mondo del calcio in cui ci sono anche falsità e ipocrisia, lui era all’opposto. E di fronte a questa malattia non ha mai mollato, è stato sempre vicino ai suoi ragazzi. Anche nelle difficoltà è stato un esempio, un maestro da seguire. Mi porterò dentro il cuore il suo ricordo per tutta la vita».