mercoledì
16 Luglio 2025
alluvioni

Un quinto della provincia a rischio. L’Ispra: «È l’uomo ad aver modificato i fiumi»

Le misurazioni dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale

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Faenza Allagata
Faenza allagata in una foto del sindaco Massimo Isola

Il Rapporto sul dissesto idrogeologico 2021 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) mostra come l’Emilia-Romagna sia una delle regioni più a rischio alluvioni: seconda solo alla Calabria, la superficie ad alto rischio di pericolosità idraulica in regione è pari a 2.600 kmq, l’11,6 percento della superficie totale; mentre ammontano rispettivamente al 45,6 percento e al 47,3 percento le aree esposte a rischio idraulico di media e bassa entità.

A livello provinciale la situazione è ancora più grave: le province di Ferrara e Ravenna hanno una superficie esposta a rischio elevato rispettivamente del 23,9 percento e 22,2.

Barbara Lastoria è la responsabile della sezione Metodologie e standard per l’attuazione delle direttive Acque e Alluvioni dell’Ispra. «Le arginature dei corsi d’acqua e le rettifiche dei tracciati sono interventi dell’uomo per ridurre le curve e aumentare le superfici utilizzabili in pianura, le più appetibili per insediamenti. Sono state realizzate in altri tempi, con altre condizioni climatiche».

Ma questo è sufficiente perché la rottura di un argine sia un evento da mettere in conto? «È un fenomeno probabile, non abbiamo la certezza assoluta che tutto funzioni bene, il rischio zero non può esistere. Peraltro il monitoraggio dei fiumi richiede l’osservazioni di km e km di argini che può anche non individuare una problematica».

E allora serve un altro approccio alla gestione del territorio. «La rotta si inverte sposando il principio della pianificazione di bacino con tempi di applicazione molto più lunghi, decidendo di sacrificare aree dove lasciare che i corsi di acqua si possano espandere con la laminazione naturale che riduce energia e volume e quindi garantisce sicurezza più a valle. È una pianificazione da fare con la partecipazione della popolazione».

Accanto alla pianificazione serve anche fare in modo che funzioni al meglio ciò che già esiste: «Vanno previsti sistemi di protezione a carattere temporaneo in caso di eventi prevedibili. Per fortuna le persone stanno imparando a tenere comportamenti adatti ai rischi».

Non serve invece, secondo il parere di Lastoria, la cancellazione della vegetazione negli alvei: «La vegetazione può avere una funzione utile, rallenta la forza della piena. L’importante è pulire eventuali accumuli di legname morto».

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