Tra le reazioni all’ordinanza del ministero che cancella per gli studenti dei comuni alluvionati le prove scritte dagli esami di terza media e di Maturità, c’è anche quella delusa di Elettra Stamboulis, ex assessora del Comune di Ravenna e attuale dirigente scolastico al Liceo Artistico e Musicale Antonio Canova di Forlì.
La preside ravennate non trattiene il suo «scoramento, il senso di frustrazione e la rabbia» per la decisione del ministero, sottolineando come i più giovani siano stati i primi a rimboccarsi le maniche per ripulire per quanto possibile i danni dell’alluvione, «una reazione che mostra un atteggiamento e un’energia proattivi».
«Ci hanno chiesto sin da subito di verificare se c’erano studenti che non potevano raggiungere la scuola nei giorni dell’Esame di Stato – rivela Stamboulis -. Abbiamo verificato, anche qui nome per nome. Non mi risulta che a Forlì, che è una delle città più colpite, ce ne siano. Se ce ne fossero stati per questi avremmo chiesto la possibilità di fare l’esame a distanza o la suppletiva. Ma non ce ne sono».
«Al ritorno a scuola – continua la preside -, abbiamo fatto le prove Invalsi delle classi seconde: è successo qualcosa di inconsueto, molti assenti hanno chiesto di recuperare. Ho spiegato che non era necessario, che è una prova di sistema. E hanno detto «Ma noi le vogliamo fare”. Abbiamo fatto una suppletiva. Perché i ragazzi vogliono la normalità. Abbiamo relazionato e integrato i documenti del 15 maggio, chiarendo le parti di programma eventualmente non svolti o svolti in modo superficiale. Stiamo affiancando giorno per giorno, come sempre, le classi nei ripassi e nello studio».
«Ora gli si dice: “Non siete in grado”. Non siete in grado di fare la prova di progettazione artistica, per la quale vi state preparando da cinque anni. Non potete suonare all’Esame di Stato per mostrare quanto avete imparato. La sensazione è di essersi allenati per la maratona ed essere messi in panchina. Non credo sia quello di cui hanno bisogno. Tutti i commissari, i presidenti, delle commissioni vengono dallo stesso territorio, sanno cosa è successo, non l’hanno letto sui giornali. Erano perfettamente in grado di affrontare eventuali criticità. Gli hanno detto: “non ci fidiamo di voi”. Perché? Perché oltre il danno, la beffa? Sentirsi diversi da tutti i propri compagni della Regione? “Ah, tu sei quello che ha fatto l’oralone…”. Non credo ce ne fosse bisogno. Vorrei anche sapere chi è stato ascoltato per prendere questa paternalistica decisione. Che, come ogni paternalismo, non riconosce i soggetti nella loro energia, nella loro potenzialità. Faremo, come sempre del nostro meglio, così come sono sicura faranno i nostri studenti e le nostre studentesse. Ma che pena».