L’analisi del Dna getta luce sulla storia di una specie estinta: il prolago sardo

Grazie anche al lavoro del Dipartimento di Beni Culturali di Ravenna
Prolago Sardo

Un gruppo di ricercatori dell’Alma Mater ha analizzato, per la prima volta, il Dna estratto da antichi reperti di prolago sardo (Prolagus sardus), una specie estinta un tempo diffusa in Sardegna e Corsica. Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, è stato coordinato dal professor Luca Fontanesi e svolto con la leadership del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari (Distal) e del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna), e la collaborazione di ricercatori dell’Università di Cagliari, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e dello Severtsov Institute of Ecology and Evolution of the Russian Academy of Sciences di Mosca.

«È stata recuperata e ricostruita con successo una porzione del genoma mitocondriale di un campione di prolago rinvenuto nella grotta di Cabaddaris a Supramonte di Orgosolo, Nuoro – spiega il ricercatore dell’Alma Mater Valerio Joe Utzeri, primo autore dell’articolo –. Oltre alle analisi genetiche, il reperto è stato datato grazie alla tecnica del C14, che lo ha collocato circa 7500 anni fa, nel periodo Neolitico. Tra i resti fossili di vertebrati quaternari rinvenuti in Sardegna, quelli di Prolagus sardus sono sicuramente i più abbondanti. È probabile che questa specie fosse preda di diversi carnivori (canidi e mustelidi) e di uccelli nell’ecosistema paleo-insulare quaternario della Corsica e della Sardegna. Inoltre, i resti bruciati raccolti in diversi siti archeologici hanno documentato che il prolago è stato regolarmente cacciato e mangiato dalle prime comunità di esseri umani che hanno colonizzato queste isole».

Questo lagomorfo (simile a lepri e conigli) è stato certamente presente in Sardegna fino all’età del Ferro e in Corsica forse fino all’epoca romana. L’estinzione è stata forse legata all’introduzione di nuovi predatori o concorrenti per la stessa nicchia ecologica nell’ecosistema insulare. La trasmissione di agenti patogeni da parte di specie introdotte dall’attività umana, come ratti e lepri, non può essere però esclusa.

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Il team di ricerca al lavoro al Laboratorio del Dna antico di Ravenna

«Le analisi paleogenomiche applicate in questo studio – afferma la professoressa Elisabetta Cilli del Dipartimento di Beni Culturali Unibo e seconda autrice co-corrispondente dell’articolo – hanno subito negli ultimi anni un forte impulso di sviluppo, di pari passo con l’avanzamento tecnologico disponibile per il sequenziamento del Dna. Queste analisi forniscono un espediente unico per recuperare e studiare i cambiamenti genetici nel corso del tempo e osservare in tempo reale i processi evolutivi ed ecologici. In questo modo il Dna antico, una specie di capsula del tempo, ha rivoluzionato la comprensione di importanti eventi del passato con una risoluzione senza precedenti, fornendo nuove opportunità per rispondere a quesiti che non avremmo potuto risolvere con altri approcci. Come per questo studio, grazie alla paleogenomica è stato possibile analizzare il Dna di molte altre specie estinte come ad esempio l’uomo di Neandertal, il mammut, la tigre dai denti a sciabola o ancora il leggendario unicorno siberiano».

«La sfida maggiore è stata la conservazione del Dna – aggiunge la professoressa Donata Luiselli del Dipartimento di Beni Culturali Unibo -. Le regioni mediterranee, con il clima che le caratterizza, non sono propriamente ideali per la preservazione del Dna. Poche specie animali estinte provenienti da queste zone sono state finora caratterizzate a livello genomico, fornendo informazioni uniche sulla storia evolutiva delle specie isolate ed endemiche del Mediterraneo. E questo è un ulteriore valore del nostro studio, che ha permesso di ottenere informazioni sul Dna antico da reperti di Prolagus sardus recuperati in Sardegna».

Hanno partecipato allo studio, per l’Università di Bologna, anche Francesco Fontani, Anisa Ribani, Adriana Latorre, Samuele Bovo e Giorgio Gruppioni.

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