Uomini a scuola di sentimenti. «Non ero in me, mi sentivo un analfabeta emotivo»

Incontri curati da psicologi per diminuire i conflitti tra i generi. Un pensionato: «Ho imparato a disinnescare alcune risposte automatiche». E in una lettera anonima: «Esprimere le mie emozioni mi aiuta a vivere meglio con me stesso»

Pexels Anete Lusina 5723194

Veri e propri corsi dedicati ai “sentimenti degli uomini” per prevenire la violenza psicologica e la gestione della rabbia, diminuire i conflitti e aumentare la consapevolezza dei sentimenti tra i generi. A organizzarli sul territorio è “Psicologia Urbana e Creativa”, progetto nato dieci anni fa con l’intento di «portare la psicologia in città e nei luoghi dove c’è maggior necessità».

L’iniziativa è finanziata dal Comune di Ravenna con i fondi dei piani di zona della Regione e coinvolge 15 psicologi del territorio, autori di corsi dedicati principalmente alla violenza famigliare e di genere. Gli psicologi vengono formati attraverso il metodo norvegese “Alternative to Violence”, pensato per fornire aiuto e sostegno al cambiamento per gli uomini aggressivi. Il modello prevede incontri singoli e di gruppo atti a indagare l’origine delle proprie emozioni senza esserne sopraffatti, partendo dall’analisi dei propri vissuti.

«Agli uomini è concesso arrabbiarsi, mentre le donne vengono educate ad un’attitudine più remissiva – commenta la psicologa e psicoterapeuta ravennate Giancarla Tisselli, ideatrice dei percorsi “Io mi sento” –. Imparano fin da bambini la “grammatica della violenza”, mentre in questi corsi ci dedichiamo all’apprendimento della “grammatica della pace, dell’umano e delle buone relazioni”».

Durante i dieci anni di attività il corso ha aiutato circa 500 uomini, eterogenei per età ed estrazione sociale: nelle classi studenti universitari si mescolano a pensionati, medici, imprenditori, professori e docenti universitari, camionisti, cuochi, muratori, vigili e guardie giurate. I partecipanti ai corsi spesso si iscrivono sotto il consiglio delle proprie compagne o famiglie, ma si contano anche numerose adesioni spontanee: «Ogni uomo disposto a mettere in discussione se stesso e il proprio retaggio culturale trae sicuri vantaggi dalla frequentazione di questi corsi, da un nuovo modo per incanalare nervosismo e rabbia alla comunicazione assertiva e empatica».

Gli incontri iniziano con la condivisione di esperienze di vita da parte del gruppo, che vengono poi analizzate e riformulate sotto nuova luce. A questo si aggiunge la visione di video e la pratica di esercizi propedeutici al contenimento della rabbia e alla gestione delle proprie emozioni.

Tra gli uomini aiutati in questi anni c’è Giacomo, studente universitario di Bologna: «È stata la mia psicologa ad indirizzarmi verso questa realtà ravennate – ci racconta –. Stavo vivendo una relazione tossica, da entrambe le parti, e solo grazie a questo corso ne sono uscito. Fare la spola tra Bologna e Ravenna una volta a settimana può sembrare stressante, ma mi sembrava l’unico modo per capire cosa mi stesse succedendo. Non ero in me, mi sentivo un vero e proprio analfabeta emotivo. Ho imparato a dare un nome a ciò che provavo e ho capito che quella che credevo “rabbia” era solo l’unione di tante emozioni che non riuscivo a decodificare. Questa nuova consapevolezza, la capacità di sviscerare i miei sentimenti non mi ha aiutato soltanto nella mia successiva relazione sentimentale, ma anche in famiglia e con gli amici, con i quali avevo sempre trovato difficile instaurare un’apertura dal punto di vista emotivo. Renderei questo corso obbligatorio, richiede ai partecipanti il coraggio di ribaltare tutto quello che per loro è sempre stato certezza, ma spero che sia proprio la mia generazione a mettersi in gioco per scardinare dinamiche famigliari violente e retrograde e per instaurare una certa profondità anche nelle amicizie maschili. Dopotutto non si può passare la vita parlando di calcio, no?».

Alla testimonianza di Giacomo si affianca quella di Tino, insegnante in pensione: «Vivo solo da anni, ma ho pensato che questo tipo di corso potesse aiutarmi a conoscere meglio me stesso, riuscendo magari a perdonarmi per alcuni errori commessi in passato. Provengo da una famiglia siciliana di vecchia matrice, dove era facile arrivare alle mani per educare i figli. In gioventù tendevo a prevaricare sulle mie compagne, fino alla relazione con una donna più grande ed emancipata di me, profondamente femminista. Lì ha avuto inizio il mio percorso di cambiamento, e grazie a questo corso ho imparato a disinnescare alcune “risposte automatiche” iraconde o violente in risposta agli stimoli negativi».

C’è anche la lettera di un corsista anonimo: «Qualche anno fa ho partecipato alla presentazione del libro della dottoressa Tisselli, Dalla rabbia alla gentilezza. L’ho trovato molto interessante e mi sono iscritto ai suoi incontri, di prevenzione della violenza psicologica. Grazie a questi corsi ho metabolizzato l’esistenza di una violenza invisibile che inizialmente non danneggia il corpo, ma la parte interiore di noi, distruggendoci emotivamente. Questa distruzione emotiva può sfociare in rabbia o addirittura in violenza. Il maltrattamento psicologico è provocato da abusi verbali, come il negare, svalorizzare, colpevolizzare, pretendere, bloccare ed interrompere il discorso, rifiutare e non rispondere alle domande, e altri. Ecco, io davanti a richieste e domande, mi chiudevo e negavo ogni risposta, dopo il corso, cerco di dare risposte e di farlo senza giudizio. Imparare ad esprimere i sentimenti ed emozioni mi aiuta a vivere meglio con me stesso e con gli altri. Oggi, all’interno delle mie relazioni, cerco di rispettare l’alterità, chiedere, non imporre, accettando che la persona con cui mi relaziono, possa dire di no. Cerco di capire il suo no, mettendomi se occorre in discussione. Ammetto che questo non riesce sempre, comunque partecipando a queste iniziative, ho sicuramente aggiunto nella mia “cassetta degli attrezzi del vivere”, un utensile importante».

Tra i quindici psicologi responsabili dei corsi ci sono anche due uomini, Michele Piga, attivo anche al centro antiviolenza di Forlì, e Daniele Righini, impegnato anche come psicologo nel carcere di Rimini. Si tratta di figure professionali altamente formate sull’argomento della violenza di genere e dell’elaborazione delle proprie emozioni. «Crediamo sia importante per i pazienti confrontarsi su questi argomenti anche con figure professionali di sesso maschile», dichiara l’associazione.

Gli incontri, in partenza nei prossimi mesi con un nuovo ciclo, si svolgono a cadenza settimanale per un periodo di circa due mesi.

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