L’appello ai medici Inps: «Di fronte avete persone con difficoltà, siate più umani»

Il 3 gennaio è morta una donna che sei mesi prima era stata visitata per la revisione dell’invalidità civile, il figlio ricorda il senso di umiliazione provato dalla madre: «Spero che i medici si facciano un esame interiore per avere maggiore serenità nei confronti di chi si rivolge a loro con sacrifici e sofferenze alle spalle»

DottoressaRiceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un 42enne all’indirizzo dei tre medici, di cui sceglie di non fare il nome, che lo scorso 31 maggio all’Inps di Ravenna hanno visitato la madre poi deceduta il 3 gennaio 2024.

Gentili Dottoresse, gentile Dottore,

lo scorso 31 maggio 2023 eravate parte della commissione medica che ha visitato mia mamma all’Inps di Ravenna, Graziella Bandini, per la revisione della sua invalidità civile.

Sono infinitamente addolorato di comunicarVi che mia mamma è venuta a mancare il 3 gennaio 2024. Sono ancor di più combattuto nel ricordare le parole di mia mamma all’indomani della visita sostenuta da Voi. La sera stessa mi disse di essersi sentita umiliata e che qualcuno della commissione medica le avrebbe detto che “stava benissimo”, quasi a voler dire che fingesse nelle sue difficoltà. Io non ho idea di come sia andata, ma in 42 anni mia mamma non mi ha mai detto una bugia.

Mia mamma quel giorno per venire presso di Voi fece uno sforzo non indifferente. A causa della sua malattia respiratoria da diversi mesi non usciva più di casa a causa dello sforzo da sostenere per muoversi, e quando vi riferì delle sue difficoltà respiratorie l’avete trattata in quel modo. Mia mamma si fidava dei medici e da Voi, che avete scelto una delle professioni dalla missione più alta e nobile che esista, chiunque si attenderebbe un minimo di empatia e questo al di là dei parametri, delle tabelle, delle crocette, della burocrazia sulla quale io non discuto (si applicano delle regole).

Io capisco che forse possa essere frustrante sentirsi più un impiegato che un medico, ma vorrei che vi ricordaste che di fronte a Voi non ci sono dei codici a barre, ma degli esseri umani, con mille difficoltà alle spalle, con una vita carica di sacrifici, che a fatica arrivano alla fine del mese.

Nei giorni immediatamente successivi al suo ricovero (7 dicembre) a casa di mia mamma ho trovato solamente cibo scaduto a novembre. Forse Voi non sapete che cosa significa, ma ve lo spiego: mia mamma aveva smesso di mangiare, presa sia dalla depressione della malattia alimentata dall’essersi sentita denigrata alla visita (una delle conseguenze della BPCO è proprio la depressione), sia dall’ansia di dover restituire 1.900 euro e di vedersi revocata la pensione di invalidità che era il suo unico modo per sostenersi.

Io non ho nulla contro di Voi, ho anzi il massimo rispetto, ma sono infinitamente amareggiato dal Vostro atteggiamento come medici, e non potrò mai dimenticare come vidi mia mamma, con in mano le carte della Vostra visita. Non potrò mai dimenticare la sua disperazione, la sua paura, il suo sentirsi sola, dimenticata, ferita. E il fatto che mamma fosse troppo debole per riuscire a reagire in ospedale, e che ora non sia più con me, è dovuto anche alla durezza alla quale si è trovata davanti quel giorno e nelle settimane successive.

Io, Dottoressa, Dottore, l’unica cosa che spero di ottenere con queste parole, è auspicare che Voi possiate farvi un esame interiore e, in futuro, ritrovare una maggiore serenità e umanità nei confronti di chi si troverà di fronte a Voi, come peraltro – ripeto – credo sia giusto aspettarsi da un medico.

Vi saluto e Vi porgo i miei più cordiali saluti.

Daniele Pompignoli, 
figlio di Graziella Bandini

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