Limite a 30 orari, gli ambientalisti: «Servono disincentivi all’uso dell’auto»

L’intervento del comitato ravennate di “Per il clima – Fuori dal fossile” nel dibattito del momento: «Servirebbe un trasporto pubblico più capillare e integrato»

Zone 30 In La Malagueta (Málaga, Spain) 02«Abbiamo la sensazione che la scelta di “città30” da parte del Comune di Bologna, sia un po’ il “contentino” alla parte più sensibile della popolazione nei temi ecologici, per far ingoiare l’altra scelta, questa sì scellerata e devastante, cioè la costruzione del “Passante di mezzo”, un’opera autostradale che passerà praticamente in mezzo alla città e farà aumentare il traffico di venticinquemila auto al giorno, con tutte le dimostrate conseguenze sulla qualità dell’aria, gli innumerevoli abbattimenti di alberi, il consumo ulteriore di suolo e la salute delle persone». A dichiararlo è il comitato ravennate di “Per il clima – Fuori dal fossile”, a cui abbiamo chiesto un commento sul tema, e che allo stesso tempo attacca il sindaco Michele de Pascale per avere di fatto già chiuso il discorso, dichiarando che la città non seguirà l’esempio di Bologna.

«D’altronde già oggi a Ravenna troppo spesso lo stesso limite dei 50 km/h non viene rispettato – continua la nota degli ambientalisti -, anche in zone altamente a rischio. Quindi la posizione del sindaco ci amareggia, anche se non ci sorprende affatto. Avremmo apprezzato molto di più se avesse manifestato l’intenzione di aprire una vera e approfondita discussione con la cittadinanza per costruire in maniera partecipata un vero piano di riconversione della mobilità nel suo complesso, inclusa un’azione educativa capillare e permanente». Sulla stessa linea anche l’associazione Ravenna in Comune, che chiede di aprire un dibattito partecipato in città.

«Ravenna – continua poi il coordinamento ravennate di “Fuori dal fossile” – avrebbe bisogno innanzi tutto di un trasporto pubblico molto, ma molto più efficiente, capillare e integrato, avrebbe bisogno di creare disincentivi all’uso dell’auto privata parallelamente ad incentivi a lasciarla in garage, optando per altre soluzioni (compresa la mobilità ciclistica, che da noi avrebbe il vantaggio di possedere già una certa tradizione). In ogni caso, per chi vede nella progressiva e massiccia riduzione dell’utilizzo delle fonti fossili la via maestra per contrastare non solo il cambiamento climatico in sé, ma anche tutto l’inquinamento di prossimità e le sue conseguenze sociali, incluso l’impatto sanitario e l’incidentalità stradale, il tema della profonda trasformazione del trasporto è un settore dove non è possibile lasciare tutto come sta. E anche l’ipotesi di “città 30”, in questo senso, può avere un suo ruolo, quanto meno non va liquidata come invece si tende a fare».

La sezione ravennate della Fiab, la Federazione italiana ambiente e bicicletta, è sostenitrice del progetto “Città 30” appena avviato a Bologna: «Si tratta di un modello sempre più comune tra le città europee grandi e medie, dalla Germania alla Spagna. Anche Olbia, città amministrata da un sindaco di colore politico opposto a quello di Bologna, è città 30 già da giugno 2021. Nelle città si concentrano il 73% degli incidenti e il 44% delle vittime (contro il 32% in Europa). Chi dice che c’è poca differenza tra un impatto a 50 o 30 all’ora non sa (o non vuol sapere) che la mortalità in caso di incidente passa da oltre il 50% nel primo caso a meno del 10% nel secondo. L’introduzione delle Città 30 dimezza il numero dei morti stradali (da uno studio condotto a Londra 1986-2006). In Italia ciò equivale a risparmiare 5 miliardi di euro annui di danno sociale».

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