lunedì
16 Giugno 2025
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La Ravenna che vuole uscire dal fossile: «Un modello da cambiare profondamente»

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fuori dal fossile ambientalisti ravenna

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Pippo Tadolini dopo la mobilitazione di sabato 11 maggio

Se guardiamo il mondo e la storia dal punto di vista dell’energia, possiamo dire che dalla Rivoluzione Industriale in poi l’umanità si sia trovata, nel rapporto con la natura, in uno stato di perenne transizione.

In più occasioni grandi pensatori hanno provato a rimettere al centro non la materia inanimata, ma la vita, anche nel pieno delle rivoluzioni scientifiche più recenti. Anche quando la fisica si è staccata dalla biologia e si è impegnata nell’espansione della potenza distruttiva della fissione atomica, perdendo di vista il nesso tra l’energia utile alla distruzione e quella molto più cruciale indispensabile alla sopravvivenza.

Almeno dalla Prima Guerra Mondiale in poi, i conflitti armati, la crescita dell’ingiustizia sociale, l’arretramento della democrazia, la sottovalutazione della spesa pubblica per arginare i guasti ambientali di quell’insieme di eventi epocali che sono stati chiamati “progresso”, e oggi l’evidenza della crisi climatica, ci hanno fatto ereditare il pericoloso lascito di una logica esclusivamente geopolitica, in cui la competizione di potenza sovrasta ogni altro modo di vedere l’esistenza.

A tutt’oggi, purtroppo, la proliferazione termonucleare e – del tutto recentemente – l’accelerata diffusione della Intelligenza Artificiale (Ia) ci inscrivono in un’era in cui la sopravvivenza biologica del vivente e la possibilità di scelta da parte degli esseri umani vengono radicalmente posti a rischio dalla disponibilità di enormi densità energetiche, create artificialmente, come se non vi fossero mai state Hiroshima e Nagasaki e gli incidenti delle centrali nucleari. E come se la conseguenza della distruzione del mondo naturale (un sistema che si autoriproduce, lentamente, e si conserva, generazione dopo generazione da milioni di anni) fosse qualcosa di trascurabile.

Un divulgatore scientifico molto acuto, Benjamin Labatut, ha avuto modo di affermare che bisogna “prestare attenzione a come dalla fine del secolo scorso si sia oltrepassato un confine: come se un genio si fosse annidato nelle scienze e le generazioni future non fossero più riuscite a rimetterlo dentro”. Allarmismo? Forse. Pur tuttavia è innegabile che la turbolenza politica, economica e militare sia tornata a dilaniare l’Europa, il Medio Oriente e tante altre parti del mondo, la logica dei blocchi contrapposti è riemersa prepotentemente, tornando ad affidare a tecnologie ad altissima intensità energetica le sorti dell’intera umanità. Molti Paesi iniziano a guardare alle fonti rinnovabili, ma intanto guerre, ingiustizia, diseguaglianza e catastrofi indotte dal comportamento umano continuano e si intensificano. La procrastinazione sine die del tempo dei fossili (e del nucleare) paiono essere la scelta preferenziale della maggioranza dei Governi, oscurando la prospettiva di pace e di una realtà quotidiana più vivibile per tutte e tutti, condita da quella democrazia sociale che aveva trovato nell’Onu e nelle costituzioni antifasciste i suoi fondamentali.

Secondo il Global Carbon Budget 2023, elaborato dall’Università di Exeter nel Regno Unito, quest’anno le emissioni di CO2 sono aumentate dell’1,1% rispetto al 2022 e dell’1,4% sul 2019, anno di prepandemia. Nemmeno di fronte a questa realtà di fatto, e a quasi dieci anni dalla Cop 21 di Parigi (2015), non arriviamo ancora a tagliare significativamente l’inquinamento legato al consumo di combustibili fossili.

Dopo il lungo periodo che verrà ricordato come “gli anni del Covid”, una grave estesa siccità e l’affermarsi fragoroso delle guerre hanno purtroppo rallentato sia una più larga diffusione delle energie rinnovabili che il percorso di fuoriuscita dal carbone e dal gas. Ed anzi, si è invocata la “crisi energetica” per premere sull’acceleratore di molte nuove realizzazioni nel campo delle energie fossili. Se a ciò aggiungiamo altri importanti fenomeni, come per esempio l’andamento della deforestazione in diverse aree del Pianeta, abbiamo il conto di come nel 2023 sia stata immessa in atmosfera una quantità totale di CO2 pari a 42 miliardi di tonnellate, una cifra che ha comportato il raggiungimento di 419,3 parti per milione (ppm) di CO2 in atmosfera, cioè il raddoppio rispetto ai livelli dai quali si è iniziato a valutarla.

Possiamo dire che, con il bilancio dell’anno appena terminato, la Terra è sicuramente destinata a superare la soglia di 1,5 °C all’inizio del 2030, anziché a fine secolo. In ritardo di decenni nella presa di coscienza e nelle scelte da fare, siamo in anticipo di decenni sui risultati più nefasti del modello di sviluppo che abbiamo fin qui costruito e subito.

Più le temperature aumentano, più bruschi saranno gli impatti dei cambiamenti climatici e più alto sarà il rischio di conseguenze irreversibili sugli ecosistemi, e quindi anche sulle vite ed i mezzi di sussistenza delle persone.

Purtroppo dobbiamo constatare quanto, a tutti i livelli, negazionismo, sottovalutazione e l’egoismo dettato dalla legge del profitto siano duri a morire, ed anzi da più parti le – pur blande – misure auspicate a livello europeo vengono etichettate come “follia ecologista”, da contrastare vivacemente.

Bisognerebbe esaminare diversi aspetti convergenti, per esempio la questione controversa e sottovalutata dell’impatto dell’agricoltura sul clima, e molte altre questioni, sulle quali il pur timido green deal europeo sembrava indicare una direzione di marcia, ma del tutto recentemente è stato completamente stravolto in favore del ritorno alla vecchia e distruttiva concezione del rapporto fra essere umano e ambiente.

Restano però invariati, ed anzi aumentato di intensità ogni giorno, le denunce e gli appelli della scienza, che ci ribadisce come le emissioni collegate all’utilizzo delle fonti fossili di energia siano il principale elemento responsabile della catastrofe in atto e di quella – peggiore – che verrà.

E allora, nell’ignavia – quando non nell’aperta complicità – delle Istituzioni e della Politica con le scelte che fanno solo l’interesse del profitto dei colossi del fossile, non resta che contare sull’ iniziativa della società civile e delle opinioni pubbliche.

Ogni giorno, contemporaneamente e in diversi luoghi del nostro Paese e del Mondo intero, le strade e le piazze (ma anche le aule dei tribunali) si animano di appuntamenti costruiti dal basso, che rivendicano una svolta non più rimandabile. Un panorama di mobilitazioni nemmeno pensabile anche solo pochi anni fa

La Campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile, che di questo panorama è uno dei principali animatori, ha organizzato nei mesi passati, e sta organizzando per l’immediato futuro una messe di appuntamenti che vedono in Ravenna uno dei luoghi centrali.

Fra questi, sabato 11 maggio, per tutta la giornata, si sono svolti eventi di sensibilizzazione, approfondimento e denuncia sul tema del gas, che sta sempre di più pervadendo le nostre vite.

Come tutte e tutti sanno, è in arrivo il rigassificatore galleggiante che comporterà pericoli, un netto peggioramento della già compromessa qualità dell’aria ravennate e non solo e che un sicuro danno all’ambiente marino. Ma ancora non tutte e tutti sanno che è in arrivo anche il gasdotto della Linea Adriatica, una specie di super-autostrada del gas, che provenendo dal sud attraverserà Marche, Toscana, Umbria e Romagna, con abbattimento di milioni di alberi, espropri di zone agricole, rischio collegato alle caratteristiche sismiche dei territori. E sono in programma nuove trivellazioni, e ancora altre realizzazioni sempre al servizio della dittatura del fossile.

Il problema è che il greenwashing quotidianamente esercitato da imprese, e governi nazionali e locali nasconde abilmente la sostanziale assenza di una scelta alternativa, che invece è indispensabile, se non ci si vuole trovare rapidamente in un vicolo senza più possibilità di uscita.

Ecco perché vorremmo che sempre più persone e sempre più realtà della società civile si unissero a noi a rivendicare la moratoria su tutti i progetti legati al fossile, e l’avvio deciso di una politica delle rinnovabili, basata soprattutto sulla produzione diffusa e decentrata e sul controllo democratico.

Il settore dell’energia deve essere rapidamente sottratto all’ambito del profitto, e progressivamente portato nell’ambito dei beni comuni. In particolare, una riforma del mercato elettrico è necessaria se si vuole costruire un modello sociale in cui ci si liberi progressivamente del dominio dell’estrattivismo.

Pippo Tadolini – Campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

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