Una manifestazione per tutelare la legge 194, la salute e i diritti delle donne. L’appuntamento è per è sabato 18 maggio, ore 10.30, davanti al consultorio famigliare di via Berlinguer 11.
L’iniziativa nasce in risposta alla decisione del Senato dello scorso 23 aprile che, attraverso un emendamento al decreto sui fondi Pnrr, ha stabilito che le Regioni “possano avvalersi senza oneri a carico della finanza pubblica del coinvolgimento di soggetti del Terzo Settore con qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”, lasciando trasparire la volontà di consentire alle organizzazioni antiabortiste di entrare liberamente nei consultori.
Il coordinamento organizzativo della manifestazione (Casa delle Donne Ravenna, Udi Ravenna, Donne in Nero Ravenna, Fidapa Ravenna e Linea Rosa Ravenna) commenta in una nota alla stampa: «Cosa fanno le associazioni antiabortiste nei consultori dove sono già presenti? agiscono vere e proprie vessazione, molestie, pressioni psicologiche e violenze nei confronti di donne che hanno intrapreso un percorso di interruzione volontaria della gravidanza. Instillano sensi di colpa, improvvisano colloqui indesiderati e invadenti, forniscono informazioni fuorvianti sulle procedure e i certificati, diffondono false informazioni scientifiche sulla presunta pericolosità dell’aborto e sulla falsa correlazione tra aborto e cancro al seno, seminando panico e terrore. Azioni di violenza gratuita e immotivata che respingiamo, e respingeremo, con determinazione».
L’emendamento si inserisce in un quadro generale di definanziamento dei consultori pubblici che nel corso degli anni sono stati già ridotti di numero, orari, funzioni e figure professionali.
La legge 34/1996 prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti (10.000 nelle zone rurali e semi-urbane), ma secondo i più recenti dati, ne sono presenti 1.800, il 60% in meno dello standard minimo previsto per legge. A questa scarsità si aggiunge l’obiezione di coscienza, che contribuisce a ostacolare la libera scelta delle donne rendendo la legge 194 non sempre applicabile. A livello nazionale, il 63,4% dei ginecologi sono obiettori, con punte, in alcune regioni, di oltre l’80%.
«Eppure, nonostante continue politiche di depotenziamento, dal 1984 al 2022, gli aborti in Italia sono diminuiti del 72% e questo significa che la 194 ha funzionato e funziona. I dati ci dimostrano che non c’è alcun bisogno di far partecipare soggetti non meglio identificati, tanto meno qualificati, nel percorso di libera e consapevole scelta delle donne – continuano dalle associazioni – lo scopo reale dell’emendamento è quindi rinforzare il legame già esistente tra il governo e le associazioni antiabortiste proprio all’indomani dell’adozione della Risoluzione che invita il Consiglio europeo ad avviare le procedure di revisione dei trattati per inserire nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e il diritto a un aborto sicuro e legale».
Oltre alla manifestazione pubblica, anche un appello alle istituzioni: «Chiediamo al Presidente delle Regione Emilia Romagna, al Sindaco di Ravenna nei suoi molteplici incarichi, al Direttore Generale dell’Ausl Romagna, alla Responsabile dei consultori della Provincia di Ravenna, di esprimersi pubblicamente davanti a questo ennesimo attacco all’autodeterminazione delle donne e della Legge 194. Chiediamo alla Regione Emilia Romagna di non avvalersi dell’emendamento, di riconfermare l’indirizzo politico e amministrativo che esclude la presenza delle associazioni antiabortiste dai consultori pubblici».