Ridare spazio ai fiumi, fermare il consumo di suolo, interventi di ripristino nelle aree collinari e di montagna dando priorità a percorsi di rinaturalizzazione e un approccio innovativo alla ricostruzione che metta al centro interventi di adattamento e delocalizzazioni.
Questi i temi al centro del convegno organizzato da Legambiente a Faenza negli scorsi giorni, in occasione del primo anniversario dall’alluvione. L’incontro è stata anche l’occasione per una prima valutazione del Piano Speciale Preliminare di interventi sulle situazioni di dissesto idrogeologico redatto dall’Autorità di Bacino distrettuale del Fiume Po.
Piano che vedrà la sua versione definitiva entro la fine di giugno 2024, ma già si ravvisano nei territori i primi segnali di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda le delocalizzazioni, e ancora una scarsa attenzione delle amministrazioni a introdurre percorsi così complessi. «Un tema fondamentale da approfondire – si legge in una nota di Legambiente a conclusione dei lavori del convegno – è quello riguardante gli interventi nelle aree urbanizzate, per evitare concretamente che si possano realizzare nuove costruzioni nelle aree allagate e attuare una ricostruzione fondata su un approccio innovativo che metta al centro l’adattamento alla crisi climatica e gli interventi di delocalizzazione. Le delocalizzazioni sono interventi assolutamente necessari e al contempo molto complessi da realizzare, serve mettere in atto processi di coinvolgimento delle amministrazioni e della popolazione e chiediamo una norma nazionale che faccia da riferimento in tal senso. Ma è necessario al contempo anche il protagonismo dei Comuni per mettere in campo piani urbanistici e i regolamenti edilizi coerenti con questo nuovo approccio, per evitare che il piano degli interventi rimanga scollegato dalla pianificazione e dalla gestione ordinaria del territorio».
Il presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Davide Ferraresi, ritiene importante e positivo che sia l’Autorità di distretto del Po a sovrintendere la pianificazione degli interventi post-evento: «La Regione Emilia-Romagna ha davanti a sé una straordinaria occasione per fare da apripista e diventare un modello nazionale di un nuovo approccio al governo del territorio e della gestione del rischio alla luce del nuovo scenario a cui andiamo incontro».
Gli agronomi chiedono più spazio negli enti
«Purtroppo sono ancora pochi i Comuni e gli enti della Provincia di Ravenna che hanno un agronomo o un forestale nei propri organici per la cura del territorio e del paesaggio». Il rammarico di Giovanni Gualtieri, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Ravenna, è legato al tema della pianificazione territoriale: «Quando si sente dire che non bisogna più consumare suolo o, viceversa, sfruttarlo convenientemente è il dottore agronomo l’esperto in materia di terreni agricoli cui tocca l’ultima parola».