venerdì
27 Giugno 2025
divagazioni

La sinistra riparta dal circolo dei repubblicani

Di come la fine della politica locale ha prodotto in Romagna la scena culturale più frizzante e duratura dell’ultimo ventennio: gli ex circoli di paese

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Pri San Zaccaria

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei oppure dimmi chi sei che facciamo prima. Non so se avete presente quelle persone che di tanto in tanto online scrivono status (di solito è Facebook, ma in fondo tutto il mondo virtuale è Paese Reale) tipo “SE QUALCUNO TRA I MIEI AMICI FACEBOOK HA VOTATO FRATELLI D’ITALIA È PREGATO DI RIMUOVERMI DAI CONTATTI”. Io li trovo tutti così perché voto a sinistra e la mia filter bubble funziona in un certo modo, ma esiste ovviamente anche il viceversa e la gente che non vuole avere a che fare con i pidioti, o comunque chiamino ora quelli che votano Pd. È figo vederlo succedere in astratto perché ci racconta molto di quello che sono i rapporti umani: te ne stai su internet e scegli di avere a che fare solo con persone che rispondono a certi criteri umani di affinità – e poi, di solito, passi il tempo a litigarci e pensare che questa gente non capisca un cazzo di nulla. Voglio dire, quando cresci in un paesello, e lavori nel mondo normale e tutto il resto, ti capita spesso di avere rapporti di amicizia fraterna e affinità umana con gente che ha votato a destra per tutta la vita, e magari pensa cose che a te fanno orrore. Lo accetti come una delle tante parti dell’esistenza senza nemmeno considerarlo un paradosso, perché sono persone assieme a cui sei cresciuto o di cui ti sei innamorato a 17 anni o con cui lavori o con cui giochi a calcio (il fallo tattico è di destra o di sinistra?).
In Romagna, a dire il vero, c’è anche un altro aspetto di questa faccenda, ed è legato per molti versi al paesaggio.

Il primo esempio che mi viene in mente è quando le divinità in cielo (o le autorità locali) decidono di punire il mio stile di vita dissoluto effettuando lavori di manutenzione che costringono alla chiusura del tratto di E45 da Ravenna a Cesena nei giorni feriali. Quei giorni, insomma, in cui mi trovo a dover percorrere la via Dismano per andare al lavoro, e mi trovo davanti quel meraviglioso palazzo stondato del bar dei Repubblicani a San Zaccaria. Un posto dentro a cui non sono mai entrato, ma del resto si può dire che io non sia mai entrato all’interno di nessun edificio di San Zaccaria (per quanto ne so io, San Zaccaria potrebbe tranquillamente essere l’ologramma di una cittadina, e forse è per questo che non fa comune). Dicevo, un meraviglioso edificio ad angolo, con base circolare e scritta cubitale PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO sopra il tetto, che testimonia di cosa fosse capace la volontà umana anche e soprattutto se unita alle necessità di un partito di minoranza.
Un altro esempio che amo è il circolo Mameli in via Ravegnana, quello sulla sinistra andando verso Borgo San Rocco, che rimane un po’ nascosto perché è interrato sotto il livello del mare e la rampa per entrarci è l’unica strada nel comune di Ravenna che può essere considerata per un eventuale Gran Premio della Montagna al prossimo Giro.
Dicevo: posti pensati dai nostri antenati come una specie di Facebook antelitteram. Esperimenti di solidarietà a circolo chiuso in un paese che non aveva più voglia di guerra civile; circoli di paese nel quale tutti gli appartenenti alla stessa fazione politica potevano entrare la sera, dopo una lunga giornata di lavoro nei campi (scusate la facilità del mio immaginario), garantendosi la possibilità di poter bere due bicchieri di trebbiano cercando di stare attenti a non esagerare che poi ci si infila in una discussione politica e ci scappa il morto. Non tutti, ovviamente, hanno la stessa magnificenza architettonica di quel palazzone a San Zaccaria, ma molti di loro si qualificano come meraviglie: edifici scalcinati in paesini semi-inesistenti (tipo, che so, il circolo Arci di Bastia), in cui negli anni belli confluiva una scena culturale per cui la scena dei caffè viennesi di fine ‘800 avrebbe provato invidia feroce.

Si dice spesso che i social network hanno ucciso il baretto di paese, e probabilmente è vero (ne abbiamo parlato negli episodi passati: il fatto che la gente possa parlare su Facebook delle stesse puttanate di cui parlava al bar e organizzare le sue infedeltà su qualche dating app ha reso pesante il culo di molti e costretto altrettanti a riconcepire la propria attività commerciale e trasformarla in un pernicioso lounge bar diurno); non credo comunque che abbiano avuto un ruolo nella crisi del circolo di paese, il quale era stato dichiarato in via di estinzione molto prima che Zuckerberg conseguisse il diploma. La politica di piazza in fondo è finita con Mani Pulite, o forse ancora con la bomba alla stazione di Bologna. Il Paese Reale voleva pensare ad altro. Ed è stato a quel punto che i circoli di paese, per il semplice fatto di esistere, hanno iniziato a diventare i protagonisti di una rivoluzione geopolitica che ha cambiato il volto della Romagna (e io credo l’abbiano cambiato in meglio). Un certo tipo di prassi commerciale e le caratteristiche strutturali di questi circoli hanno fatto sì che alla fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila molti di essi siano finiti in gestione a un gruppo di microimprenditori spregiudicati, con un sogno nel cassetto e una carriera lavorativa in scala di grigi. E così in giro per le città e le campagne di Cesena, Ravenna e tutte le altre province sono fioriti microbar e microristoranti e microposti che si occupavano di ristorazione etnica, alcolismo solidale, concertini, micro-djset e altri eventi di scarsissima importanza programmatica e grandissima importanza nel conseguimento della felicità di ognuno di noi. Ognuno ha il suo preferito, il circolo a cui – volente o nolente – ha legato un pezzo della sua vita (mi piacerebbe poter dire qual è il mio ma sarebbe in fondo un torto fatto agli altri). Sono piccole cicatrici di un tessuto economico-sociale che si suppone essere organizzato diversamente, esistono perché nessuno ha tempo di guardare bene alla legislazione che li tiene in piedi (ma non scommetterei che non succeda con l’attuale esecutivo, così evidentemente impegnato a mettere le mani su stronzate di nessuna importanza per non doversi occupare di, non so, politica economica e cose del genere) e perché oggi la gente non è più infastidita ad entrare in un edificio con edera o una falce&martello dipinte sulla porta d’ingresso, ivi compreso magari un gentiluomo di mezza età che cinque minuti prima di entrare ha chiesto a tutti i pidioti di toglierlo dagli amici di Facebook. Insomma, tutto questo per dire che in fondo l’allontanamento delle persone dalla politica ha fatto, diciamo, anche cose buone. No, aspetta, cerco una chiusura migliore.

  • Cesenate trapiantato a Ravenna, Francesco Farabegoli scrive o ha scritto su riviste culturali come Vice, Rumore, Esquire, Prismo, Il tascabile, Not
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