sabato
21 Giugno 2025
Ciclismo

Marangoni, ultimo ravennate al Tour de France: «Per me l’apice da professionista»

Alan Marangoni, 40enne ex ciclista di Cotignola ritiratosi nel 2018, partecipò all’edizione del 2013 del Tour de France con il team Cannondale

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Marangonisagan CiclistiL’ultimo ravennate a pedalare al Tour de France è stato Alan Marangoni. L’ex ciclista di Cotignola, che vive a Riva del Garda da qualche anno, partecipò a una edizione della Grande Boucle, nel 2013 con il team Cannondale. Il 40enne arrivò a Parigi (dopo 3.400 km spalmati su 21 tappe percorse in quasi 90 ore in tre settimane) al 111esimo posto (su circa duecento partenti da Porto Vecchio in Corsica) con un distacco di tre ore e dieci minuti dal vincitore Chris Froome. «Ho un ricordo bellissimo di quell’esperienza, penso sia stato il mio apice come atleta professionista – ricorda Marangoni –. Fisicamente stavo molto bene e ho avuto un bel rendimento».

La memoria corre subito al 5 luglio di undici anni fa: «Alla settima tappa facemmo un numero di squadra che ancora se lo ricordano. Un po’ da kamikaze, va detto, ma funzionò. A 120 km dall’arrivo ci siamo messi davanti a tirare in salita e abbiamo selezionato il gruppo, abbiamo staccato i velocisti più forti e abbiamo portato il nostro capitano Peter Sagan alla vittoria di tappa».

Nel 2018 Marangoni si è ritirato dopo dieci anni di professionismo (755 gare e una sola vittoria all’ultima apparizione in Giappone) e da allora lavora come conduttore per la versione italiana di Gcn, il canale streaming su Youtube con filmati dedicati al mondo del ciclismo.

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Dalla pagina Facebook di Alan Marangoni

Marangoni, da romagnolo e da ex ciclista come vive la vigilia del passaggio del Tour da queste parti?
«Sarà un’emozione bellissima, sono “carico a palla”. È un evento talmente raro che se ricapiterà io non ci sarò più e allora sento come la paura di non riuscire a viverlo a pieno, la paura di non riuscire a fare tutto il possibile per godermelo. Per esempio, quando scegli uno spot sul percorso poi non è che ti puoi spostare con tutte le limitazioni al traffico».

Ha già scelto il suo spot?
«Penso che andrò sulla salita del Barbotto inserita nella prima tappa del 29 giugno. Sarò sulle strade della corsa con la squadra di Gcn per realizzare video. L’idea è quella di fare la salita un po’ di ore prima del passaggio ufficiale e fare il confronto con i professionisti in gara».

Sarà un bel ritorno di visibilità per il territorio?
«Il Tour è l’evento sportivo con più spettatori collegati dopo Mondiali di calcio e Olimpiadi che però si fanno ogni quattro anni. La partenza poi attira tutta l’attenzione mediatica e quest’anno sarà in Italia».

Quali ricadute possono esserci per il futuro?
«Faccio un esempio: la salita della Gallisterna vicino a Riolo è inserita nella seconda tappa. Non è mai stata un punto molto frequentato dai ciclisti, io ricordo che la feci tempo fa e trovai la strada tutta rotta. Poi nel 2020 venne sistemata e inserita nel Mondiale di ciclismo su strada fatto a Imola. In tv passarono delle immagini spettacolari con i corridori che sembravano sospesi nel vuoto e da allora è diventata una meta per gli appassionati che vogliono percorrere la strada del Mondiale. Vengono dall’estero».

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Dalla pagina Facebook di Alan Marangoni

Al Giro d’Italia è andato cinque volte. Quali sono le differenze con la corsa francese?
«Al Tour è tutto più amplificato, a partire dalla gente sulle strade che è molta di più perché si corre in luglio e non in maggio. Ma anche lo stress è più alto: ci sono sponsor che investono milioni nelle squadre solo per quell’evento e chiaramente questo si sente».

In una delle cinque partecipazioni al Giro, quella del 2014, ci fu un momento da libro Cuore con il passaggio dalla sua Cotignola dove il gruppo si fermò per una specie di merenda in strada…
«È stato un momento stupendo, lo metto tra i miei ricordi più belli come quella volta che ho rischiato di vincere la tappa di Forlì nel 2015 o quando ho preso la neve sullo Stelvio o il mio pianto di emozione sul Tonale. Il problema della merenda di Cotignola fu che poi i primi ripartirono a scheggia…».

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Dalla pagina Facebook di Alan Marangoni

È già scritta la vittoria di Pogacar al prossimo Tour?
«Parte come super mega favorito, ma dipende dalle condizioni di Vingegaard: ha ripreso ad allenarsi da poco dopo la brutta caduta in aprile, sul test secco è già ai suoi livelli, l’incognita è la tenuta sulle tre settimane. Ma anche se lui non sarà al top, per Pogacar non sarà una passeggiata come il Giro: sono curioso di vedere Evenepoel, Roglic, Bernal… e l’italiano Ciccone può puntare a una tappa».

Come va la sua carriera da conduttore tv?
«Bene, stiamo facendo ottimi numeri da sei anni. Arriviamo anche a 50mila visualizzazioni per video, nonostante non sia così facile sfornare 5 video nuovi ogni settimana».

Come lavorate?
«Ci vogliono idee nuove in continuazione. Possono venire da noi conduttori (con Marangoni c’è Giorgio Brambilla, ndr), dagli sponsor, dal team, oppure facciamo la versione italiana di altri video realizzati da Gcn in altri Stati. La base di Gcn in Italia è Bergamo e da lì pianifichiamo tutto. Per il mio 40esimo compleanno che sarà a luglio faremo un giro della Romagna a staffetta di 400 km in un giorno: io, Brambilla, Gianpaolo Mondini di Fusignano che vinse una tappa del Tour nel 1999 e Fabrizio Amerighi di Imola».

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Dalla pagina Facebook di Alan Marangoni

Non ha voglia di tornare a lavorare nel ciclismo con qualche squadra?
«Per ora no. Quello che faccio mi piace e mi lascia tempo per me stesso. Non penso potrò farlo per sempre ma ci penserò più avanti».

Ha concluso la carriera sei anni fa. Il ciclismo di oggi è già diverso dal suo?
«Sì. È aumentata ancora di più la spinta verso l’ottimizzazione di ogni dettaglio. In particolare è aumentata l’attenzione all’alimentazione. Ai miei tempi facevano un incontro con il nutrizionista una volta all’anno all’inizio della stagione. Adesso il nutrizionista si muove con la squadra nelle gare a tappe e ogni giorno gestisce i menù personalizzati per ogni ciclista. Si punta molto di più sui carboidrati e quasi zero sulle proteine».

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