
«Non sembrava Ravenna, sembrava Gaza». Un’esagerazione che rende però bene l’idea della situazione al pronto soccorso, in un racconto di una paziente trasportata d’urgenza in ambulanza attorno alle 23 di sabato scorso, 7 settembre, e poi riportata a casa dal marito 7 ore più tardi, sfinita, senza che nessuno le abbia prestato soccorso, costretta a restare stesa, a casa, anche per i giorni successivi in attesa del proprio medico di base.
Il suo è solo un altro racconto, l’ennesimo, che arriva dal pronto soccorso, dove i medici, come un po’ in tutta Italia, sono sempre troppo pochi. E le ore di attesa in proporzionale aumento.
«Ho avuto una sincope durante una cena a casa con alcuni amici – ci racconta la donna protagonista dell’ultimo episodio -, ho perso conoscenza e sono stata poi soccorsa dall’ambulanza del 118, chiamata da mio marito: sono arrivati due ragazzi che sono stati davvero bravissimi, professionali, premurosi, impeccabili. Mi hanno accompagnato al pronto soccorso perché hanno detto che nelle mie condizioni non avrei dovuto nemmeno camminare. Una volta arrivati, però, è stato il delirio». Decine e decine di barelle («almeno cento, secondo me») tra il triage e i corridoi. «A gestire il tutto, due medici giovanissimi, di cui non metto in dubbio la professionalità, ma sicuramente senza l’esperienza necessaria».
Alla paziente, dopo la sincope, è stata misurata la pressione. Poi basta, dimenticata. «Non è passato nessuno in 7 ore neppure per chiedermi se stessi bene. A fianco a me un’anziana era da 9 ore ad assistere il marito, in piedi, senza neanche una sedia. Entrambi più di 80 anni. Nessuno ha portato loro neanche un bicchiere d’acqua». Attorno alle 2.30 sembrava potesse arrivare il loro turno, ma a irrompere in un quadro già di per sé desolante sono «i ragazzi e ragazzini del sabato sera, tanti minorenni. Alcuni ubriachi, altri sotto stupefacenti, altri ancora feriti e sanguinolenti, con la polizia al seguito dopo risse in spiaggia. Uno scenario assurdo. Abbiamo avuto anche paura, perché un ragazzo era esagitato e ha iniziato a sbraitare».
Poche ore prima – come avevamo raccontato a questo link – in stazione erano intervenuti carabinieri e polizia per sedare una sorta di rissa tra minorenni, accalcati alla fermata dei bus, in ansia di raggiungere la spiaggia per un evento. Che ha portato così alcuni di loro a terminare la serata in ospedale. «Vengono fatti passare davanti a tutti noi – continua nel suo racconto la donna -. Dopo una sincope, pensavo almeno di essere sottoposta a un esame del sangue. O di “meritarmi” una flebo, ma niente. Alle 6 ho chiamato mio marito per farmi passare a prendere, pensando che tanto si fossero ormai dimenticati di me». Secondo la paziente «così, a occhio, in pronto soccorso sabato notte mancavano almeno 20 persone a lavorare, rispetto alle reali esigenze. Gli infermieri presenti, oltretutto, erano lì a tappare buchi, chiamati in emergenza da altri reparti, si percepiva chiaramente dai loro discorsi. Non credo che una città come Ravenna possa meritarsi una situazione del genere: la mia speranza è che il mio racconto e quelli molto simili di altri possano essere in qualche modo utili per migliorare la situazione».
La stessa Ausl fatica a nascondere i problemi. Per quanto riguarda i numeri di tutta la Romagna, la carenza dei medici di Emergenza-Urgenza è cronica: oltre il 30 percento del personale di pronto soccorso è scoperto, nonostante l’Ausl abbia espletato tutti i concorsi possibili, per l’esattezza 18 dal 2020.