Livia Santini e la “medicina narrativa”. «Ma la nostra rassegna in ospedale è ferma»

La docente e volontaria culturale: «I benefici per operatori e pazienti sono scientificamente dimostrati. Ora sta alla politica muoversi»

SantiniInsegnante di inglese all’Its Morigia-Perdisa di Ravenna, Livia Santini è nota in città per il suo impegno negli anni come “volontaria culturale” e le varie iniziative di cui è ed è stata promotrice. Tra queste c’è “Riaminaziona letteraria” che si è svolta all’Ospedale Santa Maria delle Croci tra il 2015 e il 2020, una rassegna che ha portato nel luogo di cura autori, filosofi, comici, cantanti in circa 120 appuntamenti. Un’idea innovativa per cui oggi Santini viene chiamata a partecipare a convegni nazionali e internazionali dedicati al tema del benessere dei pazienti e al potere curativo della parole. E da qui la docente ha preso spunto per la tesi sperimentale che ha appena discusso all’università Tuscia per conseguire (con il massimo dei voti) la sua terza laurea.

Santini, ci racconta in poche parole quanto c’entra Ravenna nella sua tesi e cosa ha potuto dimostrare?
«Per la tesi sono partita dall’esperienza di “Rianimazione letteraria”, ma poi ho lavorato confrontando i dati emersi in svariate ricerche scientifiche in giro per il mondo, dalla Cina agli Stati Uniti al Nord Europa, che hanno sperimentato gli effetti possibili della medicina narrativa sul personale ospedaliero e sui pazienti. E gli esiti sono tutti concordi: i gruppi a cui sono state “somministrate” esperienze di ascolto letterario o scrittura creativa hanno avuto benefici che non sono stati rilevati nei gruppi di controllo».

Che tipo di benefici? E su quali pazienti in particolare?
«Nel personale medico è calato il tasso di burnout ed è aumentata l’empatia, nelle persone ammalate si è registrata una minore difficoltà nell’affrontare la malattia, in particolare quella mentale».

Per lei una conferma di ciò che da tempo va dicendo…
«In realtà si tratta di pratiche avviate già negli  anni Ottanta, in particolare da Ernesto Cardenal in Nicaragua, ma di certo le centinaia di articoli che ho avuto modo di analizzare rappresentano un dato incontrovertibile, scientificamente dimostrato. Usciamo quindi dall’alveo delle possibili opinioni sul tema».

Allora perché “Rianimazione letteraria” non si fa più a Ravenna?
«Noi ci siamo resi disponibili a ricominciare, aspettiamo una chiamata che però non sta arrivando. Interrompemmo la rassegna per il Covid, ci fu poi chiesto di aspettare che la situazione tornasse completamente alla normalità. Oggi andiamo solo in Pediatria, per letture ai più piccoli. Anche del tavolo inter-istituzionale nato nel 2019 con l’obiettivo di far diventare Ravenna un polo per la medicina narrativa non si è fatto più nulla. Immagino stia alla politica muoversi, se interessata».

Intanto vi stanno chiamando altrove…
«Sì, paradossalmente ci chiamano altrove, in altre regioni per creare “Rianimazione letteraria” lì ma stiamo temporeggiando perché il nucleo lo vorremmo sempre nella nostra città, ma lo “esporteremo” di certo, anche perché se nel 2015 eravamo dei pionieri, ora la nostra idea sta viaggiando e viene replicate con diverse declinazioni anche in altri ospedali».

La rassegna aveva anche il merito di essere aperta pure alla cittadinanza, abbattendo la barriera tra dentro e fuori l’ospedale.
«Sì, inoltre abbiamo sempre cercato di collegare ciò che avveniva fuori dall’ospedale con la nostra rassegna, che fosse il Giro d’Italia o il mese di iniziative contro la violenza di genere. Una scelta che si inseriva anche in un’idea di città nuova, modulare, fatta di tanti luoghi dove possono accadere cose diverse, incluso l’ospedale».

Quanto costava alla collettività l’iniziativa?
«Nulla, gli ospiti sono sempre venuti gratuitamente e abbiamo ogni tanto potuto beneficiare delle donazioni di qualche azienda e della collaborazione di alcune case editrici».

Il ricordo più bello?
«Forse l’incontro con Giacobazzi, quando vedemmo pazienti e oncologici ridere ininterrottamente per due ore. E anche quando l’allora sindaco Matteucci scelse di restare fuori dall’incontro con Roberto Vecchioni per non togliere nemmeno un posto al pubblico di pazienti, un vero signore».

Non pensa che in un momento in cui la sanità è così in difficoltà, parlare di letteratura negli ospedali sia superfluo?
«Al contrario, credo che in una società che sta invecchiando e che quindi è destinata a trascorrere più tempo in ospedale, qualsiasi cosa possa umanizzare la degenza sia da incoraggiare a beneficio di tutti».

Giacobazzi Rianimazione Letteraria

Livia Santini con Giuseppe Giacobazzi nel 2019

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