Parole in leggerezza (ma non troppo) oltre l’inferno. Una risposta a Moldenke Seguici su Telegram e resta aggiornato Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Marina Mannucci, attivista ravennate per l’emergenza climatica, che risponde al nostro Moldenke e alla sua rubrica dal titolo “Vivere a Ravenna è diventato un inferno“… I giardini Speyer di Ravenna Moldenke, compagno di lettura, “le tue verità inconfutabili, i segreti indicibili e le pure e semplici provocazioni” pubblicate il 10 marzo sulla rubrica l’Osservatorio (a questo link) di questa testata giornalistica mi ammuttano a risponderti con il rispetto, la simpatia e l’ironia di cui la tua striscia satirica – spazio fondamentale per veicolare contenuti e suscitare riflessioni – necessita. Seduta con le gambe a penzoloni su un muretto di tufo immaginario del porto di Mazara del Vallo affacciato sul Mar Mediterraneo – è questa la dimensione che più mi appartiene e la inserisco di forza per quanto fuori contesto ma è la mia e me ne approprio – sorseggio con avidità una birra fredda e annuso effluvi di zagare, di pipirunata saltata in padella che si mescolano all’odore del sale del mare. Il crepuscolo mi avvolge, finisco di bere e sento anch’io la tua stessa necessità di svuotare la vescica, in mancanza di bagni pubblici nelle vicinanze (temo comunque che non ne avrei trovati all’altezza estetica di quelli del film Perfect Days di Wim Wenders) entro nella Trattoria delle cozze che si trova sulla litoranea Mazara-Granitola e provvedo all’azione liberatoria senza riportare particolari traumi per non averla espletata dietro una siepe. L’abitudine tutta maschile – e permettimi di dire anche arrogante – di credere di potersi “liberare” tranquillamente all’aperto, scambiando i luoghi pubblici per orinatori e allurdarli, Moldì caro, è fuori tempo massimo. Ma ti dirò di più è anche un reato sancito dalla Cassazione con sentenza n. 40012/11. Sono anni che ti leggo, credo di aver imparato a interpretare il tuo modo di babbiare e so che sotto sotto gli/le attivistə e in particolar modo quellə climatici in realtà non ti hanno scassato i cabasisi. Funzione di satira e ironia è essere irriverenti, non fare la riverenza; in questo sei maestro. Ho colto al volo la tua provocazione che mi ha sollecitata a pensare, riflettere e impegnarmi a risponderti. Spero di esserne all’altezza con quel sarcasmo indicato da Antonio Gramsci (Quaderni dal Carcere 26/5): non per far ridere ma per proporre un’altra interpretazione. L’attivismo, è risaputo, affronta temi anche scomodi che riguardano questioni complesse. Prova, però, a pensare che camurria se all’improvviso venisse a mancare questa forma di dinamicità sociale; non ci sarebbe più alcun tipo di riflessione/confronto sulle variabili dell’agire come collettività per migliorare il benessere sociale e per attivare processi di trasformazione che parlino di solidarietà e responsabilità collettiva. A Ravenna, per esempio, questa assenza annullerebbe qualsiasi riflessione critica in merito ai rischi del Rigassificatore BW Singapore; inoltre, la società civile non avrebbe l’opportunità (per chi fosse interessatə) di partecipare a incontri di approfondimento su tematiche come quelle che in questi giorni hanno coinvolto il nostro territorio: crisi climatica, alluvioni e ingiustizia sociale degli eventi estremi. Ma torniamo a noi. Esco dalla Trattoria dopo aver comprato un’altra birra – è così che tocca fare quando si entra un locale per utilizzarne il bagno – e inizio a passiàre lungo il porto canale pulsante di attività marittime. Il leggero sciabordio evoca classicità e anche spettri inquietanti di morti invisibili risucchiate dalle profondità marine. Ma ecco mi è bastato un attimo per creare tirrìbilio e perdermi in borbottii, reclami, rivendicazioni accorate e sono scivolata fuori tema. E quante denunce infervorate, negli anni, ha pubblicato questa testata senza mai pormi un diniego, tagliarmi una frase, anche quando i toni erano accesi e avrebbero creato qualche “imbarazzo”. Si è fatto tardi, vado a dormire al Serena Palace Superior Room; affittacamere senza pretese, decoroso: a 43 euro a notte si può fare. Mi sparo qualche minuto di buona musica seguendo i consigli che l’amico Alessandro Luparini, attraverso un canale social, affida al mitico Joe Cool. Gli occhi fanno pupi pupi; mi addrumiscio immediatamente con una fiatata lunga e regolare che pare mi canti da me stessa la ninna nanna. Non ho apparizioni/incubi d’ispirazione politico/religiosa e nemmeno involontarie intercettazioni di sex worker e content creator. Riposata, la mattina seguente, mi gusto beata una granita al gelso e una brioche col tuppo e faccio un salto al mercato del pesce dove scopro che un’operazione antimafia ha portato all’arresto di 17 persone tra cui esponenti di spicco della criminalità organizzata e imprenditori locali. Questa mia terra di adozione, con la quale intrattengo un rapporto passionale dai sentimenti contrastanti, mi ha fatto sempre addannare mettendo a dura prova la mia voglia di babbiare. Anche qui l’erosione costante della politica nell’assumersi responsabilità favorisce l’irruzione sulla scena di orde di incompetenti e malfattori. Insicurezza economica e incertezza del futuro favoriscono il riavviarsi del vento conservatore. I valori fondativi delle democrazie sono a rischio nell’intero pianeta. E quindi? Quindi pigghiu lu trenu, usufruisco del servizio di traghettamento dello stretto di Messina, mezz’ora traballante tra Scilla e Cariddi che risveglia l’allegoria del viaggio ispirata da Ulisse; risalgo il continente. Attraverso paesaggi e scendo alla stazione di Ravenna, supero i giardini Speyer, sbircio dentro i locali sempre in fermento del centro di partecipazione civica e mediazione sociale CittAttiva (quanti bei ricordi) e, un po’ frastornata dal fuori programma cui mi hai costretta, torno a casa carica dura. Questo vagabondaggio creativo ha lasciato affiorare alternative, chiamale utopie, che mi fanno continuare a credere alla possibilità/necessità di incrinare le malsane egemonie contemporanee e mi sento viva. L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Italo Calvino, Le città invisibili (Torino, Einaudi, 1972). Marina Mannucci Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Ritrovata una mina anticarro nella spiaggia di Milano Marittima “Nell’ombra di una panchina rossa”: una mostra collettiva in ricordo di Elisa Bravi Una donazione da 5mila euro per ripristinare il campanile Seguici su Telegram e resta aggiornato