I rappresentanti sindacali di Cgil, Slc e Spi Cgil scenderanno in piazza Garibaldi giovedì 3 aprile, a partire dalle 11, in un presidio di protesta di fronte all’ufficio postale del centro storico, con l’intendo di informare i cittadini sulla difficile situazione in Poste Italiane e sui referendum dei prossimi 8 e 9 giugno.
«L’iniziativa avviene in un momento e in un luogo significativi – commentano Manuela Trancossi, Maura Masotti e Saverio Monno, segretari generali territoriali di Cgil, Spi e Slc –. Gli uffici postali, come i centri di distribuzione e recapito, sono nel mezzo di una brutale riorganizzazione che sta portando alla chiusura di centinaia di strutture fondamentali sul territorio». Secondo i sindacalisti, i servizi di prossimità diventano ancora più importanti quando si parla di pensionati e utenti fragili. In provincia di Ravenna, tra il 2012 e l’inizio del 2025, il personale si è stato dimezzato e sono aumentati gli straordinari. Con l’ultima riorganizzazione, dall’inizio dell’anno, è stato chiuso l’ufficio postale di via Meucci e ridotti gli orari di apertura degli uffici di Coccolia, Fognano, Granarolo, San Zaccaria e Santerno: «Saremo in piazza per spiegare che la precarietà del lavoro cancella il futuro di tutte e di tutti e impoverisce il Paese, ma anche per proseguire una mobilitazione contro le politiche industriali di Poste Italiane che si dimostra più sensibile alla remunerazione dei suoi azionisti, che al rispetto dei suoi dipendenti e dei suoi utenti. Il voto è davvero la nostra rivolta. Andare a votare, e votare cinque Si, può davvero restituirci un Paese più giusto, dare dignità al lavoro e alle persone» concludono i sindacati.
Poste Italiane ha recentemente ampliato la sua partecipazione in Tim, diventando il principale azionista. Solo poche settimane fa, l’azienda di Tesoro e Cassa Depositi e Prestiti ha dato notizia degli utili da record (ben 2,1 miliardi di euro) conseguiti dall’ente nel corso del 2024. Ancora però non ci sono sviluppi riguardo al piano di ulteriore privatizzazione annunciato dal Governo.
«L’euforia di azionisti e investitori appare del tutto immotivata vista dalla provincia – commentano i sindacati -. Siamo passati da un monopolio pubblico a uno privato. A farne le spese sono stati cittadini, utenti e lavoratori. Il lavoro in Poste è diventato sempre più frenetico, stressante, povero, precario, ricattabile. In dieci anni sono andati persi circa 20mila posti di lavoro, sono proliferati contratti a tempo determinato e part-time involontari. Tutto questo mentre si faceva sensibile, e generalizzato, il peggioramento dei servizi alla cittadinanza».