domenica
06 Luglio 2025
palestina

Il dovere di non voltare lo sguardo

Sulla mostra collettiva di sei fotografi palestinesi sulle condizioni di vita a Gaza: «Ogni scatto è un battito cardiaco, ogni immagine è una testimonianza»

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Foto Gaza

Giovedì scorso (15 maggio) allo spazio espositivo di viale Berlinguer 11, a Ravenna, si è tenuta l’inaugurazione della mostra fotografica I Grant You Refuge (Ti concedo rifugio) che racconta le condizioni di vita della popolazione civile a Gaza. Le istantanee sono affiancate da disegni di bambine/i palestinesi che “esprimono” il loro vissuto dall’inizio dell’ulteriore conflitto avviato il 7 ottobre 2023.

L’esposizione è diffusa anche nei seguenti spazi cittadini: Teatro Rasi, Casa delle Culture, Sportello per cittadini migranti, varie sedi Cgil e diverse vie della città e di Marina di Ravenna, attraverso una serie di manifesti di grande formato (info utili a questo link). Una mostra collettiva – visitabile fino al 30 giugno – dei sei fotografi palestinesi Shadi Al-Tabatibi, Mahdy Zourob, Mohammed Hajjar, Saeed Mohammed Jaras, Omar Naaman Ashtiwi e Jehad Al-Sharafi, curata dal fotografo Paolo Patruno e che trae ispirazione dall’omonima poesia della scrittrice e poetessa palestinese Hiba Abu Nada, uccisa nella sua casa nel sud di Gaza da un raid israeliano il 20 ottobre 2023.

Disegno Bambini GazaL’esposizione si propone di dare voce e visibilità alle sofferenze e alle atrocità che il popolo palestinese sta subendo, in rappresentanza dei fotoreporter che vivono e lavorano nella zona, come testimoni oculari di uno dei conflitti contemporanei. «Essere palestinesi – afferma il fotografo Shadi Al-Tabatibi – è una storia intrecciata di resilienza, dolore e speranza. Ogni fotogramma catturato porta il peso di una nazione che lotta per la giustizia e la pace. I fotografi documentano non solo la distruzione, ma anche lo spirito inflessibile del popolo palestinese, i bambini che giocano tra le macerie, la forza silenziosa delle madri e la fermezza di una comunità che si rifiuta di essere spezzato. Essere un giornalista a Gaza non significa solo avere una macchina fotografica, significa rischiare finanche la propria vita per mostrare al mondo la verità. I fotografi non sono immuni alla violenza che documentano, stando quotidianamente sulla linea di fuoco, sono presi di mira proprio come le persone tra cui si trovano. Ogni clic delle loro macchine fotografiche potrebbe essere l’ultimo, ma continuano nel proprio lavoro perché le loro storie, le loro voci e la loro esistenza contano. Attraverso i loro obiettivi, si sforzano di preservare la verità e l’umanità, sperando che le immagini possano rompere le barriere dell’indifferenza e accendere la solidarietà. A Gaza, dove la vita e la morte sono spesso separate da singoli istanti, questi fotografi non scattano solo foto, le vivono. Ogni scatto è un battito cardiaco, ogni immagine è una testimonianza. Queste storie, crude e senza filtri, devono essere condivise per ricordare al mondo le lotte, i sacrifici e la speranza incrollabile di ogni fotoreporter, di ogni palestinese».

La mostra fotografica rientra nell’ambito dell’edizione 2025 del Festival delle culture di Ravenna che quest’anno ha come titolo Oltre il conflitto. La rassegna, che è alla sua diciottesima edizione, si avvale della collaborazione di istituzioni culturali, comunità migranti, associazioni, enti del terzo settore, cittadine/i e del contributo di artisti e intellettuali con l’obiettivo di proporre dibattiti, concerti, percorsi di lettura, incontri con autrici e autori, convegni, spettacoli teatrali, film, mostre e occasioni di festa.

Flash Mob

Pur faticando a rintracciare le giuste parole per raccontare l’orrore, è indispensabile non scegliere il silenzio, denunciare l’indifferenza dei governi, di molti media e obbligare l’opinione a pubblicare a prendere atto del genocidio in atto. Mezz’ora prima dell’inaugurazione della mostra, in solidarietà a tutto il popolo palestinese, davanti allo spazio espositivo si è tenuto un flash-mob realizzato dal Movimento delle Donne in Nero di Ravenna a cui hanno aderito cittadine/i – come azione/partecipazione politica nella vita pubblica – per denunciare il genocidio in Palestina e rivendicare una società meno oppressiva, meno ingiusta, non militarizzata e più democratica di quella in cui ci troviamo a vivere oggi.

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