La mostra di Lugo dal titolo programmatico Le figlie di Icaro – realizzata da Mauro Antonellini e Giulia Garuffi in collaborazione col Comune, il Museo Francesco Baracca, la squadriglia del Grifo e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – è quasi commovente. Ed è la dimostrazione di come si possa fare una esposizione con budget controllato – tramite un allestimento di semplici pannelli fotografici accompagnati dalle biografie delle prime aviatrici del mondo – e a grande successo.
La mostra intercetta infatti un bisogno di conoscere la storia delle donne e quella del volo. E risponde anche a desideri precisi che superano la visione mainstream delle capacità femminili tradizionali favorendo la proiezione in donne che hanno sfidato convenzioni e stereotipi per affermare le proprie passioni. Per cui – ancor meglio di Icaro che sfidando i limiti imposti agli umani peccò di hybris facendo una bruttissima fine – queste figlie di Iris, la dea messaggera alata, o dell’altrettanto potente Nike, divinità della vittoria nei cieli, formano una costellazione indimenticabile.
Sono più di 50 biografie molto interessanti per cui la selezione verrà fatta con criteri rabdomantici, interrogando un po’ le biografie, un po’ le bellissime immagini che mostrano queste pioniere in divisa al timone dell’aereo, mentre mettono mano ai motori dei mezzi precari su cui volano, col casco in testa, la tuta imbottita o la divisa della propria pattuglia, i giubbotti antivento, occhialoni e berretti per non congelare durante il volo in velivoli ancora privi di carlinga chiusa.

La prima non può che essere la parigina Elise Deroche – meglio conosciuta come Raymonde de Laroche – una donna affascinante, appassionata fin da giovane di automobili e motociclette, che intraprende con successo la carriera di attrice teatrale. Nel 1908 assiste ai voli di Wright su Parigi e ne rimane talmente colpita da decidere di prendere lezioni di volo. Nel 1910, a Eliopoli in Egitto, ottiene il brevetto da pilota, il primo ottenuto da una donna e il 36° rilasciato dalla Federazione aereonautica mondiale, praticamente a distanza da soli sette anni dal primo volo dei fratelli Wright negli Stati Uniti. Nonostante Deroche nel 1913 batta il record di durata in volo e di distanza a circuito chiuso – aggiudicandosi la coppa Femina, istituita tre anni prima – allo scoppio della I guerra mondiale le viene proibito, come a tutte le donne pilota, di volare in azioni di guerra. Ancora in volo, nel 1919 termina la sua vita in fase di un atterraggio, la più pericolosa assieme al decollo, sia oggi che specie allora, sui fragili antenati degli attuali aerei da diporto.
Le prime pilote appartengono alle generazioni che vivono il periodo della Belle Époque quando le donne si aggiudicano una prima visibilità pubblica approdando ad attività fino allora impensabili per il mondo femminile. Non a caso si diffondono riviste riservate alle donne che le sostengono per nuovi ruoli: fra queste apre il nuovo secolo il periodico francese Femina che dopo aver evidenziato le donne in vari sport, nel 1910 lega il proprio nome al premio riservato alle aviatrici internazionali per gare annuali di distanza di volo.
Tornando alle protagoniste dei cieli, colpisce la foto della statunitense Blanche Scott che vola con calosce che sembrano articoli ortopedici sopra scarpette col tacco. Assieme a una grande passione per ciclismo, motociclismo e automobili, nel 1910 Scott è la prima a volare in una manifestazione aerea pubblica, priorità a cui si aggiunge l’entrata in una pattuglia acrobatica – celebri i suoi passaggi a volo radente, passaggi sotto i ponti e il “tuffo della morte”, fatto in picchiata da 1.200 metri – e la prima attività a contratto nel 1912 come collaudatrice di velivoli. Inutile ricordare la mancata evidenza del binomio donne e motori.
Dopo di lei, incantano le mani inanellate strette attorno alla cloche della belga Hélène Dutrieu che, dopo varie esibizioni in gare automobilistiche, consegue il brevetto d’aviazione appena un mese dopo la prima collega. Nel 1910 vola trasportando passeggeri, vince su tutti alla Coppa del Re di Firenze nel 1911 e risulta la prima al mondo a guidare un idrovolante.
Seguono varie biografie e foto di donne che partecipano a pattuglie acrobatiche, attraversano la Manica e poi oceani in solitaria, ottengono record per altezza, velocità o durata di volo, vincono gare internazionali e dirigono compagnie di aviazione, aprono scuole di volo riservate alle donne o apportano modifiche ai prototipi di aerei che fanno costruire in proprio. Eccezionali anche quando scompaiono in mare come l’ormai mitica Amelia Earhart durante la trasvolata del mondo; anche quando partecipano alla guerra come la sovietica Marina Raskova che seleziona mille pilote volontarie e altre donne come meccaniche e ausiliarie in modo da costituire il 122° gruppo aereo tutto al femminile, di cui Marina diviene comandante. Famose per il bombardamento notturno, le “streghe della notte” – come vennero definite con ammirazione dai comandi tedeschi – furono una vera spina nel fianco a bordo di piccoli biplani costruiti in legno e tela, i famosi “aerei da granturco” utilizzati in agricoltura prima della guerra e durante le 24.000 missioni che il gruppo portò a termine.

Un ricordo va in chiusura alle italiane che hanno costituito un esempio per le nuove generazioni come consapevolmente scriveva Rosina Ferrario, prima italiana a conseguire nel 1913 il brevetto di volo. Di casa nostra è Aloisa Guarini Matteucci, nata a Forlì nel 1906, che prende il brevetto nell’aereoclub Ridolfi nel 1937, appena un anno dopo l’apertura della scuola di volo. La chiusura è invece dedicata alle contemporanee: a Fiorenza De Bernardi – prima donna in Europa a pilotare dal 1967 in una compagnia civile aerea, prima comandante di flotta in Italia e fondatrice dell’Associazione Donne dell’Aria che promuove la presenza femminile nell’aereonautica – e alla grande, ammiratissima Samantha Cristoforetti. Trentina del 1977, ingegnere aereospaziale, ha viaggiato 200 giorni in missione nello spazio fra 2014-15 ed è diventata la prima donna europea comandante della Stazione Spaziale Internazionale. Semper ad astra, carissima.
“Le figlie di Icaro” – Lugo, Palazzo Cassa di Risparmio e Fondazione del Monte, Piazza Baracca 24
Ffino al 22 giugno – orari: GI-VE 15.30-18.30; SA-DO 10-12 e 15.30-18.30
Ingresso gratuito – per info e visite guidate: Museo Francesco Baracca 0545-299105