«Il disastro degli alberi di Milano Marittima non poteva essere evitato». È sicura Valeria Mariani, segretaria dell’Ordine degli Agronomi Forestali di Ravenna dal 2021, in riferimento al violento nubifragio che si è abbattuto sulla cittadina nella notte del 24 agosto. La tempesta ha portato alla caduta di 320 pini privati e pubblici in area urbana, con notevoli danni per viabilità e proprietà private. Ma il bilancio è parziale e destinato a peggiorare: ai crolli si aggiungeranno gli abbattimenti degli esemplari compromessi o con zolla smossa, oltre agli esiti delle verifiche in corso in pineta.
Secondo l’agronoma, il numero complessivo delle piante perse è destinato a superare quello registrato durante la tromba marina del 2019, quando all’interno della zona boschiva caddero circa duemila alberi nel giro di pochi minuti. Specializzata in difesa delle piante e gestione dei tappeti erbosi, con una laurea all’Università di Bologna e due master all’attivo, Mariani sottolinea come il problema non sia nella tipologia delle alberature, ma nell’eccezionalità di questi eventi climatici, destinati a diventare sempre più frequenti: «Con raffiche di vento oltre i cento chilometri orari, nessuna specie di albero avrebbe resistito. Da noi predominano i pini, e sono caduti quelli. Nei prossimi anni sarà necessario attrezzarsi, utilizzando le giuste accortezze nelle fasi di piantumazione e cura del verde per fronteggiare i cambiamenti climatici. Personalmente, utilizzo spesso il pino nei miei progetti: credo sia importante valorizzare le specie autoctone, purché se ne rispettino le esigenze specifiche per fronteggiare al meglio la crisi climatica».
Un esempio virtuoso arriva di Riccione, dove l’amministrazione ha adottato il progetto Cupolex Radici per la tutela dei viali alberati. Il sistema, brevettato da Pontarolo Engineering, utilizza una struttura reticolata in plastica riciclata che non comprime le radici, prevenendo la formazione di noduli in superficie e riducendo così anche la necessità di interventi sulle pavimentazioni danneggiate. «Si tratta di una soluzione costosa – puntualizza l’agronoma – ma porta a una maggiore stabilità degli alberi, che non subiscono il taglio delle radici durante i rifacimenti dell’asfalto, e consente una gestione più sostenibile del verde urbano».
Tra le altre buone prassi indicate da Mariani, figurano anche la piantumazione esclusiva di materiale vivaistico sano, senza problematiche strutturali e radicali, il corretto ancoraggio nei primi anni di vita della pianta e il rispetto della sua zona di pertinenza, per permetterne il corretto sviluppo.
«Anche la potatura incide sulla stabilità del pino – aggiunge – ed è fondamentale anche per i privati affidarsi a professionisti. I tagli “fantasiosi” di giardinieri improvvisati svuotano la chioma, permettendo all’aria di penetrare all’interno dei rami e destabilizzando l’intera pianta».
Per la stessa ragione, in agronomia si tende a considerare l’insieme dei pini vicini non entità isolate, ma come parte di un’unica chioma collettiva, con strutture che si proteggono a vicenda. «È importante che gli abbattimenti siano regolari e autorizzati – precisa Mariani – perché la rimozione di una pianta può compromettere la stabilità delle restanti.
La pineta ne è un esempio perfetto: i punti dove si sono concentrati i maggiori danni sono quelli già martoriati dal cataclisma 2019, dove il vento è riuscito a penetrare con tutta la sua forza».
Nel frattempo, continuano le verifiche da parte dei tecnici comunali e provinciali, nell’ottica di terminare la stima dei danni e progettare una futura ripiantumazione: «Non solo pini, ma anche altre essenze come querce, platani, tigli e gelsi», suggerisce l’agronoma.
Oltre gli interventi straordinari dovuti all’emergenza, l’Ordine degli Agronomi Forestali di Ravenna porta avanti un censimento biennale del verde pubblico, coordinato a livello provinciale da Giovanni Morelli, che include cicli di manutenzione programmata e analisi visive condotte secondo il metodo internazionale Vta (Visual Tree Assessment).
In presenza di difetti evidenti, si procede con prove strumentali. «Sui social si è parlato anche della scarsità di pinoli come possibile segnale di ammaloramento o invecchiamento degli alberi, ma si tratta di un fenomeno legato esclusivamente al frutto e dovuto a condizioni di siccità o all’attacco di parassiti specifici, come cimici e cocciniglie, che non compromettono la stabilità della pianta – conclude Mariani -. Tra i compiti della commissione di agronomi, anche il monitoraggio di questi agenti patogeni e la prevenzione dei più gravi, come crisicoccus pini, diffuso nelle nostre zone, e responsabile del disseccamento completo dell’albero. La soluzione non è nell’eliminazione dei pini, ma nella convivenza intelligente con questa specie».
«I pini di Lido di Savio salvi anche perché distanti dal cuore della tempesta»
A seguito del nubifragio del 24 agosto su Milano Marittima, i 40 pini della vicina Lido di Savio destinati all’abbattimento sono rimasti in piedi e «ben saldi», come prontamente sottolineato dal comitato cittadino “Salviamo i pini di Lido di Savio e Ravenna”. L’agronoma Mariani attribuisce la tenuta degli alberi alla distanza dal cuore della tempesta, che si è abbattuta a qualche chilometro da Lido di Savio, oltre all’effettiva protezione offerta dagli edifici lungo viale Romagna.
«Tuttavia questo non scongiura un crollo futuro. Gli esemplari sono stati considerati compromessi sulla base di evidenze provate e, con il moltiplicarsi di eventi climatici estremi come questo, è preferibile intervenire in via preventiva sugli alberi instabili, piuttosto che ritrovarsi a contare i danni dopo».