domenica
07 Settembre 2025
volontariato

«Aumentano gli italiani senza casa. Avere un lavoro può non bastare»

Michele Muscillo è il coordinatore dello sportello di Avvocato di strada: i casi di stranieri sono scesi da 8 a 6 su 10 in sei anni

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Far valere i propri diritti, soprattutto nei rapporti con la pubblica amministrazione, non è sempre facile e spesso richiede il ricorso a un avvocato. La parcella da pagare scoraggia tanti e per alcuni può essere un ostacolo insormontabile, soprattutto per chi vive in condizioni di indigenza, magari in strada. Ma chi è senza fissa dimora e ha bisogno di assistenza legale può rivolgersi allo sportello di Avvocato di strada che fornisce il servizio gratuitamente. L’associazione è nata a Bologna nel 2000, è arrivata a Ravenna nel 2012 e oggi è presente in sessanta città italiane.

Michele Muscillo
Al centro, Michele Muscillo nel corso di un intervento in consiglio comunale

«Tecnicamente siamo lo studio più grande d’Italia, con il fatturato più basso», riassume l’avvocato Michele Muscillo, coordinatore dello sportello ravennate dal 2019. Tutti i legali, infatti, svolgono l’attività come volontari e qualora i procedimenti prevedano il rimborso dell’assistenza dalla controparte questo deve essere versato a favore dell’associazione. Lo sportello ravennate, ospitato negli spazi dell’Opera di Santa Teresa dopo anni alla Casa delle Culture, oggi conta una decina di volontari tra avvocati, laureati in giurisprudenza e persone che forniscono supporto grazie a contatti negli enti pubblici e nel sociale. Ma il solo volontariato non può bastare. Ci sono anche spese vive da sostenere e diventa necessario reperire risorse: «L’associazione nazionale partecipa a bandi generali e ogni sede può organizzarsi come crede per raccogliere fondi. A Ravenna facciamo parte dell’iniziativa “Adotta un progetto sociale” con cui il Comune favorisce l’incontro tra realtà sociali e aziende che fanno da sponsor con contributi».

Avvocato di strada nasce per rispondere a un vuoto nella tutela dei più deboli, come spiega Muscillo: «Chi non ha fissa dimora non può avere una residenza anagrafica e questo impedisce di accedere al cosiddetto gratuito patrocinio a spese dello Stato nelle cause legali. Ma la mancanza di residenza è un limite anche per altri diritti o necessità: per fare un esempio la persona non può essere presa in carico dai servizi sociali e non può avere un medico di base».

Nel 2025, finora, i casi trattati a Ravenna sono una quarantina. Numeri in crescita rispetto al passato, anche grazie a una maggiore visibilità a Santa Teresa dove giungono quotidianamente persone senza casa per il servizio docce o per il ritiro di viveri e aiuti vari. «Non tutti i casi trattati portano a una vera e propria causa in tribunale – dice Muscillo –. A volte facciamo più un servizio di accompagnamento in situazioni dove il cittadino non avrebbe bisogno di un legale, ma quando è una persona fragile, senza rete di aiuto, anche una semplice pratica diventa proibitiva. Sappiamo quali sono gli sportelli cui rivolgersi e chi sono le persone cui fare richieste». La burocrazia pubblica è la principale controparte dei fascicoli aperti da Avvocato di strada. Più rari i contenziosi contro privati: «Capita magari il recupero crediti per lavoratori non pagati, ma in generale abbiamo più a che fare con le istituzioni».

Il 40 percento dei clienti di Avvocato di strada oggi sono italiani. Una percentuale in aumento: nel 2019 era il 20 percento. Ma la maggior parte dei casi riguarda stranieri con problematiche con il permesso di soggiorno. «Dopo aver fatto la domanda di protezione, deve pronunciarsi la commissione territoriale competente che può metterci anche due anni. Mentre la domanda è pendente lo straniero è in regola con le norme per il soggiorno e può avere un posto nei centri di accoglienza straordinaria, i cosiddetti Cas coordinati dalla prefettura. La realtà dei fatti però dice che a volte passa anche un mese prima dell’ingresso e in quel periodo la persona non ha un tetto e diventa un ospite in più nei dormitori che invece sono presenti per altre persone che non hanno diritto di accesso ai Cas».

Muscillo ci tiene a evidenziare un paradosso che emerge dal profilo dei clienti di Avvocato di strada: «Diversi di loro, anche stranieri richiedenti asilo, hanno un lavoro retribuito. Ma la paga è talmente bassa che non basta per coprire i costi di un alloggio, autonomo o condiviso con altre persone, fuori dai dormitori. Oppure si scontrano con ostacoli, soprattutto gli stranieri: barriere linguistiche e diffidenza dei proprietari ad accettare inquilini stranieri. In generale è un segnale di un mercato immobiliare difficile dove chi ha case sfitte preferisce tenerle tali o metterle sul mercato degli affitti brevi per i turisti che sono più redditizi».

Nell’estate che volge al termine si sono visti diversi sgomberi di persone senza tetto che avevano trovato rifugi di fortuna in zone pubbliche. «È comprensibile che non si possa accettare la permanenza di persone in certi luoghi – riconosce Muscillo – ma allo sgombero deve accompagnarsi la presa in carico del caso, altrimenti l’unico risultato è che quelle persone si sposteranno». L’avvocato teme il consolidarsi di un atteggiamento verso i più bisognosi: «Essere poveri non può diventare una colpa, ma è una sventura. Il degrado urbano e la povertà sono due cose diverse. La soluzione non sta negli sgomberi, servono fondi e idee». Si potrebbe cominciare dal coinvolgimento dei privati: «Viste le difficoltà a trovare un alloggio, sarebbe un’ottima prospettiva se ci fosse una rete di soggetti, coinvolti dalle istituzioni, che possano facilitare l’uscita delle persone dai dormitori verso alloggi indipendenti. E poi servirebbe un centro diurno, come c’era un tempo in via Cavour: le persone senza fissa dimora lo sono anche di giorno, non solo di notte. Uno spazio dove favorire il reinserimento sociale sarebbe un grande aiuto».

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